Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Non so chi leggendo la lettera del signor Alberto Malvolti (Presidente della Fondazione Montanelli Bassi), pubblicata su Repubblica di oggi, abbia provato un brivido e sia rimasto sconvolto. Io lo sono stato. Il Monumento al giornalista Montanelli a Milano, siamo d’accordo, non doveva essere imbrattato. Non si può però, con la solita pericolosa banalizzazione del male asserire: (Montanelli) “ … non aveva consapevolezza che ciò che faceva era sbagliato”. Ma non solo, l’estensore della missiva aggiunge: “Anzi il contrario”.
Forse molti non sanno che quello che venne definito il “madamato” in realtà era una coercizione dei maschi colonialisti che avevano diritto di “usare” le donne etiopi. Molte di loro vennero violentate, alcune morirono sottoposte alla bestialità di quell’uomo bianco che avrebbe dovuto portare la civiltà, in realtà portò lo sfruttamento e la schiavitù. Ho studiato a fondo e redatto molti anni fa un saggio storico sul tema che non diedi mai alle stampe e di cui dovrei conservare una copia cartacea nel mare magnum del mio studio. Sono anche un ufficiale dell’Esercito (ormai fuori ruolo data l’età) e sono consapevole del terribile potere delle armi, della supremazia psicologica che l’arma conferisce. Ebbi modo di intervistare anche un ufficiale che fu in Africa Orientale Italiana (A.O.I.) che mi ebbe a mostrare una fotografia della “faccetta nera” ripresa all’ingresso della sua tenda. Noi colonizzatori poi raggiungemmo il colmo con il Regio decreto legge 19 apr.1937 n.880 dove: “Il cittadino italiano (…) che tiene relazione d’indole coniugale con persone suddite della A.O.I. (…) è punito con la reclusione da uno a cinque anni”. Purtroppo va rilevato che, è chiaro, questo provvedimento non andava a tutelare le donne eritree ma ad impedire che vi fosse “l’inquinamento del puro sangue italico” – usò queste parole quel signore italiano, l’ufficiale di allora della fotografia che, ripensando a quegli anni, lui sì, chiedeva scusa per quel suo comportamento ignobile. Sarà bene che gli italiani studino, conoscano la storia.
Fonte foto: Corriere.it (da Google)