E’ passato già qualche giorno dalle recenti elezioni regionali tenute in Lombardia e nel Lazio ma voglio dare la mia analisi del risultato elettorale.
In questi giorni ho letto ed ascoltato i commenti dei vari esponenti politici dei vari commentatori proni ai forti di turno. Che il risultato fosse scontato nel senso che avrebbero vinto i candidati della destra – centro era cosa nota, ciò che non era prevedibile era il calo impressionante della percentuale di coloro che si sono recati a votare. Dal 70% delle passate tornate elettorali al 40% attuale. Soltanto le elezioni regionali, che seguirono l’exploit del PD di Renzi alle elezioni europee, avevano segnato un’astensione di questo livello. Comparare tornate elettorali non danno la misura di ciò che sta succedendo, anche se in questo caso una prima avvisaglia si è avuta proprio alle ultime elezioni politiche quando, dato nazionale, a votare si è recato solo poco più del 64% degli aventi diritto al voto. Ipotizzare un ulteriore calo della partecipazione non era cosa tanto peregrina.
Ciò che mi ha lasciato interdetto, però, sono le dichiarazioni degli esponenti politici dei partiti di opposizione, in particolare la dichiarazione di Letta in merito allo scampato pericolo di un sorpasso del M5S nel Lazio e la successiva risposta del Presidente del M5S Conte. Messe assieme, il botta e risposta ha segnato un livello molto basso della politica italiana. Il punto non è l’egemonia del “campo progressista” o del “campo largo” o come lo si vuol chiamare, il nodo politico da sciogliere sono le proposte politiche, la visione di società sulla quale si vuole costruire l’alternativa ad uno dei peggiori governi dell’Italia repubblicana. Detto in altro modo le rispettive linee politiche sono entrambe uscite sconfitte e ciò che è emerso è che dietro la vicenda Lazio c’èra poco di politico e molto di personale. Il M5S durante le politiche, grazie ad una campagna elettorale ben guidata dal Presidente Conte, ha mirato a specifici target elettorali utilizzando battaglie di bandiera come il Reddito di Cittadinanza e il bonus 110%; il PD a guida Letta non ha toccato palla, il fantomatico “Terzo polo” Renzi – Calenda, ossia una lobby che si fa lista elettorale, ha dimostrato tutta la sua pochezza e lo scollamento con la realtà del nostro Paese. Il fu “Terzo polo” non è andato e non andrà oltre i quartieri bene delle grandi Città. Non è in grado di andare oltre la rappresentanza di quei ceti sociali benestanti legati a doppio filo ad un sistema che alimenta le posizioni di rendita delle quali godono. L’elettorato del cosiddetto “Terzo polo” non ha una posizione politica ben definita, sicuramente è ideologicamente neoliberale, individualista, globalista, “progressista” sui temi dei diritti civili, reazionario su quelli sociali, ma soprattutto molto attento alla salvaguardia delle posizioni di rendita delle quali gode. Non a caso Calenda, commentando il risultato elettorale delle amministrative, se l’è presa con gli elettori dicendo, sostanzialmente, che non capiscono nulla. Infatti, come possono milioni di elettori che stentano ad arrivare alla fine del mese comprendere le esigenze di Calenda fino al punto da condividerne la linea politica?
La destra centro, pur vincendo le elezioni (nel Lazio il risultato è stato ancora più di peso visto che era governato dal centrosinistra con la presenza di esponenti in giunta del M5S), non sta molto bene. In termini assoluti Fratelli d’Italia ha perso un numero consistente di elettori non compensato da una parte di voti sottratti agli alleati. Le ragioni di questa perdita di voti di Fratelli d’Italia non può essere attribuita a fatti solo locali, a distanza di quattro mesi dall’insediamento al Governo, la Meloni è molto più attenta al giudizio dell’establishment economico e finanziario internazionale oltre che al benestare degli USA e dell’UE che a mantenere gli impegni presi in campagna elettorale e durante la finta opposizione al Governo Draghi.
Va detto senza mezzi termini e senza giri di parole: la Meloni è Presidente del Consiglio non per i voti ricevuti ma perché ogni giorno è chiamata a fare atti di fede rispetto all’UE ma soprattutto rispetto agli Stati Uniti. La destra – centro vince in Lombardia e nel Lazio per mancanza di reali competitori.
Il M5S è ancora alla ricerca di una propria identità nonostante, a questo punto devo ipotizzare non ascoltati, i suggerimenti del sociologo De Masi. In due interviste, una su il Manifesto e l’altra su Il Fatto Quotidiano, De Masi ha di nuovo indicato la via al M5S e cioè la necessità di posizionarsi in via definitiva a sinistra dello schieramento politico per diventare una forza politica socialdemocratica in grado di rappresentare gli esclusi e i penalizzati dalla globalizzazione neoliberale.
Per quanto riguarda il PD non è certamente la Schlein la soluzione alla crisi, anche in questo caso di identità, che attraversa il partito. Della DC si diceva che era un partito di centro che guardava a sinistra, penso che il PD debba fare in modo chiaro e netto questo tipo di scelta. L’opposizione alla destra – centro al governo e quindi la possibile alternativa si costruisce solo se se le due principali forze che occupano il campo progressista invece di competere sovrapponendosi individuano specifici target elettorali ai quali rivolgersi, è questo l’unico modo per ampliare il consenso elettorale. A stabilire chi dovrà guidare e/o egemonizzare “il campo” saranno gli elettori. Data l’altissima astensione le possibilità di crescere in termini elettorali sono tante. Il livello di astensione ha raggiunto livelli tali che ormai definire democratico il nostro sistema politico è diventato difficile. La Democrazia si fonda su un alto livello di partecipazione al voto. Inseguire coloro che sostengono che l’elevata astensione sia il sintomo di una Democrazia matura significa prendere atto che tale sistema politico è “maturo” per essere messo da parte e sostituito da un altro sistema politico.
Per le destre il diritto di voto dovrebbe essere esercitato solo da coloro che hanno consapevolezza della scelta che si apprestano a fare o che hanno interessi da difendere e rappresentare. Esiste tutta una corrente di pensiero nel campo della filosofia politica che sostiene una tale ipotesi. Esistono anche correnti di pensiero che auspicano forme più avanzate di Democrazia, addirittura si parla di Democrazia diretta o anche di Democrazia partecipativa, modelli questi che fanno riferimento all’uso delle nuove tecnologie della comunicazione. Penso che siamo, comunque, in presenza di uno svuotamento della Democrazia. Esperimenti come quello condotto in Islanda per riscrivere la Costituzione, un processo per così dire partecipativo, alla fine si è rivelato fallimentare a riprova che non sono modelli fantasiosi a poter in qualche modo rivitalizzare la Democrazia. Questo per dire una cosa molto semplice e cioè che la Democrazia per essere rivitalizzata ha bisogno di corpi sociali intermedi, tra questi sono da ascrivere i partiti politici.
Al fine di evitare che il nostro sistema politico degeneri in una sorta di pura e semplice competizione tra ceti che vedono la politica come una attività imprenditoriale bisogna, perciò, che i partiti vengano rifondati.La costruzione dell’opposizione oggi e dell’alternativa domani passa attraverso la rifondazione dei partiti che si richiamano al campo progressista. Purtroppo le dichiarazioni dei leader di queste forze politiche, all’indomani della sconfitta sono state,politicamente parlando, il nulla. Faccio notare in conclusione che il vuoto in politica non è ammissibile per cui potrebbe essere occupato da altri con effetti devastanti sul nostro sistema politico. Solo ceti politici mediocri non hanno consapevolezza di questo pericolo.
Fonte foto: Virgilio Notizie (da Google)