Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Non pensavo mai nemmeno lontanamente, fino a un anno fa, che mi sarei trovato a pubblicare questo articolo su un quotidiano online, in questo caso l’Interferenza, che parla della mia vita intima e personale. Così come non avrei nemmeno pensato di poter condividere questo aspetto, di cui tra poco parlo, che ho già condiviso con diverse persone, con diversi amici, con diversi compagni, quando fino a un anno fa lo condividevo unicamente con un mio carissimo amico, un fratello, che purtroppo non c’è più. E fino a sei anni fa queste cose il sottoscritto se le teneva solo con sé stesso, creando una frontiera invalicabile ed isolazionista stile Albania di Enver Hoxha.
Ma la società psicotica occidentale in cui
viviamo, unitamente alla forza che ho maturato in quest’ultimi anni, mi impone
di farlo.
Chi mi conosce personalmente lo sa o se non
gliel’ho detto lo sa comunque ma senza parlarne.
Io sottoscritto, Andre’ Siciliani, dichiaro
pubblicamente la mia omosessualità.
Omosessuale, voglio precisare, non gay che
è un termine che il sottoscritto trova ributtante in
quanto non sopporta né il politicamente corretto né tanto meno il colonialismo
della lingua dominante nel mondo, cioè l’inglese.
Sono omosessuale fin da quando avevo 13-14
anni, l’età in cui ogni ragazzo e ragazza incomincia a provare attrazione
sessuale, quando a un chioschetto della spiaggia, ancora me lo ricordo come se
fosse ieri, vidi un uomo sulla quarantina-cinquantina, ciccione (si, uso questo
termine, alla faccia del politicamente corretto in voga), di statura media,
calvo, con doppio mento accentuato, pettorali grassi, cadenti e pelosi, così
come era peloso il suo enorme e prominente pancione, risaltato dal costume a
slippino e con il mezzo rigo del sedere scoperto per via della pressione del
pancione; un perfetto antipasto per le fantasie del sottoscritto.
Un’ immagine che fu per il sottoscritto
come l’apparizione dell’Arcangelo Gabriele o Injil, come è chiamato in lingua
araba Maometto, e da sedici anni che sono passati da allora, il sottoscritto
confessa che quando nella quotidianità gli capita di intravedere una figura
maschile molto corpulenta di statura media (il detto “altezza mezza bellezza”
ad esempio non vale per me, in quanto non mi piacciono gli uomini alti), in
mezzo alla via, l’occhio non fa che rimanere colpito e si mette a guardarlo a
distanza e, senza farsi notare, comincia a farsi le migliori fantasie.
D’altronde la stessa cosa succede agli eterosessuali, e l’ho notato con dei
miei amici (appunto, eterosessuali), che quando vedono una donna che li
colpisce piacevolmente cominciano a “lavorare” di fantasia”.
Questo per affermare che omosessuali come
me non sono diversi dagli eterosessuali, e il sottoscritto, anche per questo,
unito al suo essere comunista, trova assurda la guerra orizzontale omosessuali
contro eterosessuali alimentata dalla Comunità LGBTQ, così come sempre da
comunista trova altrettanto assurda e deprecabile la guerra orizzontale delle donne
contro gli uomini alimentata dalle femministe.
L’unico conflitto sostenuto e nel quale il
sottoscritto si riconosce, proprio perchè comunista, è quello verticale, quello
degli oppressi contro gli oppressori, dei dominati contro i dominanti, del lavoro
contro il capitale, del popolo contro le èlite. Siano essi, da una parte
all’altra, uomini, donne, etero, omosessuali, musulmani, cristiani, ebrei,
neri, bianchi, eccetera. Così come a livello geopolitico sostiene i paesi
sovrani e indipendenti contro l’imperialismo USA/UK/Israele e UE.
Ma, tornando al particolare, al sottoscritto
non solo piace l’uomo grassoccio e di statura media, ma che abbia, e questo
penso sia una cosa auspicabile da tutti quanti, etero o omo, anche elevate
qualità umane, un carattere estroverso e loquace, aspetti che portano al poter
condividere una vita in comune, ma sopratutto il portamento da maschio. E
questo proprio perché mi piacciono gli uomini in quanto tali, e quindi devono essere “ancora più uomini” di me,
nonostante rivendichi orgogliosamente il mio essere uomo, l’appartenere al
genere maschile.
Per questa ragione non provo fascino per la
gran parte di quegli uomini occidentali totalmente contaminati dalla cultura
LGBTQ, nonostante rivendichino a parole di voler prendere le distanze dal
prototipo femminilizzato e svirilizzato dell’omosessuale, o meglio gay made
LGBTQ, come testimoniato da foto di uomini “bear” in pose femminili. dove
assumono pose da femmina.
Per la mia personale forma mentis, se mi
fossero piaciute pose e portamento femminile sarei stato attratto direttamente dall’originale,
invece nei miei rapporti umani e di lavoro, sono amico di uomini e donne,
indipendentemente dal loro orientamento sessuale, e affermo che mi piace l’uomo
proprio perché maschio.
E il possedere portamento maschile non
significa una scontata eterosessualità, in quanto nella vita reale, in ogni
latitudine del mondo, ci sono uomini e donne “insospettabili”, comuni,
assolutamente indistinguibili dagli altri, che sono omosessuali ma che sono
assolutamente maschili, se sono uomini, o femminili, se sono donne.
E quest’ultimo particolare, che insieme ai miei
gusti fisici potrebbe, giustamente, non importare a nessuno, unito al mio
essere comunista, mi porta a essere fortemente oppositore, sia nel particolare
che nell’universale, del femminismo e dell’ LGBTQ+,
parenti stretti, anzi strettissimi del sistema capitalista, in quanto entrambi
sono il prodotto della sovrastruttura del capitalismo finanziario
egemone da quarant’anni in Occidente, che criminalizza totalmente il maschile, con
lo scopo di creare un uomo, sia etero che omosessuale, totalmente svirilizzato,
femminilizzato e, in caso di uomo eterosessuale, totalmente sottomesso alla
donna.
Nel particolare infatti non mi piace per
niente il prototipo femminilizzato e svirilizzato dell’omosessuale uomo rigorosamente depilato, con il fisico da modello, con il
sedere sodo, effeminato “fru fru” con modi, voce, che fa grida da donna o
meglio da checca isterica, frequentante i locali Gay, il “miglior amico delle
donne” come spesso viene mostrato nelle pellicole statunitensi, che consiglia loro
quale vestito indossare o mettersi (il sottoscritto ad esempio se deve fare un
regalo a una cara amica, avrebbe una seria difficoltà in quanto non è per
niente pratico di gusti femminili), che partecipa annualmente al Pride
sventolando la bandierina arcobaleno, portato avanti dalla Lobby LGBTQ
nell’immaginario collettivo.
E nell’Universale, il
sottoscritto, omosessuale e comunista, non si riconosce come appartenente alla
“comunità LGBTQ”, ne è frequentatore di “locali gay” ma afferma con profondo
orgoglio di non aver mai partecipato né mai parteciperà a un Gay Pride. In quanto
trova tali manifestazioni sgradevoli, di cattivo gusto, una sorta di grande
Truman Show in mezzo alla via, che mal si conciliano
con la legittima richiesta, da parte dei cittadini omosessuali (come il
sottoscritto), di non subire discriminazioni. Così come non ci vedo nessun
nesso fra l’ostentazione della propria sessualità, in maniera pacchiana,
esibizionistica e stereotipata come succede nei Gay Pride e la richiesta di non
essere trattati come “diversi”.
Il sottoscritto trova i Gay
Pride per quello che sono realmente, ossia manifestazioni pacchiane di pessimo
gusto, che si adeguano alla società consumistica dello spettacolo, una
“Carnevalizzazione” del sesso, che servono unicamente per far sfilare
esibizionisti, curiosi omofobi, politici della sinistra neo liberale,
opportunisti, sinistra radicale e “comunisti”; con quest’ultimi che magari sono
impeccabili nel denunciare la struttura del capitalismo finanziario
neoliberista e dell’imperialismo ma al tempo stesso ne sposano appieno la sua
sovrastruttura ideologica, considerando l’ LGBTQ e il femminismo come la modernità,
come il proprio faro politico, come delle religioni da seguire in maniera
dogmatica.
Il gay pride non incoraggia
alcuna forma di rispetto ma ne è, con la sua ridicolaggine a base di uomini
mezzi nudi con il tanga, il culo di fuori (al sottoscritto come a ogni essere
umano piace il nudo, ma in luoghi preposti come la spiaggia o le mura
domestiche, non in mezzo alla via) e cappellino da poliziotto statunitense, le piume
di struzzo, o che indossano costumi, che coprono la testa, a forma di pene con
scritto in avanti “mi piace il cazzo” o con un abbigliamento dai colori
sgarganti, decisamente pacchiani ed eccentrici.
E credo che penserebbero le
stesse identiche cose del sottoscritto anche la maggioranza degli eterosessuali
di fronte a un eventuale Etero Pride a base di uomini che espongono
il petto villoso all’infuori in mezzo alla strada, che con il megafono urlano
“me piace ‘la fica” o “froci di merda” toccando sederi a qualunque donna: con
magari queste ultime che sfilano mezze nude con costume a bikini con le tette
in bella vista e tacco a dodici, che toccano costantemente il membro maschile
dicendo “mi piace il pisello” e che stuzzicano gli uomini dicendo “dimostrami
che non sei un frocio di merda, che sei un vero macho”.
Ma il sottoscritto denuncia e non si
riconosce nei Gay Pride non solo per i motivi sopraccitati ma anche perché sono patrocinati dalle principali
istituzioni finanziarie e grandi multinazionali occidentali, dalle ambasciate
statunitensi e israeliane, dalla NATO, insomma dai soggetti economici e
politici espressione del capitalismo finanziario e dell’imperialismo.
Non è casuale che durante il
Gay Pride a Londra, la squadriglia della flotta aerea britannica, cioè della
seconda potenza imperialista del pianeta – quella che ha alle spalle una lunga
storia di colonialismo in giro per il mondo, bombardando allegramente qua e là –
sfrecci con i colori arcobaleno, fra grida di giubilo e lodi a Sua Maestà da
parte dei partecipanti.
La stessa cosa succede a Washington,
negli USA, dove la Casa Bianca si illumina d’ arcobaleno o dove nei Gay Pride
delle città statunitensi sfilano le automobili della polizia statunitense, il
brutale braccio armato del sistema giudiziario americano che spedisce nelle
patrie galere un quarto dell’intera popolazione carceraria mondiale (in gran
parte neri e ispanici), vestite a festa con la bandiera arcobaleno.
E vogliamo parlare
su come Israele non solo pubblicizza il Gay Pride annuale che si tiene a Tel
Aviv, considerata “la Capitale Gay del Medio Oriente”, facendone una promozione
turistica dove a Tel Aviv ci sono locali gay e spiagge “gay friendly” ma postando
anche foto di soldati israeliani gay che si tengono per mano?
Poco importa poi se Israele
da 75 anni occupa illegalmente la Palestina, con furto di terre ai legittimi
proprietari da parte delle squadracce dei coloni sionisti, bombardamenti su
Gaza, arresti arbitrari con detenzioni illegali, espulsione degli arabi
palestinesi dalle proprie terre; Israele nella narrazione occidentale va difeso
senza sé senza ma, in quanto pezzo colonialista di Occidente in Medio Oriente
sia a livello strutturale – la conosciamo tutti la favoletta de “L ‘unica
democrazia del Medio Oriente” – che sovrastrutturale, ossia su come
Israele sia “il paradiso del mondo LGBTQ, un’ isola felice circondata da
un mare di paesi “omofobi, trogloditi, maschilisti, patriarcali”.
Poco importa se i bambini di
Gaza muoiono sotto le macerie causate dai bombardamenti israeliani, magari effettuati
da un aviatore israeliano gay o da un’aviatrice lesbica.
Altro che ideologie
anti-sistema come sostiene una certa “compagneria” della sinistra radicale,
gruppi, gruppetti, partiti, partitini pseudo “comunisti/socialisti” in
Occidente; l’LGBTQ e il femminismo sono Sistema allo stato puro, ideologia
dominante.
Ma il sottoscritto è soprattutto oppositore
delle rivendicazioni portate avanti dalla comunità LGBTQ attraverso i Gay
Pride, come le proposte di propaganda gender nelle scuole che mettono in
discussione l’identità sessuale di appartenenza dei bambini, volendo far
giocare i bimbi maschi con le bambole o fargli indossare la gonna, o far
gareggiare gli atleti trans, che si sentono donne ma hanno il corpo da uomo,
insieme alle donne e le adozioni da parte delle coppie omosessuali.
Su quest’ultimo aspetto penso, da
omosessuale, che un bambino, indipendentemente dall’orientamento sessuale che
svilupperà in seguito, abbia bisogno di un padre e di una madre, del maschile e
del femminile che si contemplano, non di due mamme o di due papà e proprio
perché conscio di questo non pretendo per forza di essere padre, in quanto
vorrei che mio figlio avesse anche una madre. E per avere una madre dovrei concepirlo
o adottarlo insieme a una donna, cosa impossibile dal momento che il
sottoscritto, seppur sta bene con le donne e ha amiche donne, non prova nessuna
attrazione fisica nei loro confronti. Il sottoscritto Andrè Siciliani al
massimo si accontenterà e cercherà di essere un ottimo zio, se mai avrà dei
nipoti.
Il sottoscritto si dichiara fieramente
“anti- genderista, anti- LGBTQ” perché il genderismo è un’ ideologia mostruosa
basata su veri e propri deliri psicotici inquietanti, da vero e proprio manuale
di psichiatria.
Come ad esempio il sostegno dell’esistenza
non di due generi sessuali diversi bensì di settantatrè e passa (roba che
imporrebbe, purtroppo, qui in Italia, una seria revisione della Legge Basaglia)
tra cui la comunità”puppy”, uomini che si
credono cani e che però sono anche gay,
il concetto del “genderfluid” o meglio “identità non binaria” che consiste nella
“libertà” di sentirsi uomo la mattina, e donna il pomeriggio, il giorno dopo nuovamente
uomo, dopo due giorni di nuovo donna e così via, o nei giorni pari ci si veste
da uomo e nei giorni dispari si indossa la gonna. Non è un caso che attraverso
gli Eurovision vengano pubblicizzati ed esaltati gruppi come i Maneskin o
l’ultimo vincitore dello stesso Eurovision, proprio perché ambasciatori dell’
“identità fluida”.
Tale concetto di non riconoscersi in un
genere sessuale predefinito non è casuale, in quanto mira a distruggere il
concetto di identità personale, compresa quella sessuale, perché meno identità
personale e sociale c’è, più sottomissione c’è di fronte al sistema capitalista.
Per me così come per la maggioranza delle
persone comuni, che siano eterosessuali, omosessuali o bisessuali, esistono
solo due generi, uomo e donna, e chi invece si sente appartenente al genere
opposto a quello proprio biologico come i transessuali, va in primis sostenuto
con colloqui psicologici e sulla base di questi poi indirizzato verso il cambio
del sesso in cui ci si riconosce come identità.
Il sottoscritto è oppositore dell’ideologia
genderista, queer, anche perché vi sono al suo interno tendenze mostruose come
la sessualizzazione dei bambini, come sostenuto da diversi esponenti della
Comunità LGBTQ, e in particolar modo da una parlamentare statunitense, la democratica Katie Porter, che ha pronunciato le testuali
parole:“ La pedofilia non è un reato. Questo è un tipo di identificazione
personale” e ha definito crudeli quelle persone che condannano coloro che amano
i bambini. D’altronde le folli pretese come quella che un uomo di sessant’anni
ha il diritto di sentirsi, comportarsi e vestirsi come una bambina di sei anni
toccando quindi altri bambini e bambine, non è altro che legittimazione della
pedofilia.
E per il sottoscritto, come per
la maggioranza delle persone di buon senso, eterosessuali, omosessuali o
bisessuali, i bambini non si toccano e vanno lasciati in pace, e non nascondo
di essere favorevole alla pena di morte per i pedofili, per chi fa traffico di
bambini e per chi diffonde materiale pedo pornografico (a proposito, sembra che
tale diffusione in Germania stia per essere depenalizzata).
La Lobby LGBTQ è portatrice di un’ideologia
inquietante, per certi aspetti mostruosa, che disgrega la società e che
danneggia in primis gli omosessuali come il sottoscritto in quanto tutto ciò
non fa altro che alimentare l’ostilità della parte più reazionaria della società.
E proprio questa parte reazionaria finisce per essere sostenuta dalla
maggioranza della società, che non è affatto omofoba di per sè in quanto
l’omosessualità è largamente accettata come un dato di fatto rispetto a
cinquanta-sessant’anni fa, ma che è disgustata da questi comportamenti
gratuitamente narcisistici ed esibizionistici.
La Comunità LGBTQ taccerebbe il
sottoscritto di essere un “falso omosessuale”, un “omofobo” non solo perché
esprime pubblicamente, come sta facendo in questo articolo, la sua netta
opposizione nei confronti del genderismo ma anche perché ha la “colpa” di
provare attrazione non per l’omosessuale made in LGBTQ, ma per un altro genere
di uomini, quelli che non fanno parte del tipo ideale degli ambienti LGBTQ
Insomma il sottoscritto ha la colpa non
solo di non rispecchiare il prototipo dell’omosessuale creato dalla Lobby LGBTQ,
ma anche perchè è attratto da una “tipologia” di uomo il cui aspetto fisico non
sarebbe altro che espressione di “maschilismo, rozzezza, omofobia, patriarcato,
violenza”.
Con l’aggravante, secondo il Tribunale
dell’Inquisizione LGBTQ, che al sottoscritto non piacciono gli uomini
corpulenti, ma anche i lineamenti somatici tipici dell’uomo mediterraneo che si
trovano nel Sud Italia, la Grecia, la Turchia, i paesi medio-orientali che si
affacciano sul Mediterraneo, quindi di tutti “paesi omofobi, patriarcali,
maschilisti”, mica quelli “civili, evoluti, inclusivi” come i paesi
anglosassoni, nord europei e Israele…
Una testimonianza di ciò l’abbiamo avuta in
una puntata del programma televisivo “Forum” condotto da Barbara Palombelli con
attori che recitano all’interno di cause giudiziarie.
In questa puntata ci furono come parti
chiamate in causa, una madre, che aveva denunciato un ragazzo mezzo delinquente
in quanto aveva bullizzato suo figlio omosessuale spingendolo ad un tentato
suicidio.
L’attrice che fece la parte della madre era
una donna di gradevole aspetto, così come l’attore scelto per recitare la parte
del ragazzo omosessuale era un ragazzo biondino con un viso totalmente pulito,
bambinesco, magro, rigorosamente depilato e, udite udite, il suo sogno era fare
il modello.
Il ragazzo omosessuale però non era solo
vittima del bullismo omofobo del bulletto del quartiere ma pure dell’omofobia
del padre.
E indovinate un po’ quale attore ha scelto
la redazione di Forum per far recitare la parte del padre omofobo, rozzo,
sicuramente manesco tanto che per questo era separato dalla moglie? Un uomo
robusto, sovrappeso, con il faccione con il doppio mento accentuato e la barba,
i tratti somatici mediterranei e con l’accento meridionale e che nella vita
svolgeva un lavoro “umile”, di fatica; insomma il “male” contro il “bene”,
incarnato naturalmente dalla moglie, di gradevole aspetto (ma sopratutto in
quanto donna…), e dal figlio in quanto prototipo femminilizzato e svirilizzato
dell’omosessuale da esaltare.
Perchè la società neoliberista fondata
sulla cultura woke, sul femminismo e sull’LGBTQ, esercita una pressione sociale
enorme sugli uomini, sull’immagine fisica un immagine fisica impeccabile che
sono tenuti ad avere, alla Cristiano Ronaldo o Can Yaman per intenderci, con
corpo rigorosamente depilato, insomma il
prototipo di uomo massificato a uso e consumo di femministe e LGBTQ.
L’immagine di un uomo “normale”, con un
corpo non perfetto e spesso , come è normale che sia, oggi non è certo di moda,
per via della sopraccitata pressione che subiscono tutti gli uomini, non solo quelli
sovrappeso ma anche tutti quelli con un fisico “normale”, anche magri ma magari
con un po’ di pancetta, insomma chiunque non abbia il fisico da modello secondo
il prototipo dominante e anche secondo quello femminista/LGBTQ (anche se non lo
ammettono…).
Quella stessa pressione sociale che obbliga
a “presentarsi bene” in nome della società dell’immagine che ci vuole tutti
uguali, uniformati, e per forza belli.
L’ LGBTQ, così come il femminismo, non solo
sono espressione del sistema capitalista, ma sono al suo più completo servizio,
in quanto servono per disgregare la società in categorie in perenne conflitto
orizzontale tra loro contribuendo ad allontanare l’unico conflitto che temono
realmente le classi dominanti, ossia quello verticale.
L’ LGBTQ e il femminismo sono usati anche
come vero e proprio braccio armato per legittimare una “Guerra di
Civiltà”contro paesi sovrani al di fuori del “Giardino Occidentale” come
Russia, Cina, Iran, i paesi arabi e gli altri paesi islamici, così come quelli
orientali in generale, dipinti come “paesi omofobi, trogloditi, patriarcali,
maschilisti, oscurantisti”, in poche parole tutti i difetti che
caratterizzavano i paesi occidentali fino a cinquant’anni fa.
Ad esempio nel “democratico, gay friendly, e
inclusivo” Regno Unito, rispettoso “dei diritti umani e dell’uguaglianza
sociale” perché ha introdotto temi LGBTQ nei programmi curricolari delle scuole,
la flotta aerea di Sua Maestà, come scritto in precedenza, da alcuni anni sfreccia
con i colori arcobaleno negli annuali Gay Pride ma fino al 1967
l’omosessualità, così come in diversi Stati statunitensi addirittura fino al
2003, veniva punita con il carcere. E la maggior parte delle legislazioni
omofobe in vigore nei Codici penali di molti paesi del mondo, tra cui molti
paesi musulmani e diversi stati africani, non sono frutto dell’Islam ma di
derivazione britannica. E questi codici nella gran parte dei paesi musulmani
esistono solo sulla carta, in quanto nella religione islamica il privato è
sacro e inviolabile.
Così come in Israele, nonostante la
spiaggetta “Gay Fiendly” a Tel Aviv, vi sono le squadracce dell’estrema estrema
destra sionista ebraica che non la pensano in maniera diversa dai tafkiri
(quelli che in Occidente chiamiamo fondamentalisti islamici) e dai
fondamentalisti cristiani tra cui le sette evangeliche e filo sioniste made in
USA; e questi sono un vero e proprio veleno quanto il femminismo e l’LGBTQ.
L’Impero Ottomano invece fu il primo paese
al mondo a legalizzare l’omosessualità nel 1858, largamente diffusa anche in
precedenza al punto che, mentre a Parigi gli omosessuali venivano messi al
rogo, vari Sultani avevano apertamente relazioni omosessuali.
Nel mondo arabo, soprattutto dei secoli
passati, vi sono intere intere poesie e raccolte di testi, come ad esempio il
celebre “Mille e una notte”, che parlano di amore omo-erotico.
E in Iran, paese dipinto (come i paesi
arabi), “omofobo e oscurantista, dove gli omosessuali vengono bruciati o
lapidati ogni giorno”, non solo gli omosessuali possono vivere la loro vita
tranquillamente nelle grandi e medie città (dove i costumi, come in tutte le
città del mondo sono laici) ma addirittura lo Stato iraniano permette ai
transessuali di sottoporsi alle operazioni chirurgiche necessarie a cambiare
sesso, contribuendo per più della metà alle
spese dei più bisognosi, consentendo anche di ottenere una nuova identità sui
documenti.
Alla base di questo vi è una fatwa (decreto
religioso) emanata dall’ayatollah Khomeini nel 1964, quando lo scià Muhammad
Reza Pahlavi lo mandò in esilio a Bursa, in Turchia. Durante l’anno trascorso
all’estero Khomeini scrisse un trattato di giurisprudenza in cui esaminò il
problema del cambio di sesso che «non è da considerare reato e, in presenza di
una dichiarazione medica credibile, non presenta alcun problema».
Oggi l’Iran, dopo la Thailandia, detiene il
record di operazioni di cambio di sesso.
Chi conosce bene nella realtà e non per
conoscenza, a causa dei pregiudizi e della propaganda occidentale, l’Iran ma anche
la Cina e la Russia, sa benissimo che esistono omosessuali che vivono la loro
vita in Santa pace e alla luce del sole. Ciò che non è tollerato in tali paesi
è l’esibizionismo, la spettacolarizzazione di cattivo gusto che invece è
imperante nell’Occidente Collettivo grazie alla Lobby LGBTQ, soprattutto
durante i Gay Pride.
Ma l’ostilità verso l’esibizionismo vale
anche per gli eterosessuali tanto che, per fare un
banale esempio, molto difficilmente nei paesi musulmani (ma anche in Cina e nei
paesi orientali), si assiste ad effusioni palesi, come ad esempio baciarsi in
pubblico, un gesto affettivo ricondotto piuttosto alla sfera privata, al
massimo si vede nei paesi medio orientali il bacio sulla fronte della persona
amata, o i baci sulle guance tra parenti e amici, o il bacio verso la mano a un
parente anziano o che gode di particolare autorevolezza nella comunità.
Per la serie, ognuno della propria vita
privata e anche a letto fa ciò che vuole ma ci si deve saper comportare e
rispettare secondo le regole di convivenza civile della comunità, come è giusto
che sia.
Il sottoscritto Andrè Siciliani,
omosessuale e comunista, fa questo lungo “coming out” che ha abbracciato una
piccola parte della sua storia personale, particolare e universale, perché è
contrario a farsi strumentalizzare il proprio orientamento sessuale da tutto il
caravanserraglio della Lobby LGBTQ, né auto ghettizzarsi in tale “comunità”.
Il sottoscritto vuole vivere la propria
vita, come tanti altri omosessuali, non solo in Santa Pace ma sopratutto in
mezzo alla comunità tutta di cui si sente parte integrante, così come non si
riconosce nella guerra orizzontale alimentata da tale lobby contro gli eterosessuali,
perché ha amici e amiche, colleghi e colleghe eterosessuali con cui ha un
quotidiano e bellissimo rapporto e con una parte dei quali e delle quali si è già
palesato, come appena fatto qui su l’Interferenza.
Così come l’unica bandiera che sventola non deve essere quella arcobaleno LGBTQ, ma quella degli oppressi, indipendentemente se sono omosessuali, eterosessuali, uomini, donne, alti, bassi, magri, grassi, neri, bianchi, mezzi bianchi, musulmani, cristiani, ebrei, atei, eccetera, cioè quella del socialismo.
Fonte foto: London World (da Google)