Ultimamente mi capita di rivivere in sogno i problemi o gli eventi che mi stavano tormentando poco prima di addormentarmi .
Lasciando a voi il compito di stabilire se siamo di fronte ad un Segno oppure dei primi sintomi di un male che non perdona, vengo subito al punto. Al fatto che questa notte il problema che mi tormentava era quello del Perù. O, più esattamente, delle recentissime elezioni presidenziali.
A prima vista l’evento mi aveva entusiasmato. E ancor più la figura dell’Antagonista. Da una parte la degna erede di un padre corrotto e fascista (ed essa stessa sotto processo per ragioni analoghe). E’ vero, l’illustrissimo Mario Vargas Llosa, aveva invitato a votarla come “minor male”; ma questo non fa che confermare chi è la Fujimori e chi è Vargas Llosa.
Dall’altra un poveraccio, di nome Castillo, emerso da luoghi sconosciuti ma, sissignori, con il fuoco dentro. Un fuoco che lo aveva portato a creare gruppi di autodifesa nella sua terra contro i fanatici di Sendero Luminoso ma anche contro “quelli del governo” che, in nome del ripristino dell’ordine, si comportavano esattamente come i senderisti, se non peggio. E, ancora un fuoco che lo ha portato ad essere insegnante ( il mestiere più bello del mondo !) e ad aprirsi all’universo che lo circondava, così da essere chiamato a dirigerne il sindacato, ponendolo all’avanguardia delle lotte contro il Potere costituito. E, ancora e ancora, a candidarsi alle presidenziali con una campagna elettorale condotta con parole che entravano miracolosamente nelle menti e nei cuori delle persone, al punto di fargli conseguire la maggioranza in quasi tutte le provincie del Perù e di portarlo ad una vittoria, certamente di stretta di misura, ma pur sempre una vittoria. Di una persona che poteva vincere o perdere nel futuro; ma che non avrebbe mai tradito.
Per me, il massimo della vita. In tempi normali di che festeggiare con i vecchi amici della sinistra che fu ( ce ne sono ancora nel mio quartiere, sapete ). Ma, anche in questi tempi calamitosi, di che gioire assieme alle tante, tantissime persone che, da ogni parte del Sud America, stanno attivamente riscoprendo cosa siano il socialismo e la democrazia; e senza che nessuno glielo abbia insegnato.
Ma, leggendo i giornali italiani ( ma, in questo caso, anche quelli stranieri), sono stato invaso dai dubbi. La Borsa che crolla. Gli investitori in fuga. E fin qui ci siamo. Ma, poi, il carico da undici. Un bifolco e pure, ohibò, per giunta “marxista”. L’estremista di turno. E fin qui ancora ci siamo; anche se con un leggero senso di nausea. Ma poi, e “da chi se ne intende”, un fanatico ignorante che crede in Dio e nella famiglia, peggio ancora, “naturale” e, orrore dell’orrore degli orrori, che considera la questione degli Lgbt “non un problema prioritario”. Mentre, da primitivo qual è, considera tali vere anticaglie come i servizi sociali, la redistribuzione del reddito puntando ( ma qui stiamo entrando nel museo delle cere) sulla fiscalità progressiva, le nazionalizzazioni e una generale estensione della democrazia partecipata
Né, a rincuorarmi, c’era il Manifesto. Un giornale, dedito al lutto, fino ad essere incapace di provare il minimo piacere in presenza di qualsiasi evento minimamente positivo. Un giornale che prova passione per la sinistra ma solo per quella che c’era e non c’è più e/o per quella che è stata, in ordine discendente, distrutta, oppressa, conculcata, sconfitta o alla vigilia di esserlo. Riservando a quello che appare agli ignari protagonista di successi l’attenzione potenzialmente sfavorevole che si riserva a quelli privi di adeguate credenziali o a quelli destinati, comunque, ad essere vittima delle loro “insanabili contraddizioni”. Un atteggiamento comprensibile per un vecchio compagno sempre pronto a paragonare le luci del tempo che fu con le miserie del tempo presente. Ma quanto disdicevole, se non peggio per un “quotidiano comunista”; perché un comunista, o un socialista o un uomo di buona volontà può essere tutto, ma non iettatore.
Dico queste cose, grazie al sogno che ho fatto stanotte. E che vi voglio raccontare nel modo più breve possibile.
Stavo girando per Lima, in solitario, con il cuore pesante e il cervello confuso. Quando compaiono, di fianco due persone. Con la prima che stringe affannosamente le braccia della seconda e gli dice, con voce appassionata e con parole sempre più chiare: Dimmelo tu ! Dimmelo tu ! Dimmi se c’è stato un giorno, un solo maledetto giorno nella storia di questo nostro disgraziato paese, in cui la nostra gente non sia stata vittima di ingiustizie ! Dimmelo tu!”
Ricordo nitidamente di aver sentito il “dimmelo tu” e percepito la passione indignata che l’animava così come l’oggetto che l’animava; tutto il resto, soggetto- il nostro eroe- e oggetto- il nome del suo paese e le sue sofferenze, mi è parso subito chiarissimo, e nel corso dello stesso del sogno.
E questo vorrà pur dire qualcosa. E qualcosa di bello.
Per questo ci tengo a raccontarverlo.
Fonte foto: Italia Cuba (da Google)