Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Seppur volessi, non riuscirei ad associarmi alla “canea” delle dichiarazioni di cordoglio, al coro quasi unanime delle condoglianze, più o meno sincere ed ipocrite che siano, per il lutto che ha investito la comunità di Nusco, in particolare la famiglia De Mita, nonché il territorio dell’Irpinia e dintorni. Non riesco ad avvertire alcun dolore autentico. Si potrà obiettare che “il sentimento del cordoglio è per l’uomo, non per il politico”… In verità, l’uomo e il politico sono inscindibili da circa 70 anni, se non oltre, da quando, nel 1953, se non erro, la “buonanima” esordì sulla scena politica aderendo alla corrente della “Sinistra di Base” che apparteneva alla “Balena bianca”, la Democrazia Cristiana. La carriera politica di De Mita decollò grazie anche alla moglie, che era la segretaria di Fiorentino Sullo, esponente di spicco della DC, anch’egli originario dell’Irpinia, precisamente di Paternopoli… Negli anni ’80, il figlio del sarto di Nusco riuscì a diventare uno degli uomini politici più potenti d’Italia, costituì il punto di riferimento, il perno centrale attorno a cui ruotava un ceto dirigente democristiano che annoverava numerosi elementi provenienti dall’Irpinia: Gerardo Bianco, Giuseppe Gargani, Salverino De Vito, Lorenzo De Vitto ed altri… Fu l’unico leader DC a ricoprire nello stesso tempo la carica di Presidente del Consiglio, dal 1988 al 1989, e segretario nazionale del partito, dal 1982 al 1989.
Ciriaco De Mita è stato un astuto ed abile politico, nonché un intellettuale colto e raffinato, provvisto di una mente acuta, capace di elaborare un pensiero progettuale di ampio respiro, ma tali qualità politiche ed intellettuali furono subordinate ad un disegno egoistico di accrescimento e mantenimento del potere, per sé e per la propria cerchia familiare, amicale e clientelare… Ma il fallimento storico-politico del demitismo è testimoniato da numerosi fatti ed elementi concreti, alcuni dei quali appaiono in una dimensione drammatica e raccapricciante: dallo spopolamento crescente ed inarrestabile delle comunità dell’entroterra irpino, del cratere sismico in maniera particolare, alla chiusura di numerose fabbriche (alcune erano già decotte in partenza) ed intere aree industriali, installate durante la lunga stagione della ricostruzione post-sismica, grazie agli ingenti fondi pubblici erogati dalla Legge n. 219 del 1981: ben 60mila miliardi di vecchie lire, di cui una percentuale assai cospicua è stata dirottata per finanziare la camorra e rimpinguare le attività illecite ed il malaffare… Senza omettere che la nostra terra, l’Irpinia, detiene il lugubre primato dei suicidi in tutto il Meridione d’Italia… Potrei proseguire qui nel “dipingere” il macabro e desolante quadro storico-politico ed esistenziale, ma ritengo che la sintesi che ho formulato basti. Sorvolerei sul caso, arcinoto (ma non ai più), dell’Irpinia-gate, sul quale venne scritto e pubblicato un libro nel 1989…
Insomma, con la dipartita di Ciriaco De Mita è scomparso un “nemico di classe” per il movimento comunista ed antagonista irpino (o, almeno, per i soggetti sopravvissuti, per i “cani sciolti”, tra cui il sottoscritto)… De Mita è stato un avversario politico per intere generazioni di comunisti e dissidenti che hanno osteggiato il suo sistema di potere, instaurato soprattutto in Irpinia e nel Sannio. Un sistema di potere molto ramificato e radicato principalmente nel settore della sanità regionale, delle imprese industriali, delle banche e dovunque si allungassero i suoi tentacoli voraci…
In futuro si dovrà contrastare il “demitismo senza De Mita”, cioè il sistema di potere imposto ed esercitato dagli epigoni del “podestà” di Nusco… Perciò, temo che si rischi di rimpiangere (!) il “demitismo” con De Mita.
Fonte foto: Il Giornale (da Google)