Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
L’interpretazione fuorviante dei rapporti geopolitici che fuoriesce da alcuni settori dell’ormai inconsistente sinistra antagonista, risulta palesemente sintomatica dello smarrimento di ogni tipologia di faro ideologico che ormai ci attanaglia da un po’.
La
preoccupante deriva riguarda l’abbandono dell’interpretazione marxiana dei
rapporti di classe interni alle società e ai progetti di superamento dei
rapporti di produzione capitalistici e dei processi di accumulazione.
Tale
involuzione interpretativa dei rapporti di classe e delle lotte di liberazione
nazionale avviene a vantaggio dell’appartenenza ad un presunto campo antimperialista
statunitense, l’essenza e i confini del quale risultano peraltro alquanto
indefiniti.
Una
classica banalizzazione dei processi storici e sociali che riprende
l’impostazione destrorsa per la quale si tende a fornire risposte
semplicistiche a problematiche complesse, le quali invece meriterebbero
tutt’altro approccio analitico ben più complesso.
Chi
possiede un minimo di conoscenza della storia contemporanea è consapevole della
legittima tendenza delle varie potenze ad implementare politiche estere
funzionali ai propri interessi: ricordiamo che l’URSS di Stalin vedeva nella
nascita del futuro stato ebraico elementi socialisti, in quanto la
colonizzazione della Palestina avvenne tramite i Kibbutzim, colonie agricole in
forma di comunità di vita ed economica che costituivano, secondo il leader
sovietico, delle forme di socialismo autorganizzato. L’URSS, quindi, appoggiò
convintamente la risoluzione 181 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
che sancì la spartizione della Palestina storica fra arabi ed ebrei, peraltro a
vantaggio di questi ultimi in termini territoriali. Inoltre, allo scoppio della
I guerra arabo-israeliana all’indomani della fondazione di Israele del 14
maggio del 1948, furono proprio le forniture di armi fatte arrivare tramite la
Cecoslovacchia alla dirigenza sionista a ribaltare l’inerzia del conflitto a
vantaggio del neocostituito esercito israeliano portando alla sconfitta araba e
alla Nakba palestinese.
L’URSS
ha poi continuato a sostenere Israele fino alla soglie della crisi di Suez e
alla II guerra arabo-israeliana del 1956, quando comprese tardivamente il
progetto coloniale di Israele e il suo ruolo di testa di ponte occidentale nel
Vicino Oriente.
Dopo
la disgregazione dell’URSS, Russia e Israele hanno intessuto relazioni
vicendevolmente favorevoli legate a tutta una serie di questioni che vanno
dalla copiosa emigrazione di ebrei russi verso l’entità sionista, agli
equilibri del complesso scacchiere mediorientale, nel quale l’influenza della
Russia è sensibilmente diminuita rispetto a quella sovietica, la cui sfera
comprendeva l’Egitto di Nasser, l’Iraq di Saddam e la Libia di Gheddafi, oltre
alla Siria di Afez al Assad.
Successivamente
allo scoppio della guerra civile, poi internazionalizzata, in Siria, la Russia
è intervenuta a fianco dell’esercito siriano riuscendo a salvare il regime
alawita di Bashar el Assad. In quella fase, siamo nel 2015, la Russia, la cui
potenza militare non era uguale a quella odierna, ha continuato ad intrattenere
rapporti sostanziali con l’entità sionista in funzione dei propri interessi
nazionali garantendosi la neutralità israeliana nel conflitto in Siria, nel
quale infatti non ha interferito significativamente.
Buoni
rapporti che hanno portato al tacito accordo del 2022 fra Mosca e Tel Aviv in
base al quale Israele in cambio della non adesione alle sanzioni occidentali
alla Russia, ha avuto carta bianca nel bombardare obiettivi militari in Siria e
Libano.
Visto
che Assad è rimasto l’ultimo alleato di Mosca in Medio Oriente, nessuno fra
questi analisti col paraocchi si è chiesto perché la Russia non fornisce ad
Assad i più avanzati sistemi di difesa aerea S-400?
Tutto
ciò per dire, ed è solo uno dei tanti esempi, che le relazioni geopolitiche
sono alquanto più complesse rispetto alla lettura manichea che propongono superficialmente
certe derive, in quanto ogni potenza degna di tal nome ha una propria agenda
nazionale da portare avanti nel segno dei propri interessi.
Infine,
totalmente scollata dalla realtà e lontana anni luce da una qualsivoglia
lettura ideologica risulta il riprovevole e ipocrita attacco che si leva da
poche deliranti voci contro i curdi del Rojava che vengono accusati di varie
nefandezze.
Le
vicende storiche recenti dimostrano tutt’altro: vale a dire che i curdi del
Rojava si sono autodifesi dall’Isis quando l’esercito di Assad si è ritirato a
difesa di Damasco e delle zone alawite del nord ovest lasciando campo ai
tagliagole islamisti.
I
curdi. abbandonati da tutti, si sono difesi con le armi leggere fino alla
stoica resistenza di Kobane dove a causa del confine turco sigillato, con i
carri armati di Erdogan che osservavano senza intervenire, non avevano via di
scampo se non resistere ad oltranza. Il mondo stava alla finestra e nessuno
interveniva a supporto delle milizie curde, tanto meno la Russia. Tutti
gridavano al pericolo dell’Isis ma nessuno ha mosso un dito.
La
colpa secondo tali deliranti voci sarebbe quella di aver successivamente accettato
alcune forniture di armi dagli Usa nella liberazione delle loro terre
dall’Isis. Quindi oggi i curdi sono additati come quinta colonna
dell’imperialismo Usa per aver accettato le armi Usa, esattamente come fecero i
partigiani nostrani nella lotta di liberazione dal nazifascismo.
Il
paradosso è che tali analisti brancolanti nel sottoscala tenebroso dei
riferimenti ideologici, fanno finta di non vedere che i curdi del Rojava hanno
dato vita ad un modello politico basato sull’autogestione e sull’autonomia, di
carattere multietnico e pluriconfessionale, trovando una geniale soluzione alla
frammentazione etnica che caratterizza storicamente quelle terre, senza
procedere ad una ridefinizione dei confini statuali. Inoltre, il modello
prevede il superamento del sistema di produzione capitalistico e
dell’accumulazione, in quanto orientato ai bisogno e non al mercato e ai
profitti. Infine, il modello ha carattere partecipativo dal basso, laico,
ecosostenibile ed emancipatorio per l’emisfero femminile che gode esattamente
degli stessi diritti e opportunità. Tant’è che nelle cariche politiche locali
ad un maschio è sempre aggiunta una femmina o viceversa.
In
conclusione, tale inconsulta deriva ideologica porta a demonizzare e infangare
i curdi che paradossalmente sono fra i rari esempi di applicazione concreta dei
principi marxisti.
Una
perdita di orientamento ideologico che costituisce uno dei passaggi esiziali
verso il definitivo suicidio politico di ciò che resta, frazionata in mille
inconcludenti rivoli, della sinistra antagonista nostrana.
Mala tempora currunt, sperando di aver toccato il fondo.
Andrea Vento
Gruppo Insegnanti di Geografia Autorganizzati
Fonte foto: Il Fatto Quotidiano (da Google)