Riceviamo e volentieri pubblichiamo:
Oggi è particolarmente arduo discernere verità e menzogne. Le seconde, al tempo della ipervelocità digitale, proliferano a raffica, sovrastando di gran lunga le prime, e confondendo le menti più sprovvedute, pronte ad abboccarvi come pesci all’amo.
Ma la cosa curiosa è che nelle reti a strascico della credulità, si trovano impigliate anche persone insospettabili, che dovrebbero essere dotate di strumenti e filtri più problematici, meno semplicistici, binari, approssimativi.
Indubbiamente la “cattura” è favorita dall’eccesso di “cose” che circolano in rete e dalla pessima abitudine di non andare oltre i titoli e soppesare i contenuti. Non c’è tempo e costa una fatica immane fermarsi a leggere, mentre si è distratti da messaggi che giungono simultaneamente dalla centrale di connessioni multiple in cui viviamo. Vedere, rispondere , ignorare, interagire nel migliore dei casi, ci obbliga a slalom in cui l’esercizio critico, riflessivo trova davvero poco spazio.
Dalla facilità a scambiare lucciole per lanterne, a quella di aderire alle mistificazioni del potere, il passo è breve.
La televisione resta un’altra fonte importante di notizie varie, assunte spesso a guisa di “ ipse dixit”, cioè verità dogmatica e indiscutibile che un tempo si richiamava al principio di autorità filosofica discendente da Aristotele. Un principio tanto intoccabile e inamovibile che dubitarne, invitare a superarlo aprendosi a nuove conoscenze e a usare procedimenti logici e razionali, poteva comportare accuse di eresia e processi davanti all’Inquisizione, soprattutto nel periodo della Controriforma.
La Chiesa, come è noto, è stata custode rigida e intransigente del sapere derivante dalle Sacre Scritture e della tradizione filosofica aristotelica. Sul monolitismo culturale aveva edificato il suo potere intoccabile.
Galilei fu la vittima più illustre della difesa gelosa e oltranzista della vecchia visione del mondo, fondata sul sistema aristotelico-tolemaico. La storia la si conosce: dalle accuse di eresia, al processo, all’abiura, alla condanna del carcere domiciliare a vita per lo scienziato. Alcuni potrebbero ignorare che la goccia che fece traboccare il vaso riguardo al pensiero di Galilei e alle sue scoperte, fu la pubblicazione, nel 1632, del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, opera complessa, in cui, in estrema sintesi, si sgretolava con argomentazioni solide e sottili, l’ipse dixit. Una goccia di cui approfittò, per motivi politici e personali, papa Urbano VIII, prima protettore dello scienziato, poi suo nemico, al quale premeva allontanare da sé il sospetto di eresia, mandando a processo, con la stessa accusa, un personaggio di fama europea quale il genio di Pisa.
Torniamo ai tempi presenti. A quanti di noi sarà capitato di sentire “lo hanno detto in televisione”, per asseverare una qualsiasi cosa, dalle previsioni del tempo al pescatore finito in bocca ad una balena, stando ad una notizia di pochi giorni fa?
Basta averlo sentito dal mezzo, per credere che una determinata cosa sia vera.
Malvezzo pernicioso che intorpidisce la ragione, la manda in soffitta, la accantona fino a farla ammuffire e atrofizzare. Il discorso è ampio. Manipolazioni, tendenze, influenze, pressioni, asservimento, livello culturale scadente, sono le variabili che incidono per una informazione distorta e, spesso, sensazionalistica. Sulla questione c’è una letteratura vasta e di spessore. Sarebbe pretenzioso dire di più.
Gli illuministi, con il loro ottimismo, erano certi di avere trovato il modo di liberare la ragione dalle tenebre dell’ignoranza. La mente/ lume avrebbe sconfitto tanti mali dell’umanità, di cui l’ignoranza è tra i più temibili.
L’irrazionalità, gli istinti di sopraffazione ineliminabili della nostra specie, la brama di potere, li smentirono nello stesso secolo in cui diffusero le loro idee.
E oggi, se un Voltaire redivivo, tornasse in mezzo a noi, in quali condizioni troverebbe la ragione? In un termine usato in medicina, severe. E senza francesismi, forse direbbe
:«Ma che cappero avete combinato ?»
Il «messer buon senso» del Dialogo di Galilei, sempre più bistrattato e raro.
A tre secoli circa dall’Illuminismo, da lotte, rivoluzioni, conquiste, barbarie, e siamo ancora fermi a disquisire sulla capacità degli uomini di avvalersi della testa, la propria testa? Purtroppo sì. E parrebbe confermato da studi serissimi, pubblicati sulla rivista “Procedings of the National Academy of Sciences” nel 2017, da cui si evidenzia una battuta di arresto nel nostro quoziente intellettivo a partire dagli anni ’70 del secolo scorso. Un declino inarrestabile dell’intelletto le cui cause sono da ricercare in molteplici fattori.
In effetti, dall’osservazione dei nostri comportamenti nella complessità odierna, appariamo poco intelligenti, apatici, rassegnati, indifferenti come se quanto accade e
incide nelle nostre vite, non ci riguardasse. La partita ambientale è quella che salta subito agli occhi, giocandosi sulla salute del pianeta, sul futuro dei nostri figli, dei nostri discendenti. Tormentare la terra, è segno di una dissennatezza inaccettabile che indica altresì la fine di un istinto primordiale: la conservazione della specie. Non solo procreiamo di meno, ma siamo scarsamente interessati a ciò che verrà dopo di noi e al mondo che lasceremo alle generazioni future.
Probabilmente, coloro che hanno in mano le leve del potere, contando sull’aumento della stupidità, allestiscono messinscene per sottometterci senza fatica e configurare la società secondo i loro desiderata. Quali? Non ci vuole una mente sopraffina per capirlo: una piramide di tipo medievale, alla cui sommità ci siano pochi grandi predatori con un certo numero di scribi al loro servizio- i media- e poi alla base, miliardi di schiavi. Un progetto non avveniristico né distopico, dato che la realtà è più assurda della fantasia, come pensava Pirandello. Basta guardare a cosa sta accadendo nel mondo del lavoro, e non solo nelle società che lo sviluppo non lo hanno visto mai nonostante la ipocrita definizione ” paesi in via di sviluppo” , ma in quelle occidentali, le nostre, in cui pochi rabbrividiscono al pensiero di ritirarsi una maglietta di dieci euro dai colossi dell’e-commerce, prodotta magari in Vietnam, e vedersela recapitare a casa in tre giorni, consegnata da un poveraccio della logistica, ultimo nella catena dello sfruttamento e dell’abbattimento dei costi per il massimo profitto dei padroni.
Tanto a noi che importa? Così, a cuor leggero, ordiniamo il cibo pronto, ignorando che dietro a un piatto del food delivery, vi è un mondo sommerso fatto di oppressione e ricatti, un vero e proprio caporalato digitale e brutale che gestisce i riders delle consegne, lavoratori fragilissimi nel grande tritatutto della gig economy.
Nascondere la testa nella sabbia, non voler sapere nulla di soprusi, diritti violati, accettare tutto, anche quando i potenti ci sbattono in faccia le aberrazioni e le menzogne di cui sono capaci, non ci salva né individualmente- pezzi di ricambio irrilevanti della mostruosa macchina del capitalismo elitista- né collettivamente, se il progetto è quello di un’umanità schiavizzata e terrorizzata da una qualsiasi minaccia, tra cui i virus- c’è da scommetterlo- saranno le nuove armi di controllo delle masse. Che amano essere ingannate, come argomenta brillantemente Theodor W. Adorno in un suo saggio sull’industria culturale.
Non sono pensieri balzani. La gestione strumentale di Covid 19, i cui fini non sono filantropici, lo dimostra in modo chiarissimo ed elementare. La malafede di quanti hanno guadagnato, guadagnano, guadagneranno da un virus di cui, prima delle cure, si sono immessi sul Mercato i vaccini, dovrebbe risultare manifesta. Bugiardi e disonesti.
Se non fosse abbastanza evidente, basterebbe seguire le tracce dei soldi, come aveva ben presente Falcone nella lotta contro la mafia. Tranquilli che si arriverebbe a capo della intricata matassa.
Per quelli che credono che la Covid sia una seria minaccia per l’umanità, una sola domanda: vi interessa sapere, se mai trovaste lo stesso profluvio di notizie che si hanno per l’Europa, come se la stanno cavando in Africa? Esiste o no una consistente parte della popolazione mondiale che vive in quel continente? E perché non se ne sa quasi nulla riguardo al morbo? Ah…i fratelli africani sono da secoli carne da macello. Non fanno testo. Non entrano nel computo delle vittime.
I polli da spennare, del resto, siamo noi, quelli che finora hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità e hanno avuto un lusso non concesso a tutti i nostri simili : la democrazia.
I suoi residui, vanno spazzati per farci ingoiare cose impensabili, ridurci all’obbedienza in nome della Dea Salute (privata), entità astratta e indifferente al destino dei singoli, intrupparci come soldatini, donando pure l’illusione agli imbecilli, di stare a cuore di chi comanda e di farli sentire importanti.
In tutta questa melma, assai torbida, i sempliciotti sono in parte giustificabili. Ad un Calandrino non si può chiedere di ragionare come fra’ Cipolla.
Minor clemenza invece per quelli ritenuti intelligenti.
Nessuno sconto per i molti intellettuali che non fiatano, per pagnotta, per paura o semplicemente perché sono, inaspettatamente, pure loro lucci presi all’amo.
«Ma quando, nel guardar più attentamente a que’ fatti, ci si scopre un’ingiustizia che poteva esser veduta da quelli stessi che la commettevano, un trasgredir le regole ammesse anche da loro, dell’azioni opposte ai lumi che non solo c’erano al loro tempo, ma che essi medesimi, in circostanze simili, mostraron d’avere, è un sollievo il pensare che, se non seppero quello che facevano, fu per non volerlo sapere, fu per quell’ignoranza che l’uomo assume e perde a suo piacere, e non è essa una scusa, ma una colpa; e che di tali fatti si può bensì esser forzatamente vittime, ma non autori ».
( Alessandro Manzoni, Storia della colonna infame)