E’ consuetudine che il direttore di un giornale che si presenti per la prima volta al pubblico, esordisca con un editoriale per spiegare le ragioni che lo hanno indotto (e hanno indotto i suoi amici e collaboratori) a prendere la decisione di dar vita a quello stesso giornale.
Ho scelto volutamente di non farlo perché sono convinto che la cosa migliore non sia quella di parlare di noi stessi o di spiegare quello che siamo e che abbiamo intenzione di fare (un modo di procedere che generalmente tende a sconfinare nell’autoreferenzialità), ma di esprimerci direttamente sulle cose. Ergo, tutti/e potranno conoscere le nostre idee e le nostre finalità semplicemente leggendo ciò che scriviamo.
Coerentemente con l’assunto di cui sopra, ho scelto per questa occasione di affrontare un tema che ormai da tempo è stato da più parti sollevato e che a mio parere deve assolutamente essere approfondito e chiarito, per lo meno dal mio punto di vista.
Mi riferisco alla dialettica che oppone destra e sinistra e che molti sostengono essere storicamente e politicamente superata. La questione, come è evidente,è assai complessa e ha necessità di essere affrontata, per poter essere compresa, da diversi punti di approccio: storico-politico, meta-storico e meta-politico, concettuale e linguistico.
Procediamo per ordine. Se scegliamo di attribuire alle categorie di destra e di sinistra un significato e una collocazione storica (e politica), cioè di contestualizzarle storicamente e politicamente, allora non c’è dubbio che nella fase storica contingente in cui ci troviamo abbiano perso in gran parte se non del tutto il loro significato originario. O meglio, restano dei simulacri che servono a coprire dal punto di vista ideologico (falsa coscienza) l’attuale dominio assoluto del capitale che dal punto di vista ideologico in questa fase storica si declina economicamente e politicamente a “destra” e “culturalmente” a “sinistra” (l’utilizzo delle virgolette è d’obbligo proprio per distinguere le attuali declinazioni della “destra” e della “sinistra” da quelle che furono originariamente e per lungo tempo la Destra e la Sinistra ). Potrebbe sembrare un paradosso ma così non è.
Vediamo perché.
Lo spazio ideologico (e politico) della “destra” è prevalentemente occupato dalla destra liberista e ultracapitalista che è in prima fila (come del resto la “sinistra” cosiddetta “moderata” e/o “riformista” oggi sostanzialmente incarnata nel Partito Democratico) nel sostenere i processi di privatizzazione e “liberalizzazione” dell’economia, di precarizzazione assoluta del lavoro e naturalmente nella celebrazione del Mercato e dell’ Economia Capitalistica come unici orizzonti possibili per l’umanità.
Una parte consistente della destra liberista condivide con la “sinistra” “moderata e riformista” anche diversi aspetti di ordine “valoriale”, “culturale” e “ideologico”. Temi quali la laicità e la scienza (anche se sarebbe più corretto parlare di “laicismo” e “scientismo” dal momento che sia il concetto di laicità che quello di scienza sono stati trasformati in “oggetti di culto”, in una sorta di nuove religioni secolarizzate) attraversano e accomunano entrambi gli schieramenti. Stesso dicasi per altre tematiche che concernono (anche) la sfera etico-morale (o se preferite ideologica), quali l’aborto, l’eutanasia, l’eugenetica. In particolare quest’ultima viene salutata con tanto di fanfare sia dagli scientisti-laicisti-liberisti di “destra”che dagli scientisti-laicisti-liberisti di “sinistra”. Da tutto ciò ne consegue che il Capitale da una parte, ormai “naturalizzato” e quindi sottratto al dibattito filosofico perchè considerato non più come una forma storica dell’agire umano ma come una vera e propria dimensione “ontologica”, e la “Tecnica” dall’altra, naturalmente del tutto sovrapposti, costituiscono l’unico orizzonte ideale e culturale sia per la “destra” che per la “sinistra” liberiste. Resta da capire (ma affronteremo il tema in un altro momento e con un articolo specifico, data la sua complessità) chi dei due, il Capitale o la Tecnica, avrà la meglio sull’altro oppure se continueranno ad essere complementari e a marciare assieme anche nel medio e lungo periodo.
Rimanendo nell’ambito della destra, “resistono” tuttora delle sacche di cosiddetta “destra storica” e/o “sociale” (fra cui anche formazioni dichiaratamente fasciste) e/o “neotradizionalista” (fra cui alcuni settori cattolici integralisti o tradizionalisti) che si differenziano dal punto di vista ideologico e “culturale” sia dalla “destra” che dalla “sinistra” liberiste senza mettere però in discussione l’ordine economico e sociale dominante che è e resta anche per queste forze, quello capitalistico.
La loro critica (o per lo meno quella di alcuni gruppi che fanno parte di quest’area politica e culturale) all’attuale ordine sociale dominante (ultracapitalistico) si traduce dal punto di vista politico nel cosiddetto “sovranismo”, cioè nel ritorno al vecchio stato-nazione, nell’ambito di una concezione di tipo vetero nazionalistico, gerarchico, corporativo e interclassista, dove ovviamente la relazione dialettica fra capitale e lavoro e fra gruppi sociali dominanti e gruppi sociali dominati resta immutata e non viene né tanto meno deve essere superata. Di conseguenza l’”antimondialismo”, l’anticapitalismo e l’anti imperialismo presunti di queste forze si traducono “soltanto” in una difesa delle identità “culturali” (per lo più in chiave esclusivista e razzistica anche se non dichiarata) effettivamente minacciate dal processo di globalizzazione capitalista che ha necessità di distruggere qualsiasi identità (addirittura, a parere dello scrivente, anche quella sessuale) che potrebbe in qualche modo essere di ostacolo alla sua in linea teorica infinita e illimitata riproduzione, cioè quella del capitale e della “forma merce”.
Al di là delle rispettive opinioni di ciascuno, è evidente che questi due aspetti non possono essere separati. Una efficace critica nei confronti del sistema capitalistico dominante non può prescindere dal superamento della contraddizione fra classi sociali dominanti e classi sociali dominate. La difesa delle identità, qualsiasi esse siano (culturali, sessuali o anche religiose), pur condivisibile, diventa priva di senso, per lo meno dal mio punto di vista, se non si pone contestualmente il problema del superamento della contraddizione di classe (e quindi del lavoro salariato e dei rapporti di produzione capitalistici). E questo resta un discrimine fondamentale e strutturale che ha distinto, distingue e continuerà a distinguere la Sinistra dalla Destra (in questo caso senza virgolette), ammesso di attribuire a queste due categorie un significato che vada oltre la mera contingenza storico-politica che è quella che ho sopra descritto sia pure in modo estremamente sintetico e sommario. Ma su questo punto tornerò fra breve.
Della “sinistra” liberista o, se si preferisce, moderata o cosiddetta “riformista” (ma il discorso vale per lo più anche per quella cosiddetta “radicale” su cui dirò qualcosa più tardi) ho già in parte detto. Essa null’altro è se non una delle varianti politiche e ideologiche dell’attuale sistema capitalistico. Anzi, per una serie di ragioni è quella che lo rappresenta al meglio ed è in grado di garantire più di altri quella “governance” (cioè pace sociale più una visione della politica ridotta al rango di management aziendale più il concetto stesso di governo anch’esso ridotto a mera amministrazione della cosa pubblica da parte di un corpo di funzionari/e preferibilmente non troppo esperti/e e completamente asserviti/e al capitale) tanto cara ai gruppi sociali dominanti. E questo per varie ragioni.
La prima è di natura politica. La “sinistra” è tradizionalmente dotata di apparati di funzionari più “preparati” e “professionalmente” più capaci rispetto a quelli della “destra”. Non solo. Essendo stati costretti dagli eventi storici (leggi crollo del muro di Berlino), pena la loro stessa sopravvivenza in quanto ceto politico, a spogliarsi completamente rispetto ai loro colleghi di “destra” dei vecchi abiti ideologici, sono di fatto ridotti a dei gusci vuoti dove ci si può infilare di tutto. Ciò rende le nomenclature della “sinistra” oggettivamente più funzionali rispetto a quelle di “destra”, che in determinate circostanze appaiono riottose al nuovo ordine mondiale trans e multinazionale ultracapitalistico che ha messo nell’angolo le vecchie “borghesie” nazionali, tradizionalmente rappresentate proprio da quella destra, che non a caso rimpiange, come dicevamo prima, il vecchio stato nazione.
Non solo, la “sinistra” è in grado di rappresentare, molto di più e molto meglio della “ destra”, il nuovo apparato ideologico dominante “politicamente corretto” (che a sua volta si compone di altre sottoideologie di cui abbiamo in parte già fatto menzione: oltre al laicismo, allo scientismo e all’eugenetismo è doveroso ricordare il “modernismo”, il “governismo”, il femminismo/genderismo e il “dirittoumanismo”che ci autorizza a bombardare per ragioni “etiche” e/o “umanitarie” e per portare democrazia e appunto diritti) che ha di fatto sostituito il vecchio (Dio, patria e famiglia), ormai obsoleto e del tutto inservibile per quelle che sono le attuali esigenze di auto riproduzione del Capitale. Anzi, paradossalmente, proprio quel vecchio sistema ideologico vetero borghese diventa oggettivamente un ostacolo perché le istanze di ordine etico o ideologico di cui era portatore potrebbero costituire e in effetti costituiscono (anche se in chiave conservatrice e neo tradizionalista) un “limite” alla marcia trionfale del Capitale, della “forma merce” e della sua illimitata riproduzione.
Per completare il quadro delle forze politiche esistenti attualmente a “sinistra”, non resta che occuparci dei cespugli costituiti dalla cosiddetta “sinistra” “radicale” (che si incarna fondamentalmente in Sel, oggi lista Tsipras), benché non ne valga molto la pena, ma per completezza di analisi non possiamo esimerci.
Dal punto di vista squisitamente politico quest’area non rappresenta nulla se non anch’essa un ceto di professionisti/e e semiprofessionisti/e della politica che cercano affannosamente di ritagliarsi uno spazio alla “sinistra” del PD. Dal punto di vista ideologico affermano di porsi in una posizione critica nei confronti del sistema capitalistico ma al contempo sposano in toto, anzi, sono i veri e propri alfieri (ancor più del loro fratello maggiore…) della nuova ideologia (falsa coscienza) “politicamente corretta” di cui sopra. Se fossero in buona fede potremmo dire che si trovano a vivere una contraddizione macroscopica. Ma a mio parere non lo sono per cui il problema non si pone. Assolvono alla funzione a cui sono chiamati ad assolvere e lo fanno con solerzia.
In conclusione possiamo quindi affermare che, allo stato delle cose, l’attuale “destra e l’attuale “sinistra”, in tutte o quasi le loro rispettive articolazioni, null’altro sono se non delle varianti del sistema capitalistico dominante che utilizza ora l’una, ora l’altra, a seconda delle circostanze e delle opportunità. Gli USA da questo punto di vista, costituiscono meglio di altri la rappresentazione più chiara del paradigma di cui sopra. “Teocon” di “destra” e “Liberal” di “sinistra” si dividono sullo spinello libero e sulle adozioni gay ma sono perfettamente in sintonia quando si tratta di approvare (e praticare) “missioni di pace”, “bombardamenti etici” e “guerre umanitarie”, cioè quando si tratta di garantire e imporre la “pax americana” (e capitalista) nel mondo.
Se invece voltassimo pagina e scegliessimo di attribuire alle categorie di destra e di sinistra un valore e un significato metastorici, oltre cioè la mera contingenza storico-politica, il discorso cambierebbe radicalmente.
Perché se scegliamo di interpretare le cose in questo senso, allora non c’è alcun dubbio che le categorie di Destra e di Sinistra sono sempre esistite, continuano (ovviamente non nelle forme sopra descritte, cioè in quanto finzioni del tutto organiche e funzionali al Capitale) e continueranno ad esistere in eterno o per lo meno fino a quando non saranno state superate le logiche di dominio dell’uomo sull’uomo, la divisione in classi, il lavoro salariato, la dialettica fra gruppi sociali dominanti e gruppi sociali dominati, la concezione verticistica e gerarchica delle relazioni umane, con tutto ciò che ne consegue: sfruttamento dissennato degli esseri umani e delle risorse naturali, diseguaglianza, accumulazione illimitata di ricchezza a favore di pochi e a scapito dei molti, ingiustizie e oppressione sociale e umana che naturalmente assumono forme e modalità sempre nuove e/o diverse con il modificarsi della realtà.
Coloro che oggi teorizzano, da più parti e da più tempo, il superamento della contraddizione dialettica destra/sinistra, dovrebbero quindi chiarire cosa intendono significare. Perché se ci si riferisse alla situazione contingente si potrebbe anche essere d’accordo, specie in considerazione del ruolo e della funzione che gli attuali schieramenti in campo sono chiamati a svolgere dal punto di vista ideologico e politico. Se invece il superamento di cui sopra è inteso ben oltre il contingente, siamo, per quanto mi riguarda, in presenza di una tendenza pericolosa e ambigua che potrebbe rivelarsi un’altra forma di “falsa coscienza”, anch’essa funzionale al sistema dominante che ha ovviamente interesse a disinnescare e a dichiarare superate dal punto di vista ideologico quelle contraddizioni (dialettica fra dominanti e dominati) che non possono essere oggettivamente superate perché sono parte organica e integrante della sua stessa struttura.
Si tratta quindi, in ultima analisi, di trovare anche un accordo dal punto di vista semantico oltre che storico. Si potrebbe decidere (ma non è una decisione che possiamo prendere unilateralmente) di attribuire un significato storico politico ai concetti di destra e di sinistra e di rappresentarli diversamente anche sul piano linguistico. Storicamente parlando, destra e sinistra possono essere fatte risalire alla Rivoluzione francese e potrebbero essere dichiarate esaurite intorno agli anni ’80 del secolo scorso, in seguito al crollo del sistema sovietico e al trionfo del capitalismo assoluto su scala planetaria. E’ sufficiente per dichiarare morte e sepolte le categorie di destra e sinistra?
Dipende ancora una volta da quale significato storico (e quindi anche concettuale e linguistico) intendiamo attribuirgli. Ai tempi della rivolta dei contadini tedeschi guidati da Thomas Muntzer nel 1525 contro i principi, le categorie di destra e di sinistra ancora non erano state inventate e di conseguenza non potevano essere applicate per ovvie ragioni alle contraddizioni dialettiche che contraddistinguevano quell’epoca. Tuttavia se scegliessimo, per convenzione linguistica e sulla base di un accordo intersoggettivo, di applicare le categorie di destra e di sinistra a quel contesto storico, non potremmo evitare di individuare nei contadini in rivolta (di classe) la Sinistra, e nei principi in difesa del proprio dominio (di classe) la Destra.
Naturalmente si potrebbero portare centinaia di esempi e si potrebbe tornare ancora molto più indietro nella storia ma credo che questo sia sufficiente..
Ora, quelle contraddizioni dialettiche, come già dicevo, sia pur ovviamente in forme e modalità completamente diverse, permangono tutt’oggi. E da sempre, piaccia o meno, ci si è schierati su un versante o sull’altro, sulla base di quelle stesse contraddizioni. Né potrebbe essere diversamente, sia per condizione oggettiva sia per scelta soggettiva. La neutralità è un’illusione che non appartiene alla realtà.
Si tratta quindi, in ultima analisi, di uscire allo scoperto e di dichiarare senza infingimenti da quale parte ci si schiera, indipendentemente dalla questione nominalistica.
Si potrebbe anche decidere (nessuno ce lo impedisce in linea teorica), in virtù di una sorta di accordo che dovrebbe però essere sottoscritto e riconosciuto dall’intera comunità (perché il significato delle parole e dei segni è quello che collettivamente gli si attribuisce e non quello che ciascuno di noi sceglie di attribuirgli), che quella contraddizione dialettica debba essere concettualizzata e rappresentata con altre forme simboliche e linguistiche. A quel punto destra e sinistra potrebbero essere sostituite da una ipotetica e metaforica X” e da un’altra ipotetica e metaforica Y (o qualsiasi altro segno o rappresentazione linguistica…) ma la sostanza non cambierebbe di una virgola.
Nell’impossibilità, allo stato, di sciogliere questo nodo (ma il problema rimane), a noi il compito di svelare la menzogna ideologica (falsa coscienza) che si cela dietro all’ attuale rappresentazione politica “destra”/”sinistra” ma anche ai cantori del presunto superamento di quella dialettica che ha dato vita a quella stessa rappresentazione .