Ricevo personalmente e volentieri pubblico, pur non condividendolo, questo articolo (che riporto di seguito) del mio amico Antonio Castronovi.
Sono però necessari alcuni chiarimenti per spiegare le ragioni del mio dissenso rispetto alla posizione da lui espressa.
Roma è una metropoli che ha problematiche strutturali che non possono essere risolte in un paio d’anni e neanche in cinque. Per risolvere i problemi di una città come Roma ci vorrebbe un Piano Straordinario, con investimenti e risorse ingenti, in un arco temporale non inferiore ad una dozzina o addirittura una quindicina di anni, ad essere onesti.
Nelle attuali condizioni, cioè senza neanche un millesimo di quelle risorse che sarebbero necessarie per sanare le numerose emergenze di questa città (trasporti, strade, viabilità, assenza di una rete metropolitana adeguata, insufficienza di mezzi pubblici, periferie abbandonate, abusivismo edilizio, carenza di servizi sociali, rifiuti e quant’altro), è evidente che anche la giunta più qualificata sotto il profilo tecnico, amministrativo e politico, potrebbe fare ben poco.
C’è da dire che anche quel poco che si potrebbe fare non viene fatto, data l’insipienza e la pochezza complessiva dell’attuale giunta e della sindaca che in due anni e mezzo ha fatto parlare di sé solo per il turn over degli assessori, per la presenza di personaggi ambigui e indagati (e in seguito a quelle indagini, cacciati) e per le polemiche (ma anche alle ben note vicende di corruzione che hanno coinvolto alcuni tra i più famosi “palazzinari” romani e anche esponenti politici di vari partiti) sorte in merito alla vicenda della costruzione del nuovo “stadio della Roma.
Diciamo pure che l’attuale giunta si caratterizza per la sua sostanziale assenza. Gli uffici comunali avrebbero potuto continuare ad esercitare le loro funzioni per l’ordinaria amministrazione e nessun cittadino romano si sarebbe accorto di nulla. Nessuna iniziativa forte, politicamente caratterizzante (oltre ad avere detto di no alle Olimpiadi), nessun programma, solo un vivacchiare giorno per giorno senza nessuna progettualità. Del tutto naturale, quindi, che molta gente abbia cominciato a spazientirsi.
Tuttavia questo non può portarci a dire che la città non è mai stata abbandonata e malgovernata come in questi ultimi due anni e ad accodarci di fatto al coro capzioso di quelle forze politiche, di destra e di sinistra, che hanno malgovernato questa città, quando non l’hanno scempiata e/o saccheggiata
Dal dopoguerra fino alla metà degli anni ’70, cioè fino alla prima giunta di sinistra guidata da Argan, Roma è stata letteralmente il paese dei balocchi per gli speculatori e i palazzinari romani (ma anche per tanta gente che ha costruito abusivamente un po’ ovunque infischiandosene bellamente dei piani urbanistici e ambientali e confidando negli immancabili condoni…) che, protetti dal sistema di potere democristiano (e clericale) con il quale erano collusi, hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Speculazione edilizia, abusivismo, corruzione, clientelismo, malaffare, sono stati il tratto distintivo di quei trent’anni a guida democristiana. Poi, come dicevo, c’è stata la parentesi relativamente lunga (dieci anni) di giunte di Sinistra, quelle guidate da Argan, Petroselli e Vetere. Sono state le uniche, a mia memoria, che hanno portato risultati positivi per la città. Furono costruiti alloggi popolari dove si trasferirono decine e decine di migliaia di “baraccati” (all’epoca, c’erano ancora i famosi borghetti”, cioè agglomerati di baracche ai margini delle borgate e dei quartieri periferici), furono, sia pur parzialmente risanate le borgate, dove furono portati i servizi essenziali che ancora mancavano, fu costruita la rete A della metropolitana che collegava l’estrema periferia al centro storico (scusate se è poco…), fu salvaguardato e riqualificato il Parco dell’Appia Antica, e fu promossa (chi non ricorda con piacere l’”estate romana” di Renato Nicolini?…) una politica culturale che animò e rese vivibile una città che d’estate era desolatamente deserta.
Poi la sconfitta e l’inizio del viale tramonto per la Sinistra e quindi ancora giunte sciatte e incolore democristiane e pentapartito che “governarono” (si fa per dire…) la città sulla base delle stesse logiche delle vecchie giunte democristiane. E poi infine le giunte di centrosinistra guidate da Rutelli e Veltroni (non spendo neanche una parola per la giunta Alemanno, forse la peggiore che ci sia stata e probabilmente ancora più rapace di quelle vetero democristiane in quanto a clientelismo) che in effetti hanno fatto un “salto di qualità” da un certo punto di vista. Non più, infatti, il clientelismo “pasta e facioli” che ha caratterizzato gli anni del famoso “patto Dell’Unto-Sbardella” (che erano gli “uomini forti” del PSI e della DC romani), ma una politica di “grande” ristrutturazione urbanistica della città che ha visto l’accordo di potere fra partiti, banche, gruppi finanziari, costruttori, giornali (di proprietà dei costruttori, talvolta anche proprietari delle banche) e che si è tradotta nella costruzione di mega centri commerciali e di nuovi quartieri residenziali a scapito dell’edilizia popolare, dei servizi sociali (sempre carenti) e delle periferie che hanno continuato ad essere abbandonate.
Questa, in estrema sintesi, la storia della città dal dopoguerra ad oggi. Una città che è stata scempiata urbanisticamente e a più riprese ripetutamente saccheggiata.
Sottoporre a critica, anche radicale, la giunta Raggi è un diritto e un dovere, e noi, dalle pagine di questo giornale, lo abbiamo fatto. Attenzione, però, a non diventare strumento di quei partiti e di quelle forze “imprenditoriali” che hanno portato alle condizioni in cui si trova oggi la città e che si scagliano contro l’attuale giunta accusandola ipocritamente di inadempienza e inadeguatezza.
Chiedere le dimissioni della Raggi, allo stato attuale, significa, a mio parere, riconsegnarsi a quel ceto politico e imprenditoriale e a quei gruppi di potere di cui sopra, oppure ad una Giorgia Meloni che, in effetti, sostenuta da tutta la destra (e da quegli stessi gruppi di potere) potrebbe a quel punto avere buone possibilità di successo. E’ necessario cominciare fin da ora, per quanto possibile, a costruire una ipotesi politica che possa portare fra tre anni all’affermazione di uno schieramento democratico che in qualche modo risponda, sia pur parzialmente, a quelle esigenze di rinnovamento e di risanamento reale della città, a partire da quei servizi essenziali per la grande maggioranza dei cittadini che poi sono quelli che risiedono nelle periferie, nell’hinterland e nei grandi quartieri popolari della Capitale.
Fabrizio Marchi
Di seguito, l’articolo di A. Castronovi:
“Sabato 27 ottobre 2018 c’ero anch’io in piazza del Campidoglio insieme a migliaia di romani per protestare contro il malgoverno della città e contro la Giunta Raggi. Roma è una città stremata e stressata dal suo non-governo e dalle promesse non mantenute, aggravata da una opposizione politica e sociale inesistente. La folla di cittadini autoconvocati chiedeva a gran voce le dimissioni del sindaco pentastellato Virginia Raggi. Sono andato in piazza per partecipare e condividere un malessere che ti prende oggi a vivere in questa città sempre più degradata e sporca, per ascoltarne le voci e gli umori. Per capire. Ho incontrato facce conosciute (poche) e tante facce sconosciute. Mancavano visibilmente le facce della militanza storica di sinistra, forse perchè quella piazza e le modalità di autoconvocazione della manifestazione non rassicurava sulle sue finalità e sui suoi scopi o forse perchè non la si riteneva abbastanza chiaramente di “sinistra” ( anche se non è chiaro cosa questo termine voglia dire oggi, ma che continuerò ad usarlo per comodità di linguaggio).
Una piazza molto simile a quella di tre anni fa a cui i miei ricordi mi riportano. Mi rivedo allora nella stessa piazza del Campidoglio di quella domenica dell’11 ottobre 2015 che adesso sembra lontanissimo eppure era appena 3 anni fa. Ricordo quella piazza piena di migliaia di persone che si erano autoconvoacate per sostenere il sindaco Ignazio Marino, eletto con il 64% dei voti dei romani, costretto prima a dimettersi e poi defenestrato e cacciato da una maggioranza di felloni che firmeranno poi la sua decadenza da un notaio. Anche in quella occasione la piazza era orfana di tanta parte della sinistra romana che riteneva Marino un sindaco parvenu non meritevole di sostegno e verso il quale al massimo si concedeva una benevole neutralità. Quella sinistra fu oggettivamnente complice di Renzi e di Orfini, che avevano già prenotato un notaio per privare la città del suo sindaco scomodo, e che non se la sentiva di sostenere un Marino qualsiasi senza un profilo chiaro e classico di sinistra come poteva averlo, ad esempio, un Rutelli o un Veltroni ( lo dico con sincera ironia! ).
Non bisognava essere un profeta per immaginare che quell’evento e il suo esito infelice avrebbe portato un m5S al Campidoglio e che il suo eventuale fallimento ( cosa che si sta verificando) avrebbe poi aperto le porte e le finestre alla nuova destra che allora immaginavo potesse essere la Meloni e che oggi più realisticamente sarà un salviniano. Ma tant’è..! Il caso Marino rappresenta ancora oggi il “ rimosso” della sinistra romana che non ha mai fatto i conti con le sue scelte sbagliate nel ventennio trascorso compreso l’acritico appoggio alle illusioni veltroniane e quello nefasto al nuovo tentativo di Rutelli nel 2008 che aprì la strada alla Giunta Alemanno.
Questo raffronto tra le due manifestazioni e il ruolo di grande assente giocato dalle sinistre varie, in cui includo anche i movimenti romani più strutturati e più politicamente orientati, rende plasticamente visibili le ragioni del loro fallimento: non aver voluto e saputo far tesoro della voglia di partecipazione e di resistenza di quel che restava e resta del popolo di sinistra e dei cittadini romani che non vogliono arrendersi al degrado della città e all’assenza di una opposizione civile e democratica. Certo non si poteva pretendere, come fanno alcuni dal palato fino, da quella piazza un profilo strutturato e una identità chiara e precisa di sinistra ( ma che vorrà poi dire?) o addirittuta un progetto o un’idea di città, come ho letto in alcuni commenti.
E anche io sono preoccupato delle prospettive: se cade la Raggi ci aspetta un leghista. Ma questo esito è stato già scritto nelle scelte e non scelte di tre anni fa insieme a quelle di oggi. L’assenza della sinistra e la sua complicità nella cacciata di Marino spostò il voto popolare verso i 5S, l’assenza di oggi variamente motivata nella manifestazione contro la Raggi lo sposterà invece su Salvini. Non si può costruire un’alternativa ai 5S o al leghista di turno disertando le piazze. E’ solo dalla piazza che può nascere e formarsi un fronte di resistenza democratico e popolare.
Si dice : “ Ma quella piazza era fatta di “gente di ceto medio” ( e vi leggo il disprezzo implicito in queste parole!), giustamente arrabbiata per l’abbandono della città e l’incapacità di questa giunta. Una piazza che però si limita a chiedere le dimissioni del sindaco ignorando che, se Raggi dovesse dimettersi, Roma passerebbe quasi certamente in mano alla Lega”.
Oppure .” Quella piazza era piena di gente del PD ( cosa non vera: credete davvero possibile che oggi questo PD riesca a mobilitare diecimila persone a Roma?)…Ma una manifestazione del genere non può pensare di mettere insieme tutto e il suo contrario: gli abitanti di via Emanuele Filiberto che non vogliono i cordoli di cemento, con i radicali per il Sì al referendum sull’atac, tutti uniti contro la sindaca. E’ una cosa che non regge e che secondo me non reggerà.. Nessuno vuole un mal governo, ma ci dividiamo sull’idea di buon governo”.
Ancora: “La manifestazione non aveva una linea precisa….Quello di oggi non è un soggetto nuovo, perché manca appunto di soggettività politica (no ai cordoli di cemento non è un programma di governo), non esprime una visione, o meglio esprime un generico buon governo”. E quando mai – dico io – un movimento o una manifestazione di protesta per essere legittimata deve per forza darsi prima una idea o un progetto di politica e di città? Questo compito spetterebbe di norma alla politica. In questo caso, per paradosso, proprio ad una inesistente politica e forza di sinistra!
Questo il tenore di alcuni commenti che ho intercettato sulla rete, e il loro refrain è che chi è sceso in piazza non ha un progetto e un’ idea di governo della città e che la caduta della Giunta Raggi aprirebbe le porte al “diavolo” leghista. L’accusa idiota a chi è sceso in piazza di collusione col nemico ( in tal caso il “fascista” Salvini) non poteva essere più esplicita. In alcuni commenti si nobilita questa accusa con la lezione togliattiana della necessità prioritaria di un fronte unitario antifascista, inteso in questo caso in senso antileghista, e quindi della scelta tattica di allearsi con la componente 5S antifascista tipo il Fico o la Raggi che gli “ottusi” movimentisti invece non capirebbero. Questo sarebbe il compito principale della sinistra.. Non invece quello di organizzare e ripondere innanzitutto ai bisogni e alle esigenze popolari. Sic..!
Ora a Roma c’è soprattutto una forte tensione per non dire incazzatura fra la Giunta Raggi e i cittadini. La città è stremata dal non governo: a Roma non funziona più nulla. Una città alla sbando: rifiuti, trasporti, manutenzione urbana, parchi e giardini abbandonati, quartieri popolari dove imperversa il degrado, lo spaccio di droghe e l’insicurezza. Non ho mai visto in oltre quarant’anni una città così mal ridotta.
Eppure la sindaca Raggi nel rispondere alla manifestazione di protesta accusandola di strumentalismo, rivendica invece il profondo cambiamento che sarebbe in atto nella città. Afferma infatti: “Noi abbiamo aperto asili e scuole; abbiamo stanziato 137 milioni per lavori pubblici; abbiamo aperto cantieri ovunque; acquistato 600 autobus nuovi; abbiamo esteso la raccolta differenziata “porta a porta” a 150mila cittadini in meno di otto mesi ; abbiamo aperto piste ciclabili; abbiamo realizzato corsie preferenziali per i mezzi pubblici; abbiamo dato fondi ai Municipi per rifare le strade; abbiamo approvato i bilanci senza fare debiti; abbiamo sgomberato gli scrocconi dalle case di nostra proprietà (vedi Casa Internazionale delle Donne e Centro antiviolenza sulle donne di Tor Bella Monaca); abbiamo sgomberato esponenti del clan Spada dalle case dei cittadini e le abbiamo riassegnate a chi ne aveva diritto; abbiamo promosso il car sharing cittadino..ecc... “. In queste parole manca solo il pudore. Quasi tutte bugie. In compenso nessuna concessione e nessuna autocritica.
Stando così le cose, Salvini ha già vinto. E non sarà l’antifascismo militante a fermarlo. Anzi rischia di rafforzarlo portando la gente e il popolo di Roma a pensare che un certo antifascismo, spesso di maniera, serva a giustificare le cause del proprio malessere o che comunque non sia di aiuto a risolverle. Contestare Salvini a S. Lorenzo dopo l’omicidio della povera Desirée non ha fatto altro che il suo gioco: “Salvini si nutre di quel tipo di contestazione e in poche parole trasforma i contestatori nei difensori dei carnefici di Desirée”, ha scritto Federico Bonadonna. Giudizio che condivido in pieno.
Chiedere oggi le dimissioni della Raggi è invece un’opportunità e una neccessità politica per legare la critica alla sua Giunta ad un malcontento e ad una rabbia popolare che, se non orientata e rappresentata, si riversa in maniera naturale sulla Lega e su Salvini che è abile ad incalanarla mediaticamente. Salvini si può fermare solo mettendo in campo mobilitazioni e lotte contro chi malgoverna la città e non legittimando la Raggi nel campo dell’antifascismo-antileghista. Ripeto. Salvini ha già vinto. Possiamo solo fare in modo che perda. Non consentiamo che si candidi come unica alternativa ai 5S nel governo della città”.
Fonte: https://comune-info.net/2018/10/la-citta-stremata-dal-non-governo/