Dato lo stato eccezionale e le esigenze di salute pubblica di questo nostro sciagurato momento storico, la tecno-scienza avanza incessantemente senza praticamente ricevere opposizione di sorta. Interi popoli, composti dapprima di cittadini, negli ultimi decenni erano stati lentamente trasformati in meri consumatori. Ora, il passo che si sta realizzando è quello di visualizzarli in maniera ancora più passivizzata. I cittadini della vecchia Europa rischiano di essere concepiti, non più soltanto come produttori e consumatori, ma precipuamente in quanto “pazienti”. La medicalizzazione della società procede verso un obiettivo che ricorda la mobilitazione delle masse che risale ad alcuni periodi assai poco edificanti, oltre che estremamente drammatici, della storia europea del secolo scorso.
La tecno-scienza, in questa fase tanto fortemente drammatica, sta gettando/progettando i presupposti per un dominio ancora più capillare sui nostri corpi e sulla nostra capacità “immaginale”, mitopoietica e sulla nostra libertà naturale. Il dominio sull’uomo non potrà essere completo – di questo il potere ha contezza estrema – fino a quando non si saranno smantellate le possibilità naturali di critica e perfino di errore che da sempre caratterizzano gli esseri umani. L’affidamento cieco da parte di noi tutti ai chierichetti della politica, guidati dalla tecno-scienza e tenuti in costante osservazione dalla tecno-finanza, riduce ulteriormente le possibilità di una umanità già indebolita e infiacchita da decnni di consumo irriflesso e irresponsabile del mondo e di se stessa.
Grazie allo stato d’eccezione e in virtù della dittatura affidata agli “esperti”, c’è il rischio che il deserto della tecnica avanzi ulteriormente, erodendo zone di libertà e di partecipazione che, prodotte da secoli di battaglie politiche, erano sancite come diritti incancellabili degli esseri umani. Sotto la pressione di “dati di fatto oggettivi”, ciò che un tempo faceva parte dell’esperienza vivente degli uomini viene ormai tradotto integralmente all’interno di piattaforme informatiche che nulla hanno di umano ma che rendono l’uomo stesso null’altro che un’appendice poco significativa della mega-macchina universale, definitivamente succube di potenze irresistibili, e ormai indiscutibili, che governano la terra all’insegna del denaro e dell’ordine imposto da logaritmi e software “intelligenti”.
Anche a me, dopo decenni di insegnamento in aula, per la prima volta nella mia vita, mi è toccato di fare lezioni universitarie online. In fondo, è andato tutto bene. Bene nel senso che la partecipazione degli studenti, sia dal punto di vista numerico, sia cognitivo-formativo, mi è sembrata apprezzabile. Molto male è andata, però, da tutti gli altri punti di vista. Oltre al fatto che non tutti gli studenti dispongono di un collegamento adeguato e di dispositivi di ultima generazione (molti si collegano con lo smartphone), si è presentata l’impossibilità di “tenere d’occhio” la classe, così come “prendere il polso” della comprensione dei concetti è risultato enormemente più difficile se non impossibile, avendo a che fare, oltre che con i pochi visi che si avvicendano, più o meno sfocati, impressi su qualche piccolo quadrato del desktop, con iniziali di nomi che solo la buona volontà e la fantasia del professore può/deve collegare con un desiderio di conoscenza di discenti invisibili.
È innegabile che l’uomo abbia da sempre inseguito una sorta di “servitù volontaria”. Mai come in quest’epoca storica, tuttavia, si è potuta verificare l’esistenza di una corsa spasmodica verso l’altare della tecnica, con mani giunte e in ginocchio, chiedendo al potere di essere salvati. Mai come in quest’epoca storica è avvenuto che non sia il potere ad asservire ma gli uomini a voler essere asserviti.
Se questo è l’orizzonte del nostro tempo, il nostro sforzo residuo, finché riusciamo ad esercitarlo, non potrà essere che quello di vigilare. Non possiamo, né dobbiamo barattare in perdita la nostra libertà naturale. Abbiamo il diritto/dovere di opporci con decisione a questo disegno nefasto che coincide, nel contempo, con un autentico delirio distopico.