La crisi pandemica non ha fatto altro che peggiorare le condizioni economiche, sociali ed esistenziali delle classi lavoratrici, cioè della maggioranza delle persone, quelle che non hanno beni al sole e la mattina devono alzarsi per andare a lavorare, quando un lavoro ce l’hanno, o per cercare di procurarselo, quando non ce l’hanno. Assisteremo nei prossimi anni ad un grande processo di ristrutturazione del sistema capitalista a livello mondiale che non promette nulla di buono per le classi popolari e subordinate.
Ne ha parlato di recente anche Klaus Schawb (in un suo recente libro), fondatore del World Economic Forum, docente di economia all’Università di Friburgo, un master in Public Administration all’Università di Harvard, in poche parole uno dei massimi ideologi del capitalismo contemporaneo.
Le grandi imprese multinazionali della logistica, dell’e-commerce, della comunicazione e della farmaceutica stanno facendo e faranno profitti elevatissimi, mentre masse di persone perderanno il proprio lavoro o saranno costrette ad accettare condizioni lavorative e salariali sempre peggiori, sempre più precarie e sottopagate. Tante altre saranno costrette a chiudere la propria attività oppure a cederla a chi ha mezzi finanziari importanti.
E’ la logica del capitalismo. Molti, in buona fede, credono che la società capitalista sia fondata sulla libera (se non perfetta) concorrenza, sulla possibilità per ciascuno di realizzarsi, di mettersi in gioco, di valorizzare le proprie energie e capacità. Ma è una truffa. Il capitalismo è accumulazione illimitata e in linea teorica infinita di capitale ed è intrinsecamente e strutturalmente disinteressato ai destini delle singole persone e delle comunità. Immaginate, un miliardo di euro è capitale? Dipende, se in una sola mano lo è, ed anche importante, se lo distribuiamo a un milione di persone non lo è più. Questo fa il capitalismo, crea i capitali. Schawb, uno che è un passo e anche più in avanti della classe sociale di cui fa parte e che rappresenta, ha capito la drammaticità della situazione e avverte i suoi sodali: bisogna fare qualcosa, le grandi imprese, le grandi aziende multinazionali, il grande capitale deve scendere in campo e assumersi la responsabilità di gestire direttamente il welfare, l’ambiente, i servizi sociali, le scuole, non per ragioni filantropiche ma per meglio garantirsi, consolidare il proprio dominio e ottimizzare i profitti. Meglio se lo fanno loro che non se lo facciamo tutti noi tramite lo Stato.
Insomma, un “Great Reset”, una sorta di “Fourth Industrial Revolution” (dal titolo del suo libro) che potrebbe anche vedere il superamento del paradigma neoliberista in favore di un “nuovo ordine capitalista” fondato sul potere pressoché assoluto e incondizionato delle grandi imprese e del grande capitale che finiranno per gestire direttamente anche i servizi sociali essenziali per le persone. Un modello che forse potrebbe affondare in parte le sue radici in alcuni capitalismi asiatici, in particolare il Giappone e la Corea del Sud (meno in Cina dove lo stato svolge un ruolo ancora forte rispetto alle imprese).
In altre parole – e qui arrivo alla questione fondamentale – le classi dominanti, sempre provviste, come vediamo, di coscienza di classe a differenza di quelle subalterne, stanno già cominciando a riorganizzarsi e a disegnare il prossimo futuro. Un futuro da incubo se le classi lavoratrici e popolari non saranno in grado di fare altrettanto. E purtroppo, inutile negarlo, da questo punto di vista la situazione è drammatica. Le masse popolari sono letteralmente prive di coscienza, abbandonate a loro stesse, confuse, stordite e disorientate da messaggi ideologici e mediatici che hanno la sola finalità di tenerle in uno stato di abbrutimento culturale, sociale e umano e soprattutto di dividerle.
Divide et impera. Questa è la stella polare dei padroni del vapore. Il nostro compito – a dir poco arduo – deve essere proprio quello di ricostruire anche solo un barlume di quella coscienza politica e di classe che fino a mezzo secolo fa era ancora viva.
E’ per questa ragione che ho scelto, dopo tanto tempo, di tornare in campo, come si suol dire, e di candidarmi a Roma alle prossime amministrative con il Partito Comunista.
Fonte foto: Investment Monitor (da Google)