I giornalisti di regime si stupiscono nell’apprendere che Casa Saud ed Israele collaboreranno militarmente contro l’Iran ed il movimento di liberazione nazionale libanese, Hezbollah. Il ‘’Pinochet saudita’’, Mohammad Bin Salman, sta cercando di fare leva sul palestinese Abu Mazen spingendolo a svendere il proprio popolo al wahabismo. Si tratta di novità? La realtà è ben diversa rispetto a quello che dicono i mass media, Israele ed Arabia Saudita condividono la stessa politica criminale da diversi decenni. Adesso pianificano una nuova guerra, un ennesimo crimine sponsorizzato da Trump e dai suoi deliranti collaboratori.
Lo Stato sionista e la monarchia wahabita condividono lo stesso orizzonte reazionario dal 25 marzo 1975, anno in cui venne assassinato Re Faisal. Chi era questo monarca? Il re dell’Arabia Saudita, Faisal, come scrive Diego Siragusa nel suo ‘’Il terrorismo impunito’’ era un sincero amico dei palestinesi ed aveva compreso la giustezza della loro causa. Faisal, in quanto islamista, era un feroce anticomunista ed alcuni dirigenti dell’OLP, come Khaled Hassan, lo dovettero convincere che la presenza dei marxisti all’interno dell’organizzazione antimperialista serviva soltanto a garantire la pluralità all’interno dell’OLP stessa. Gli elementi di estrema sinistra – spiegava Khaled Hassan – non potevano essere espulsi senza compromettere l’identità democratica dell’intera organizzazione.
Faisal, cercò di sfruttare le contraddizioni fra la borghesia nazionalista USA e la lobby sionista stringendo stretti rapporti col presidente Nixon il quale, pochissimi sanno, aveva sulla politica mediorientale forti divergenze con Kissinger. Nel bel mezzo dei suoi guai con il Watergate, il presidente ebbe uno scambio epistolare con Faisal. Le sue parole sono alquanto eloquenti: ‘’Vostra Maestà, abbia fiducia in me che darò giustizia ai palestinesi’’. La lobby sionista, del resto, sapeva delle divergenze fra Nixon e Kissinger sulla questione israelo-palestinese ed usarono lo scandalo Watergate per destituire un governo non del tutto dipendente.
Lo storico Diego Siragusa, a pag. 189 del suo libro, riporta queste interessanti parole di Nixon, citate da Seymour Hersh e confermate da Alan Hart: ‘’Abbiamo deciso di aiutare il re. Non possiamo permettere che gli ebrei americani decidano la politica’’. La borghesia israelo-statunitense deciderà la politica del paese? Sarà, come ha dimostrato James Petras, proprio quello che è successo in seguito con Kissinger ed i neoconservatori i quali hanno preso in custodia l’imperialismo nord-americano ridotto a fare guerre d’aggressione, criminali e controproducenti (come quella contro l’Iraq), per conto d’Israele. Una storia più o meno nota.
Re Faisal era nel mirino del Mossad, aveva destabilizzato troppi interessi padronali. Il 25 marzo 1975, durante un incontro pubblico, suo nipote, Faisal bin Musa’id, figlio di un fratellastro del re, gli sparò per vendicare – secondo la sua improbabile versione dei fatti – suo padre assassinato dalla polizia durante una manifestazione a cui aveva preso parte. Musa’id venne dichiarato ‘’malato di mente’’ e condannato a morte. Questa è l’ennesima, ambigua ed illogica, versione ufficiale. Il giornalista Alan Hart riportò la testimonianza di Khaled Hassan che – come abbiamo visto – conosceva molto bene il re. Khaled – scrive Hart – riferì che il Mossad mise a fianco di questo giovane ragazzo, provato psicologicamente, una sua giovane donna la quale gli stette accanto quando era negli USA. Fu lei, attraverso l’utilizzo delle droghe, a far maturare in Musa’id il sentimento della vendetta per poi, subito dopo il delitto, sparire facendo perdere le sue tracce. I servivi segreti sauditi avevano annotato che questa donna era una ‘’fervente sionista’’. Anche fra gli osservatori dell’ONU c’era l’impressione che il ‘’re antisionista’’ fosse stato ucciso dagli statunitensi. Il solito copione.
L’Arabia Saudita, dal 1975 in poi, è stata commissariata da Henri Kissinger diventando compartecipe dei crimini sionisti in Palestina (Casa Saud fu coresponsabile dell’Operazione Piombo Fuso); il wahabismo è una ideologia gemella del sionismo, partorita dal colonialismo britannico e dai suoi vassalli coloniali. Non esistono altre letture. Il ‘’Pinochet’’ wahabita, Mohammad bin Salman, non si è inventato nulla; Casa Saud prepara un nuovo massacro su larga scala, lo Yemen è soltanto un punto d’inizio.
Secondo Thierry Meyssan, l’Arabia Saudita ha accettato il discorso di Trump contro il terrorismo wahabita e sta per transitare verso un ‘’nuovo’’ dispotismo illuminato. Purtroppo Meyssan, dall’elezione di Trump in poi, sbaglia una analisi dietro l’altra: Trump ha perso la sua battaglia contro l’oligarchia USA, l’aristocrazia feudale che da decenni governi il paese, mentre sionismo e wahabismo preparano una nuova guerra. Il sociologo James Petras ha scritto un articolo di gran lunga più attendibile, leggiamo: ‘’La retorica anti-iraniana di MBS e le minacce selvagge di attaccare Teheran potrebbero aver eccitato il primo ministro israeliano Netanyahu e il suo nuovo barboncino alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma questo non ha impressionato i generali del governo Trump o i banchieri di Wall Street. Il regime instabile di MBS, la sua guerra e la vendita del petrolio non creano le basi politiche ed economiche necessarie per un’economia moderna, sofisticata e diversificata. La maggior parte degli osservatori conclude che la vendita di ARAMCO sia un affare una tantum con pochi vantaggi in termini di posti di lavoro qualificati, imprese locali e diversificazione economica. Al momento, MBS ha “conquistato” l’ex-governatore dello Yemen, il deposto ed impopolare Abdrabuh Mansur Hadi. I suoi poteri di persuasione hanno fatto magie sull’ex-sfidante o ex-esiliato primo ministro libanese Sad Hariri e sul geograficamente incompetente presidente Trump. MBS assume i massimi ex-dirigenti di Stati Uniti e Regno Unito per gestire la vendita del petrolio. Intende presentarsi da “despota modernizzante”, almeno finché il prossimo intrigo principesco lo caccerà dal potere. Nel frattempo si piazza da potentato “moderno” del Medio Oriente, protetto da clan tribali, disprezzato dal popolo, in privato ridicolizzato dai suoi adulatori esteri ed abilmente “assistito” da stranieri arruolati. Senza dubbio sarà rallegrato da qualsiasi pagliaccio occupi la Casa Bianca degli Stati Uniti. Per ora, i sauditi possono ancora attrarre mercenari, picchiare e affamare milioni di yemeniti, vendere petrolio e continuare a finanziare attentati terroristici a Beirut, Baghdad, Parigi e… New York!’’ 1. Ci troviamo – per l’ennesima volta – innanzi ad una svolta, o meglio rimodellamento reazionario, del capitalismo islamista magari proprio sul ‘’modello’’ turco. Il principe ereditario ha colpito l’establishment religiosa non per spirito di laicità ma, semplicemente, per imporre il culto della sua persona; il suo potere dittatoriale non durerà a lungo. Casa Saud, nello Yemen come in Libano, verrà sconfitta dai movimenti di liberazione nazionale e, ben presto, potrebbe veder sorgere un movimento democratico interno che potrebbe ricoprire quel vuoto lasciato dai predicatori oscurantisti. Là dove l’islamismo non c’è più, scompare o non inganna, potrebbe sunbentrare, nella coscienza collettiva, l’idea di uno stato sociale. Solo così si potrà arrivare alla fine dell’orrenda monarchia wahabita ed avere, finalmente, l’instaurazione di una Repubblica popolare ed anti-teocratica saudita. Il progetto sionista di ‘’balcanizzazione’’ del Medio Oriente fallirebbe, per il bene dei popoli, una volta per tutte. Un futuro auspicabile.
https://www.linterferenza.info/contributi/legami-regionali-globali-dellarabia-saudita/
Foto: Fox News (da Google)