Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Ho letto le dichiarazioni finali, quindi ufficiali, del Congresso (https://www.notizieprovita.it/economia-e-vita/dichiarazione-finale-del-wcf-verona-2019/?mc_cid=7081583f7b&mc_eid=5aac77bfa9
Mentre si condanna ogni discriminazione (razziale, religiosa, etnica, per scelte sessuali), vi si affermano in sintesi, fra le altre cose: a)il diritto dei bambini ad avere un padre e una madre, b) la necessità che siano difesi da pedofilia e pedopornografia c) la necessità di tutelare la vita dal concepimento alla morte. d)la centralità della famiglia uomo/donna e dei corpi intermedi come nuclei fondamentali della società, e quindi la necessità della loro tutela, e)la contrarietà ad ogni legalizzazione delle droghe. f)la netta contrarietà a <<qualsiasi forma di surrogazione di maternità e del commercio o donazione di gameti, perché la donna non è un’incubatrice e il bambino non è un oggetto>>; ovvero la scelta per una procreazione secondo natura, con l’incontro carnale fra un uomo e una donna. g) il diritto delle donne: 1) di avere alternative valide all’aborto, quindi che la vita e i diritti della madre non siano messi in opposizione alla vita e ai diritti del bambino 2) di poter scegliere se dedicarsi interamente alla cura familiare (quindi retribuzione del lavoro casalingo), oppure di lavorare anche fuori casa.
Ovviamente si può dissentire su un punto o su un altro o anche su tutto, magari argomentando, ma non mi sembra ci sia nulla di oscurantista e medievale, ammesso e non concesso che il Medioevo, l’epoca del Romanico e del Gotico, il tempo in cui si formarono le prime forme del libero mercato che tanto piace oggi a destra e sinistra, ed in cui, è sempre necessario ricordarlo a chi di storia conosce poco o nulla, i roghi delle streghe e le condanne dell’Inquisizione furono molto meno numerosi che nel rinascimento e in particolare nei paesi protestanti, sia stato davvero quell’epoca così buia raccontata dalla narrazione illuminista ripresa tal quale dai nostri programmi scolastici.
Ma soprattutto non ci vedo nulla che possa giustificare la criminalizzazione che ne è stata fatta come fosse un congresso di inveterati forcaioli, diciamo pure cripto fascisti, e l’invito esplicito al boicottaggio. Anche sulla questione dei gadget formato feto, che tanto scandalo ha destato, diciamo la verità: non sarà stato il massimo quanto a buon gusto anche se quell’immagine è veritiera, certo, ma forse è stata di buon gusto la sfilata del gay pride romano con tanto di soggetti a deretano scoperto portati al guinzaglio da altri soggetti simili, ed alla quale hanno aderito con entusiasmo la Camusso e la Cgil, il Pd ecc. ecc., ossia tutti quelli che, appunto, sono inorriditi per Verona?
E’ una questione di forma mentis, e quella di coloro che vorrebbero vietare ogni espressione di pensiero difforme al loro, è definibile solo in un modo: totalitaria. Senza contare il fatto che il pensiero e le concezioni antropologiche di simili campioni di malinteso libertarismo: dissoluzione di ogni forma a partire da quella sessuale binaria, della paternità e della maternità, di ogni tradizione culturale, di ogni concetto di patria e di identità, è esattamente quello del capitalismo “assoluto”, giunto ad occupare e mercificare ogni ambito della vita umana. La libertà vera è altro da quanto predicato da simili “campioni”.
Piuttosto, a quel Congresso possono essere mossi appunti di altro tipo (sovraesposizioni di alcuni politici a parte).
- – Sulla prostituzione, ad esempio, si scrive del diritto della donna a << non essere usata come oggetto di piacere, specialmente a pagamento, e quindi di veder puniti severamente gli sfruttatori e i clienti delle prostitute>>. Ora, il punto è che in questo modo non si distingue fra la prostituzione “obbligata” che è una forma oscena di schiavitù da combattersi con ogni arma (come ogni altra schiavitù chiunque ne sia vittima), e quella volontaria. Le escort e le olgettine non sono schiave, ma hanno scelto di prostituirsi per guadagnare bene e con poca fatica sfruttando un desiderio sessuale maschile altrimenti non soddisfatto. Esattamente come quelle signore di Me Too, che con vent’anni di ritardo si sono ricordate improvvisamente di essersi vendute al potente produttore per ottenere successo, soldi e visibilità a spese di quelle donne che non hanno accettato il compromesso, ed ora reclamano anche i danni. Ipocrisia allo stato puro. Ma torniamo al tema. C’è un salto logico nel chiedere la punizione solo per clienti e sfruttatori. Prostituirsi volontariamente è moralmente riprovevole, certo, ma fino a questo momento per la legge non è un reato. Quindi non ha senso logico punire il cliente per aver acquistato una cosa venduta liberamente e legalmente. E’ esattamente come se si liberalizzasse la vendita della droga ma si punisse solo chi l’acquista. A meno di pensare che in ogni caso la donna, anche quando sceglie consapevolmente di vendersi, non sia in grado di intendere e volere. Il che è fuori da ogni realtà, come capisce bene chi la realtà la conosce almeno un po’. Tutto questo, mentre non è affatto un complimento per le donne, è invece una forma di criminalizzazione della sessualità maschile. D’altra parte, se prostituirsi diventasse un reato, sarebbe giocoforza punita anche la prostituta. Tertium non datur.
- – Sul differenziale salariale fra uomini e donne. Fra le urgenze del Congresso c’è infatti anche quella, per le donne, di <<ricevere, a parità di lavoro, un salario pari a quello dei colleghi uomini,>>
Argomento eternamente ricorrente ma falso in tutti i sensi. Riporto a proposito alcuni passaggi di un mio vecchio articolo risalente a oltre dieci anni orsono, che cita << l’ ”Osservatorio sulla gestione della diversità” dell’Università Bocconi, secondo il quale le differenze retributive fra uomini e donne sarebbero nell’ordine del 2% (quindi praticamente nulle), a parità di qualifica, mansioni, inquadramento e anzianità.
La differenza rispetto ad altre ricerche è notevole. L’Istat aveva stimato, nel 2007, la differenza al 7%, Unioncamere, nel 2008, al 17%, mentre per Eurispes, nel 2009, il differenziale avrebbe toccato il 16%. (per tacere delle cifre senza senso alcuno sparate dai tg: 20,40, 50%). “La novità- dice la coordinatrice dell’Osservatorio Simona Cuomo- è che non ci siamo fermati a valutare la differenza tra lo stipendio medio delle donne e degli uomini ma siamo andati a vedere quanto guadagnano esattamente un uomo e una donna a parità di qualifica, mansione, inquadramento, anzianità di servizio”. Il risultato è quello sopra ricordato, e non potrebbe essere diversamente dal momento che le retribuzuoni nel nostro paese sono regolate in massima parte dai contratti collettivi di lavoro (nazionali e integrativi aziendali) che, ovviamente, non fanno discriminazioni per sesso. Non le fanno e nemmeno le potrebbero fare perchè, semplicemente, urterebbero contro un principio cardine della Costituzione.
Quel 2%, poi, è agevolmente spiegabile o con la maggiore facilità con cui gli uomini fanno gli “straordinari” perché meno impegnati nei lavori domestici, oppure con qualche forma di retribuzione “ad personam” che le aziende possono concedere al lavoratore in funzione dei meriti personali. Rimane, effettivamente, il fatto che le donne fanno meno “carriera” degli uomini, ma se l’obbiettivo supremo di una qualsiasi azienda è il profitto, com’è, è assurdo pensare che un imprenditore agisca contro il proprio interesse per il gusto di discriminare le donne. Le ragioni, semmai, sono altre.
Fonte foto: Huffington Post (da Google)