Egregio Direttore,
gli ultimi giorni di luglio, mi hanno visto impegnata non già a sistemare il mio lavoro in vista della pausa estiva, ma in una vera e propria battaglia contro la ben nota Equitalia Sud S.p.a.. Sono stati scritti innumerevoli articoli contro le inefficienze del funesto concessionario per la riscossione, dalle cartelle pazze, ai condoni, alle file interminabili, ma solo quando ti trovi a stretto contatto con il colosso di Equitalia, ti rendi conto di come la realtà possa addirittura superare l’immaginazione.
Come a molti altri romani, nel mese di luglio, Equitalia Sud S.p.a. mi recapita un preavviso di fermo amministrativo del veicolo, per ben 10 cartelle esattoriali e per un non trascurabile importo di oltre 11 mila euro.
Allarmata, faccio le mie verifiche e appuro di non aver mai ricevuto quelle cartelle, verosimilmente, perchè, avendo cambiato residenza, mi sono state notificate all’indirizzo sbagliato.
Per fortuna faccio l’avvocato e in poco tempo individuo la strategia difensiva: richiedere la sospensione del fermo amministrativo ad Equitalia, in attesa che verifichino i loro errori e, ove dovessero procedere all’esecuzione del provvedimento, predisporre il ricorso al Giudice di Pace.
Eh, sì, perchè contrariamente a quanto sostenuto da Equitalia, a chiare lettere nelle proprie comunicazioni, dove campeggiano termini e minacce di applicazione di interessi super moratori, non si può fare l’opposizione al solo preavviso di fermo amministrativo, ma occorre attendere il primo vero atto esecutivo.
La Cassazione lo ha detto mille volte (come mille volte ha detto che gli interessi moratori applicati sono usurari) ma vuole mettere l’effetto dirompente che può avere sul cittadino, la minaccia di incorrere, in tempi brevissimi, in ulteriori sanzioni?
Ciò soprattutto se si coglie il cittadino sulla soglia di casa e con le valigie in mano, in procinto di partire per il meritato riposo, con la maggior parte dei consulenti legali già in vacanza. Quel senso di impotenza e abbandono può ben valere la scelta di pagare e via…senza pensarci troppo, senza mandare all’aria le vacanze e senza perdere tempo a bussare alla porta degli studi legali chiusi o che stanno per chiudere.
Ma io sono tenace, posso fare da sola e il mio piano vacanze mi consentiva di dedicare qualche giorno al caso Equitalia. Così, dopo avere redatto e documentato la mia istanza di sospensione del preavviso di fermo amministrativo, mi sono recata all’ufficio Equitalia Sud di Via Cristoforo Colombo per depositarla.
Arrivata lì, mi sono trovata di fronte una vera e propria folla oceanica di disperati. I contribuenti si accalcano fuori dall’ufficio un’ora prima dell’apertura, alle 7.00 del mattino, per conquistare un numeretto con due cifre e non con tre cifre, come è capitato a me, che ho avuto l’arroganza di giungere solo alle 8.30, un quarto d’ora dopo l’apertura.
Con il numero 332 ho atteso fino alle 15.30 prima di essere ricevuta. Nel frattempo ho potuto verificare come tutti quei disperati avessero ricevuto, proprio nel mese di luglio, la notifica della loro cartella, del loro preavviso di fermo, del preavviso di pignoramento della casa etc…ed una buona percentuale recava con se i documenti attestanti l’erroneità della richiesta di Equitalia. Gli altri, sommessamente, aspiravano ad una rateizzazione del pagamento.
Possibile una simile concentrazione di atti di riscossione proprio a ridosso del baratro agostano?
Da una piccola ricerca su internet ho potuto verificare come questa strategia, che non ho difficoltà a qualificare da “spezzamignoli” (i temibili servitori del crimine dedito alla riscossione del pizzo), sembra che sia in uso presso Equitalia da qualche anno… forse una vera e propria scelta di marketing, per potenziare le entrate della società…magari suggerita da qualche esperto del settore della ricossione.
Nel corso della interminabile attesa ho potuto verificare l’efficacia delle altre strategie di recupero del credito, poste in essere dal Concessionario scelto dalla Pubblica Amministrazione, che noi foraggiamo con le tasse.
Così, nell’ordine: nessuno degli addetti allo sportello ha un cartellino di riconoscimento, recante il nome o anche solo un numero di identificazione, come invece impone la legge per tutti gli addetti ad un servizio pubblico…ed Equitalia agisce come concessionario della Pubblica Amministrazione. La scelta non è poi così dissimile da quella dello spezzamignoli che, spesso, indossa un passamontagna per non farsi riconoscere.
Ripetutamente ho chiesto di parlare con il responsabile dell’ufficio per contestare le modalità di quella vera e propria mattanza di poveracci, ma nessuno mi ha voluto indicare il suo nome: “Non siamo autorizzati a darle il nome del responsabile. Attenda qui, la riceverà, ma c’è da aspettare“. Il “qui” era in mezzo alla folla, nessuno mi aveva chiesto il nome, nessuno mi aveva neppure indicato una fila per conferire con il responsabile.
Dunque, una vera e propria balla colossale, una frasetta buttata là per disincentivare ogni iniziativa di ribellione, per prendere tempo e far calmare gli animi….il resto del lavoro lo avrebbe fatto proprio il tempo, la lunga attesa, la fame.
La fame, per l’appunto!… Alle ore 13.00 tutti gli addetti ai 14 sportelli sono improvvisamente spariti. Finalmente la folla ha iniziato le prime proteste e alla frase “sono in pausa pranzo per 30 minuti” si è scatenato l’inferno.
A quel punto, un ometto in un improbabile gessato, abbronzato e con il capello impomatato è uscito allo scoperto, qualificandosi come il responsabile dell’ufficio, pronto a fornire spiegazioni come “signori, stiamo facendo quello che possiamo, l’ufficio dovrebbe chiudere alle 13.15 e invece vi serviamo tutti…è una situazione di emergenza, se venivate 20 giorni fa, qui non c’era nessuno, non facevate fila“. La frase mi è suonata alle orecchie come una ingenua e inconsapevole confessione…proprio come immaginavo.
Equitalia ha deciso – a quanto pare anche quest’anno, come gli altri anni – di inviare tutte le cartelle e i provvedimenti esecutivi, nello stesso momento e a ridosso delle vacanze estive, certa che gli ingorghi agli uffici e le imminenti partenze avrebbero disincentivato una buona parte delle vittime dal presentare contestazioni, impugnazioni etc.
Quell’ometto, invece di organizzare i propri dipendenti in turni, in modo da consentire la continuità del servizio e da giustificare il suo stipendio, invece di mettersi lui stesso allo sportello dando prova di voler contrastare quella che rappresentava come un’imprevedibile situazione di urgenza e non anche una consapevole e premeditata strategia punitiva, era lì, con la sua arietta dimessa, incartata nel gessatino acquistato a buon prezzo, a farsi insultare e a blandire la folla di dannati. Uno scenario sconcertante e deprimente.
Pensavo di aver visto tutto alle 15.30 quando finalmente mi hanno ricevuto. Ma no, avevo ancora due livelli di difficoltà da affrontare, come in un videogame.
Il ragazzotto dello sportello ha attuato, nell’ordine, le seguenti direttive strategiche: “Signora non può presentarla così la sua richiesta, deve presentarla su uno dei nostri moduli pre stampati e deve compilarne uno per ogni cartella elencata nel preavviso di fermo! Se vuole può prendere i moduli sul quel bancone e tornare domani“.
“Quindi, secondo lei, dovrei compilare 10 moduli? E magari domani torno a farmi 6/7 ore di fila per rivederla? Se lo scordi! La legge stabilisce che posso presentare l’istanza in qualsiasi forma, basta una mia dichiarazione. Se non vuole ricevere il mio atto, me lo metta per iscritto e io vado a denunciarla ai carabinieri“.
A dire il vero ho utilizzato un turpiloquio molto più convincente che, associato al mio aspetto per bene, lasciava intravedere un sufficiente grado di follia e, quindi, di pericolosità.
E ancora: “Allora Signora ho caricato il suo atto e questa è la ricevuta del protocollo che ne attesta il ricevimento“.
“Perchè, caro, ha indicato solo 5 allegati, mentre in realtà sono 14?“.
“Signora, ho dovuto fare una sintesi, tanto c’è tutto quello che è necessario“.
Ancora un sospiro e qualche ispirata parolaccia: “Mio caro, questo è l’unico documento che io ho e che prova ciò che vi ho consegnato. Se entro 220 giorni Equitalia non risponde, decade da ogni diritto di riscossione nei miei confronti e, soprattutto, non vorrei mai che respingesse l’istanza perchè la documentazione è insufficiente. Quindi scriva 14 allegati o succederà qualcosa di spiacevole“.
Il ragazzotto ha eseguito senza fiatare, tanto anche sul protocollo, non c’è alcun indizio che consenta di risalire all’operatore che ha accettato la pratica e ciò…. per buona pace di tutti.
La verità è che questo è un Paese in cui nessuno è responsabile di niente, si chiede di premere il grilletto e in cambio si assicura l’anonimato. La verità è che, spesso, la burocrazia e l’inefficienza servono a mascherare metodi criminali e, in assenza di giustizia, di reale tutela dei diritti, non ci rimane che fare i pazzi. E alla fine solo i pazzi potrebbero cambiare questo Paese!