Femminismo, movimenti lgbt e diritti individuali: l’inganno del capitale

L’inganno dei diritti individuali

L’attuale fase del capitalismo si caratterizza non solo per il consumo e per l’inganno dell’economia verde, ma per la produzione strutturale di menzogne ideologiche in modo sistemico, tra gli inganni, vi è anche l’uso dei diritti individuali al fine di legittimare il capitale. Essi sono utilizzati come mezzo ideologico da contrapporre non solo  ad ogni sistema politico che si oppone agli interessi della finanza, ma anche per neutralizzare ogni dialettica sulle contraddizioni che lo attraversano. I diritti individuali, sulla cui validità etica  nessuno dubita, sono usati come arma politica, ideologica e militare. Il capitalismo assimila, ingloba per poter svuotare il fondamento etico di ogni realtà, deve derealizzare, trasformare il reale in irrazionale per poter regnare. La razionalità-realtà dialettica non solo riconosce i diritti individuali, ma non idealizza e specialmente non opera producendo stereotipi, ma riconosce l’universale fondamento dell’umanità che si manifesta nelle differenze. L’unità dell’umanità è mediata dalla storia e dall’unicità di ogni persona. Il capitalismo assoluto opera diversamente, riconosce le differenze, le produce secondo schemi seriali senza fondarle su una comune sostanza umana. Il risultato è la perversione delle differenze, esse sono osannate dal circo mediatico, perché sono il mezzo per confermare il multiculturalismo e con esso il nichilismo. Le differenze devono essere organiche al sistema capitale, devono confermare nelle loro abitudini, nella loro prassi di vita i valori del capitale: il consumo, l’eccesso, l’assenza di ogni identità ed autorevolezza. Ogni identità liberata dev’essere nel segno dell’illimitato, deve essere disumanizzata ed incorporata nel mercato.

 

Femminismo capitale

Il femminismo come la liberazione delle persone omosessuali è oggetto della stessa violenza: si nega la specificità della persona per ridurla a stereotipo socialmente accettato. Gli stereotipi sono sempre bugiardi e falsi, sono una forma di riduzionismo. Il capitale con gli atei devoti ad esso asserviti, si scandalizzano dinanzi agli stereotipi tradizionali, ma ne producono di tarati e funzionali al regno del capitale. Le donne non vengono riconosciute come persone di genere femminile, ma divengono “femmine” con l’aggiunta del suffisso “ismo” che nega la loro umanità e differenza per ridurle a femmine che devono essere liberate dai ruoli tradizionali e dagli attributi di genere e personali per diventare femmine in carriera liberate e solitarie. Libere al punto da essere atomi in carriera per ottenere questo risultato bisogna negare il concetto di persona, di universale per sostituirlo col concetto di femmina e dunque femminismo. Si crea così una faglia col mondo degli uomini e degli altri esseri umani. La faglia è il mezzo con cui il capitale divide ed organizza la sua guerra orizzontale per impedire che si scorgano le contraddizioni del sistema. Si producono stereotipi osannati dal circo mediatico: ogni comportamento delle donne, ogni loro decisione è indiscutibile, non sbagliano mai, sono il meglio dell’umanità. In questo modo divengono la testa di ariete del capitale, sono usate per abbattere ogni opposizione al capitale. Naturalmente è sufficiente osservare gli eventi politici a noi contemporanei, senza spostarsi sulla linea del tempo della storia, per verificare che le donne commettono errori come ogni essere umano, e che il valore non dipende dal genere, ma dalla persona. L’osanna verso le donne diventa la pubblica gogna per gli uomini che sono “per costituzione naturale” meno intelligenti, meno empatici, meno intuitivi, meno tutto. Ogni esemplificazione è sempre mentitrice, ma trova facile ascolto verso i popoli plebeizzati nelle coscienze.

 

Non più persone, ma gay

La liberazione degli omosessuali è argomento ancora più spinoso, non devono essere persone che hanno tra le innumerevoli caratteristiche l’essere omosessuali, ma devono essere “gay”, ovvero devono diventare un’identità a parte costruita secondo i modelli anglosassoni. Il gay liberato, dall’identità fluida consumatore vorace di sesso e relazioni precarie diviene l’orizzonte ideale verso cui  il capitale spinge l’umanità, in quanto la globalizzazione nichilistica e finanziaria esige flessibilità, precarietà, adattabilità e specialmente atomismo affettivo. Anche in questo caso, la violenza che si cela dietro la liberazione è inaudita. Le persone omosessuali sono negate nella loro specificità individuale per essere curvate su uno stereotipo programmato dal capitale.

La discussione politica è sostituita con lo spettacolo, perché il capitale è logofobico, teme la parola come fonte di comunione collettiva per umanizzarsi; predilige l’immagine che deve invogliare al consumo, la falsa allegria che nasconde la quotidiana mortificazione di ciascuna persona uomo  o donna che sia.

Si pensi al Gay Pride, è lo strumento per spettacolarizzare una differenza, ridurla a  fenomeno da baraccone che offende la sensibilità e l’intelligenza di tutti, specialmente di coloro che esigono l’emancipazione ed il riconoscimento di persone, ma cadono in una nuova caverna. Più pericolosi degli stereotipi tradizionali sono gli stereotipi prodotti dal capitale, poiché si presenta come liberatore per ingabbiare le persone in modelli che negano la genericità della natura umana trasformando le donne in femmine anglosassoni e le persone omosessuali in gay, modello importato dagli Stati Uniti.  Costanzo Preve aveva ben compreso la violenza di tale  dinamica, la quale dev’essere denunciata nella sua violenza ideologica, produce nuovi razzismi e perpetua gli antichi in nuove forme:

“Un conto è salvare la speranza razionale, altra cosa invece, secondo me, è formulare speranze utopiche che le donne indiane, i contadini dell’America latina, che gli indios aimarà e quechua ecc. sostituiscano il soggetto emancipatore della teoria di Marx e cioè la classe operaia salariata come avanguardia politica organizzabile del lavoratore collettivo sociale. Noi siamo di fronte a una attraversata del deserto, non possiamo togliere al comunismo né la prospettiva e neppure il presupposto che il capitalismo stesso produca i suoi seppellitori. Il fatto però è che non sappiamo più se li produce davvero o no. In un certo senso il marxismo è entrato nella fase pascaliana del dubbio e della scommessa. Noi non siamo abituati a passare da Tommaso D’Aquino a Pascal e cioè, fuor di metafora, da una teologia razionalistico-aristotelica che pretende di dimostrare dio, a una teologia del dubbio per cui quello che prima era una sicurezza positivista è solo una scommessa. È il dramma della nostra generazione ed è la ragione per cui molti hanno abbandonato completamente la prospettiva comunista perché non la vedevano più, in quanto l’avevano legata alla classe operaia di fabbrica, in Italia addirittura nella variante operaista dell’operaio massa. Quanto a quelli che lei chiama i movimenti per i nuovi diritti, dico che ridurre la rivendicazione da parte di gruppi sociali o sessuali oppressi, per esempio le donne, specialmente del terzo mondo, e gli omosessuali anche dai noi, unicamente target del politicamente corretto sarebbe sciocco; perché, se è vero che il politicamente corretto s’impadronisce di queste esigenze per contrapporle alla eguaglianza sociale, se ci limitassimo a dire questo rimarremmo prigionieri delle sue strategie. Io tuttavia distinguerei fra donne ed omosessuali. Il movimento femminile, non femminista, ha conseguito grandi risultati in Europa, nei paesi scandinavi addirittura c’è una eguaglianza totale e anche una femminilizzazione ideologica della società. Nei paesi ebraico cristiani ha conseguito una eguaglianza di fatto nel mondo del lavoro e anche -una maggiore autonomia all’interno della famiglia anche se le donne in Italia, in Grecia e in Portogallo (molto più che non in altri paesi), hanno un carico maggiore per quanto riguarda la riproduzione della famiglia stessa: lavori domestici, cura dei figli e degli anziani e così via. Il fatto che ci sia un sollevamento delle donne oppresse nei paesi musulmani, induisti e buddisti è molto positivo. Il femminismo però è un fenomeno diverso, della piccola borghesia intellettuale occidentale posteriore al ’68 e personalmente, su di esso il mio giudizio è negativo, ma lo separo totalmente però dai movimenti femminili. Io non concordo con le politiche separatiste e le cosiddette gender politics e distinguo fra movimento femminile e femminismo, anche se mi rendo conto che le femministe si identificano come un’avanguardia dei movimenti femminili in generale, ma il discorso si farebbe molto lungo. Per l’omosessualità distinguerei fra omosessuale e gay, sebbene io sappia che le parole si sovrappongono. Il diritto dell’omosessuale a vivere il suo rapporto socialmente accettato e anche garantito da forme giuridiche di reversibilità testamentarie e altro, per me deve essere sostenuto e bisogna condurre quindi una battaglia culturale anti omofoba. Quanto al gay pride e altre manifestazioni io credo che siano forme di spettacolarizzazione della politica che alla fine provocano inutilmente soltanto reazioni fascistoidi e feroci della parte più ignorante, intollerante e stupida della società. Non la giustifico, naturalmente, ma non vedo perché bisogna provocarla a tutti i costi. Non credo che le manifestazioni tipo gay pride aiutino l’emancipazione degli omosessuali, ma tendono a porre delle specie di show provocatori di tipo anglosassone che sono totalmente incorporate nella società dello spettacolo. Io credo che bisogna avere il coraggio di dire anche questo; la sinistra questo coraggio non ce l’ha perché ha introiettato la paura del politicamente corretto e questo non serve a nessuno. Quanto all’altra parte della sua domanda, io non sono sicuro che quello che si chiama globalizzazione esista veramente. Esiste una globalizzazione finanziaria, ma non una globalizzazione sociale e politica; o meglio esiste una globalizzazione finanziaria sotto l’egemonia del multiculturalismo statunitense. Io sono meno ottimista di altri. Viene meno la classe operaia proletaria metropolitana ma in compenso arrivano altri soggetti: i contadini poveri del terzo mondo, le masse africane e così via. Questo è assolutamente vero ma non pensiamo che costoro possano sostituire il soggetto. Dico semplicemente che mettono in atto condizioni e prospettive nuove all’interno di un panorama nuovo, da cui forse nascerà qualcosa; è una scommessa che si vedrà nei prossimi decenni e la nostra generazione non la vedrà[1]”.

Emanciparsi significa riconoscere le differenze all’interno della comune appartenenza. La violenza nichilistica del capitalismo assoluto opera dividendo, solleticando nuovi pregiudizi, organizzando la guerra interna agli Stati in modalità orizzontali per impedire che si scorga il reale ed il razionale di tale congiuntura storica. Siamo tutti diversamente sudditi di una struttura economica che non conosce altro linguaggio che il profitto, la violenza e l’alienazione. Gli intellettuali e gli uomini e le donne di buona volontà devono riappropriarsi dell’universale per poter smascherare le parzialità del sistema con i suoi paradigmi infetti, perché ciò avvenga bisogna riportare la politica al centro, la comunità che dialoga, invece il capitale ha sostituito la politica con lo spettacolo trasversale che nega l’umanità per il trionfo del capitalismo assoluto. Compito della filosofia è discriminare il falso modernismo dalla vera emancipazione umana, e specialmente ha la funzione di denunciare i nuovi razzismi prodotti dal capitale e dalla sua illimitata capacità di assimilare ogni gruppo umano per svuotarlo della sua umanità.

[1] Costanzo Preve Apriamo i sigilli Petite plaisance Pistoia 2010 pp. 6 7 8

Quotes Feminist Women do it better" Spiral Notebook by popcarol ...

Fonte foto: Redbubble (da Google)

1 commento per “Femminismo, movimenti lgbt e diritti individuali: l’inganno del capitale

  1. Alessandro
    24 Agosto 2020 at 11:40

    Articolo che fa da pendant al precedente ed è altrettanto incisivo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Dichiaro di essere al corrente che i commenti agli articoli della testata devono rispettare il principio di continenza verbale, ovvero l'assenza di espressioni offensive o lesive dell'altrui dignità, e di assumermi la piena responsabilità di ciò che scrivo.