Educazione alla cittadinanza o statolatria?

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

 

I recenti fatti di Palermo e Caivano, pur nella loro diversità, una diciannovenne in stato di alterazione alcolica denuncia la violenza sessuale perpetrata nel corso della movida cittadina e due ragazzine abusate da ragazzi poco più grandi di loro in un contesto di degrado urbano, hanno scatenato una serie di polemiche articolate su due nuclei principali, tra loro strettamente correlati: una supposta emergenza educativa con conseguente profluvio di luoghi comuni sui giovani privi di valori e la richiesta più o meno unanime di ripristinare la piena  legalità ove sia carente e renderla più stringente ed effettiva.

Vediamo un po’ più nel dettaglio. Che i giovani siano privi di valori lo si ripete ad ogni passaggio generazionale, quindi le cose son due: o la cosa è vera e la storia è un costante e irreversibile scivolare verso l’abisso contro cui è vano combattere oppure ha dei margini di verità e qualcosa si può e si deve fare, sia in primo luogo sul piano educativo, sia, di conseguenza, su quello politico e normativo, badando sempre a non invocare panacee e cure da cavallo. A poco servono gli ammonimenti prefettizi comminati ai minori, le sanzioni pecuniarie ai genitori che non ottemperano ai loro doveri educativi e il divieto di utilizzare i telefoni cellulari. Misure del genere, al contrario, cristallizzano la condizione di marginalità, sanciscono l’appartenenza alla classe subalterna: siamo pronti a scommettere che le misure di contenimento della criminalità minorile si abbatteranno sulle famiglie più povere e sui quartieri disagiati. Uno scenario ottocentesco: lo stato si ritrae in nome della libertà di mercato, privando i meno fortunati di quel minimo di assistenza cui pure, costituzione alla mano, avrebbero diritto e si ripresenta col suo volto truce pretendendo rispetto e devozione.

Nel corso degli anni, con la scuola come teatro privilegiato, si sono moltiplicate le iniziative a favore della legalità, di volta in volta imperniate sulla droga e quanto faccia male, sulla dipendenza da internet, che è una gran bella cosa se usato bene ma può essere pericoloso e potenzialmente letale se usato male, sulla sostenibilità, le migrazioni, i diritti umani.  Periodicamente i ragazzi assistono ad una conferenza su questi temi, intervengono, producono i loro elaborati con l’aiuto del copia e incolla; i risultati saranno sempre eccellenti perché ripeteranno passo passo quello che hanno sentito e pensano faccia piacere al professore, con lo stesso grado di adesione e convincimento ideale con cui possono parlare di un qualsiasi argomento appreso nei libri.

La legalità, in sé è un valore? Decisamente no, se pensiamo che comportamenti oggi ripugnanti alla mentalità corrente, dalla segregazione razziale al rogo degli eretici, passando per la società divisa in caste, le inquisizioni, la schiavitù e altre innumerevoli iniquità, hanno trovato piena applicazione legale. Il progresso civile è passato attraverso la rottura della legalità e contro la volontà delle istituzioni. Per cui, a cosa serve educare alla legalità, specie in un momento come questo caratterizzato da un conflitto sociale ancora latente ma pronto a deflagrare? La risposta è semplice ai limiti dell’ovvietà: ad addomesticare i ceti subalterni con la consumata retorica della resilienza, cioè la muta sopportazione dell’ingiustizia, e il culto delle istituzioni, prima fra tutte lo stato e i suoi rappresentanti. Il premio è costituito dal miraggio di una società pienamente pacificata e prospera. Nulla di nuovo sotto il sole, evidentemente, ma qualcosa ci suggerisce che l’ingiustizia sia tale anche se da qualche parte sta scritto il contrario e che ciò che è male rimane male, a dispetto di giudici e tribunali.

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1 commento per “Educazione alla cittadinanza o statolatria?

  1. gino
    3 Ottobre 2023 at 11:01

    questo strapparsi le vesti per fatti statisticamente insignificanti in uno dei paesi piú pacifici del mondo é fascismo.
    si continua a criminalizzaare il maschio rovinando le menti dei bambini/e plagiandoli al terrore nei confronti dei rapporti U/D. poi ci lamentiamo se le famiglie non si formano, si sfasciano, denatalitá, solitudine, incels, ecc.

    tecnicamente parlando, se si lasciasse il testosterone fluire dove deve a partire dai 12 anni, sti fatti non accadrebbero.

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