La sentenza dell’Economist e le sue motivazioni
Le sentenze politiche sono come quelle giudiziarie. Si possono approvare sino a farle proprie. Si possono contestare. Ma si possono anche valutare in base alle loro motivazioni.
Un esercizio, quest’ultimo, che, nel caso specifico, consiglierei vivamente alla nostra opposizione. Sappiamo tutti che il Pd, incapace di vincere con le sue armi il confronto con la destra, tende automaticamente ad invocare “soccorsi esterni”, siano essi della magistratura o, soprattutto, dell’Europa e ad accettarli a scatola chiusa. Ma, nel caso dell’Economist, un minimo di cautela non sarebbe male.
Consideriamo, innanzitutto, il pulpito da cui viene la predica. La rivista inglese, faziosissima nei suoi giudizi, quanto brillante e spregiudicata nelle sue analisi, è il Verbo dell’ordoliberismo. E come tale nemica giurata e in linea di principio di tutto ciò che vi si oppone: fuori dal “mondo libero” regimi statalisti e autoritari e, al suo interno, populisti di ogni natura. E, viceversa, disposta, diciamo così, a concedere le circostanze attenuanti ai regimi autoritari dalle pratiche, se non liberali, almeno liberiste.
Ciò posto, a cosa deve Salvini il ruolo di nemico pubblico numero uno ?
Al suo autoritarismo di stampo fascista ? Balle, ci risponde subito il nostro oracolo preferito. E’ vero; i suoi avversari tentano affannosamente di affibbiargli questa etichetta. Ma le loro motivazioni ( rapporti con Casa Pound, il suo stile) sono inconsistenti; e poi l’Italia è un paese troppo “pluralista” ( leggi casinista) per tollerare regimi siffatti.
Il suo atteggiamento verso i migranti ? Anche qui tutta retorica a uso e consumo dei suoi elettori. Anche . perché si gonfia un problema che non esiste. E non esiste, ci ricorda l’E., grazie alle politiche “dure”dei governi precedenti che hanno ridotto gli arrivi da 180000 nel 2014 a poco più di 3000 nel primo semestre del 2019. E, aggiunge a buon conto il nostro settimanale: “non fatevi ingannare dalle proteste europee. Macron si straccia le vesti per le vicende della Diciotti o di Sea watch; ma, al dunque, la Francia chiude i porti esattamente come l’Italia.
I suoi rapporti con la Russia ? Male, come del resto i suoi attacchi a Bruxelles, perché irritano inutilmente le autorità europee. Ma solo per questo. Perché, nello specifico, non gli consentono di costruire alcuna alleanza sovranista. Quest’ultima non esiste in natura ma solo nelle fantasie degli europeisti senza se e senza ma. E non esiste perché i paesi dell’Est sono i grandi beneficiari dell’attuale sistema; e perché il loro amico del cuore non è certo Putin ma piuttosto Trump.
Rimane, allora, la questione del deficit o, più esattamente, del debito. L’articolista, è vero, si sofferma a lungo sul primo problema e con dovizia di dati e di analisi. Ma per concludere che, in materia, ci sono, dopo tutto, margini di intesa. Mentre quello che la Commissione non potrà mai tollerare è l’assenza di qualsiasi impegno serio per la riduzione del debito; che, udite udite, dovrebbe scendere, secondo gli impegni assunti dai precedenti governi ( e dal Parlamento italiano), dal 130% e passa attuale al 60%.
Che si tratti di una missione impossibile, l’autorevole settimanale lo sa benissimo. Come sa ( o almeno dovrebbe sapere ) che le misure che stucchevolmente ripropone ( meno burocrazia, meno vincoli, meno giudici, meno sindacati, meno pensioni) sono già ampiamente praticate e con esiti ampiamente negativi.
Ma non importa. Perché l’esercizio cui veniamo ritualmente chiamati è in realtà un esercizio morale, anzi un atto di sacrificio agli dei. Dare segnali di ravvedimento, impegnarsi a cambiare rotta; ma a fronte di un peccato che nulla potrà cancellare: il Debito originale. Che ci rende, collettivamente, e da sempre,il “paese più pericoloso d’Europa”. Mentre Salvini è, tutt’al più, un populista balzano e imprevedibile. E, solo per questo, occasionalmente pericoloso.
Se, allora, fossimo dirigenti del Pd, ci penseremmo sette volte prima di invocare gli ordoliberisti a sostegno della nostra, diciamo così, battaglia. Ma, per nostra fortuna, non lo siamo.
Fonte foto: EuropaToday (da Google)