Sovranità senza sovrani. Finzioni e realtà del Sahel


Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

C’era una volta un re. Cominciavano così le favole che un tempo si raccontavano ai bambini. La fantasia senza limite dei bimbi creava mondi, situazioni, scenari inverosimili e tanto veri da sembrare reali. Le favole, adesso, si raccontano tutti i giorni perchè, grazie anche ai mezzi di comunicazione e manipolazione più sofisticate, tra realtà, favola e fantasia le frontiere si sono imbrogliate. Com’è noto dalla psicologia non è necessario che qualcoso sia vero in sè. Diventa vero se è creduto tale da una parte della società, quella che ‘conta’ e racconta. Vero, falso, verosimile e credibile si confondono.

Ad esempio col tema, molto attuale nel Sahel e in altre parti del mondo, della Sovranità. Con la ‘maiuscola’ questa parole assume un’identità e portata considerevole secondo il contesto nel quale essa si coniuga e si traduce. La parola stessa deriva dal latino e fa allusione al ‘superiore’, al sovrano inteso come autorità suprema. Politicamente essa è il diritto assoluto di esercizio di un’autorità legislativa, esecutiva e giudiziaria su una regione, un Paese e un popolo. Tuttavia alla base del concetto e della pratica della sovranità si trova la persona umana in tutta la sua dignità.

Si potrebbe affermare che osare affermare la Sovranità, quella maiuscola della polica, dell’economia e della giustizia implica la sovranità reale del cittadino comune. La fondamentale sovranità originaria è sempre relativa e appartiene alla persona come soggetto di diritti e doveri nei confronti di se stesso e della società. La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che molte costituzioni pongono come preambolo e traducono poi in diritti inderogabili, offre alla citata ‘sovranità’ la concretezza necessaria. Una persona la cui occupazione principale è la sopravvivenza quotidiana non è affatto sovrana.

Chi non mangia a sufficienza, manca di lavoro, casa, mezzi per curarsi, istruzione di base, libertà di movimento, pensiero, religione, espressione e associazione non può esercitare la sovranità che è inerente al suo statuto di persona. La partecipazione politica del popolo, nel quale sappiamo risiede la sovranità, è del tutto illusoria quando le condizioni di vita sono tali da ridurre i cittadini a mendicanti o a ‘non persone’. La sovranità di coloro che, ormai da anni, vivono nella paura di attacchi di gruppi armati o di minacce di espulsione dai propri villaggi di origine, è confiscata.

Così come suona immaginaria e talvolta fuorviante l’assolutizzazione di una Sovranità che, non dimentichiamolo, è sempre relativa e relazionale. Per i credenti la sovranità risiede anzitutto nella divinità, e negli stati democratici essa risiede nel popolo, di problematica definizione, che la esercita secondo modalità concertate e stabilite dalla legge. Chi esercita la sovranità in nome del popolo dovrebbe farlo con timore e tremore, per non profanare quanto di più sacro esiste in politica. La retorica della Sovranità sul territorio, il cibo, le risorse, la moneta, la sicurezza,  definita Sovranità interna, esigerà quella esterna per la difesa da nemici che, reali o presunti, non mancheranno mai.

Mai come oggi tutto è legame, relazione, rete, scambio, mobilità e commercio. Difficile presumere la Sovranità completa e sciolta da sentieri comuni in un contesto nel quale i fatti e le notizie valicano le frontiere in tempo reale. Sembra urgente ripartire dai volti, reali, dei minori abbandonati al loro destino, dei contadini senza più terra da coltivare, dei giovani in cerca di identità, delle donne che portano sul dorso il futuro del continente  e degli addetti al lavoro informale. Senza di loro ogni altra pretesa di Sovranità rischia di creare, come nelle favole di un tempo, un Paese senza sovrani.

                                                       Mauro Armanino, Niamey, gennaio 2025

Fonte foto: Vatican News (da Google)

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