Pian piano emergono anche per il grande pubblico, fino a oggi così contrito nell’ammirazione per le ragioni del mondo cosiddetto libero, i reali motivi del conflitto in terra ucraina.
Le parole di Biden in Polonia non giungono a caso e sono diretta conseguenza di tutta la strategia statunitense che prosegue imperterrita. Dopo aver organizzato sempre più massicce esercitazioni della Nato ai confini russi, riempito la zona di suoi militari, finanziato movimenti politici e paramilitari dai sentimenti anti-russi (ideologicamente compromessi dai gangli dell’ideologia nazionalsocialista), armato pesantemente l’esercito ucraino per innalzare il livello dello scontro nelle Repubbliche indipendenti, si voleva una reazione russa per costringere i paesi europei a un nuovo accodamento sugli interessi imperiali statunitensi.
Il richiamo alle gesta di Giovanni Paolo II è paradigmatico. Quel Papa così accondiscendente verso regimi fascisti, così tenace nel contrastare la teologia della liberazione nella Chiesa Sudamericana e così pervicace nella lotta al blocco socialista rappresenta una vera e propria icona del mondo controllato dalla potestas indirecta nordamericana.
Così mentre la Russia fa capire che una volta evacuate le zone russofone, dove proseguono gli arresti delle bande paramilitari naziste, una volta certificata la futura neutralità Ucraina, le ragioni della guerra verrebbero meno, gli USA innalzano il livello dello scontro.
Non a caso si mette in guardia la Polonia, nuovo guardiano nel cuore dell’Europa degli interessi USA, per una mobilitazione costante in chiave bellica.
La crisi egemonica politica e culturale degli Stati Uniti non può che risolversi in una destabilizzazione europea, in una crociata contro quei paesi non così affascinati dalla colonizzazione dei capitali fluttuanti occidentali e in una de-sovranizzazione radicale dei suoi alleati storici. Con conseguente abbassamento dei livelli di benessere.
L’evocazione di un Regime Change russo fa comprendere che gli USA non hanno alcuna intenzione di pacificare il conflitto.
Questa svolta reazionaria che ridefinisce in termini cruenti il totalitarismo liberale, concede al Partito Democratico il ruolo di interprete autentico. Di garante del sistema atlantista. Un compito che storicamente ha accettato e perseguito, consapevole delle conseguenze antisociali e antinazionali che esso comportava.
Per questo oggi Draghi è considerato dal mondo intero non più che un ventriloquo di Washington. Un maggiordomo. Neanche troppo scaltro.