L’11 novembre 2014, è stato il decennale della morte del Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yasser Arafat, scomparso dopo una lunga e misteriosa malattia in circostanze ancora da chiarire.
Raccontare la sua storia, che è la storia del popolo palestinese dalla “Nakba”, cioè dalla cacciata dei palestinesi dalla loro terra nel ‘48 ad oggi, sarebbe troppo complesso e un articolo, fra i tanti, non sarebbe certo sufficiente.
Per questo abbiamo pensato, di comune accordo con gli altri redattori del nostro giornale, di ricordare la sua figura pubblicando un’intervista che il Presidente Arafat concesse al sottoscritto nel dicembre del 2003 nel suo ufficio alla Muqata, a Ramallah. Anche perché, chi avrà la ventura di leggerla, si renderà conto di quanto le sue parole siano purtroppo ancora molto attuali.
L’intervista fu pubblicata sul settimanale Avvenimenti con il quale allora collaboravo, nel numero del 10/16 gennaio 2004.
Colgo l’occasione per ringraziare con grandissimo affetto gli allora direttori della rivista, Adalberto Minucci, purtroppo scomparso, e Diego Novelli, per l’opportunità che mi hanno dato e per tutto ciò che mi hanno trasmesso sia dal punto di vista professionale che soprattutto umano, e naturalmente l’Associazione “Action for Peace”, che ha reso possibile questo per me indimenticabile incontro con il leader storico del popolo palestinese, il Presidente dell’ANP, Yasser Arafat.
Di seguito l’intervista, riportata integralmente:
Yasser Arafat:”Gli israeliani ci colpiscono con armi nucleari. Il cancro dilaga ma il mondo fa finta di nulla”.
“E’ stato detto che la guerra in Iraq è stata fatta perché gli iracheni avevano armi di distruzione di massa e in particolare l’uranio. Così hanno detto gli americani al mondo. Bene, questo che le mostro è un documento americano che dice che gli israeliani stanno usando uranio impoverito contro di noi, contro la nostra gente. Ci sono state due missioni, una americana e una polacca e hanno attestato l’utilizzo di uranio da parte degli israeliani. Perché nessuno ne parla? Il cancro è in aumento tra i palestinesi e la nostra gente è molto preoccupata. Siamo forse ad una nuova Hiroshima? Ogni giorno usano queste armi contro i palestinesi e il silenzio dei media mondiali è totale. Devo pensare allora che quello dell’uranio era solo un pretesto per attaccare l’Iraq?”.
Attacca senza indugi e senza diplomazie il Presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Yasser Arafat, da più di due anni tenuto prigioniero da Israele all’interno della Muqata, il suo quartier generale. Il vecchio leone palestinese ruggisce ancora, è in buona salute e non rinuncia certo a far sentire al mondo la sua voce. Israele ha tentato più volte di neutralizzarlo ma senza alcun risultato. La sua popolarità è ancora fortissima tra i palestinesi e nessuno osa veramente mettere in discussione il suo ruolo.
Presidente Arafat, qual è la condizione del popolo palestinese in questo momento?
Lo può constatare con i suoi stessi occhi. Quello che subiamo quotidianamente è superiore a quanto si possa immaginare.Il nostro popolo vive ormai in una sorta di prigione a cielo aperto a Khan Yunis, a Rafah, a Gaza, a Nablus, a Jenin. Viviamo in un sistema di cantoni, così li chiamano, ma sono dei bantustan, anzi, dei veri e propri ghetti. Ho visitato tutta l’Africa e non ho mai visto una cosa simile, neanche in Sudafrica. Ma guardate cosa succede ai check-point dove le nostre donne sono costrette a partorire sulle rocce davanti ai soldati perché impediscono loro di andare all’ospedale. Alcune di queste sono morte e così molti dei loro figli. Avete sentito cose simili in altri paesi? Addirittura impediscono a nostri pescatori di pescare a Gaza. Possono solo mandare un po’ del loro pesce in Israele, ma non a Gaza. Eppure abbiamo il miglior pesce di tutto il Mediterraneo. Vogliono affamarci. E’ accettabile tutto questo da parte della comunità internazionale?
Quale strategia propone per arrivare alla pace e ad una soluzione politica del conflitto?
Purtroppo il governo israeliano sta continuando nella sua politica di disattendere gli accordi fatti finora, ma soprattutto sta sconfessando con i fatti la “pace dei coraggiosi” che siglammo con il nostro partner e amico Rabin, assassinato da estremisti fanatici israeliani. L’attuale governo israeliano rifiuta di mettere in pratica tali accordi, da Oslo a Parigi sino a River Plantation, firmati con gli stessi Sharon e Nethanyahu. E ancora Taba, il piano Tenet, sempre con Sharon. Lo stesso vale per la Road Map, un piano di pace che noi abbiamo accettato da subito, fin da quando il Quartetto lo propose ufficialmente. Israele invece ha presentato ben 14 obiezioni contro questo piano e, di fatto, ha sempre lavorato per insabbiarlo. Purtroppo questa è la situazione. Quando Sharon si recò alla Moschea nel 2000, Saeb Erekat, Abu Mazen, Abu Ala e Nabil Abu Rudeina andarono a casa di Barak per supplicarlo di non permettere una cosa simile. Con Barak erano presenti anche alcuni ministri come Shahak e Iossi Sarid, ma non ci fu nulla da fare. Mi chiedo, perché non è andato a visitare la Moschea quando era il vice di Nethanyahu? Perché non l’ha fatto quando era l’eroe dell’esercito israeliano nel ’73? Voglio ricordare che Moshe Dayan diede un ordine molto importante nel ’67 quando impedì ai gruppi estremisti di entrare e di issare la bandiera israeliana sulla Moschea. E ora perché, proprio con Barak primo ministro,Sharon si è recato alla Moschea? Glielo ho chiesto ma non ho avuto risposta. Adesso ci impediscono addirittura di pregare nella Moschea di Abramo ad Hebron. Nonostante tutto quello che subiamo ogni giorno insistiamo e facciamo di tutto per arrivare alla pace. L’accordo stipulato con Rabin fu accettato da tutti gli stati arabi durante il summit della Lega Araba a Beirut, e quello è lo spirito che ci anima e che continuerà ad animarci. Ma abbiamo bisogno del sostegno e della presenza attiva della comunità internazionale.
Nonostante gli sforzi di pace e gli accordi di Ginevra il governo israeliano continua a costruire il Muro di separazione. Qual è la sua opinione?
Questo muro della vergogna sta distruggendo i nostri villaggi, le nostre città, la nostra agricoltura, l’economia e anche luoghi storici e religiosi della nostra terra. Le nostre infrastrutture sono state distrutte così come le nostre migliori fattorie. A Qalkija e Tul Karem hanno di recente confiscato 183mila dunams delle nostre terre più fertili per costruire questo muro abominevole. Il 63% dei nostri alberi di ulivo è stato sradicato e il 58% della nostra terra illegalmente espropriata. A Nablus hanno addirittura occupato l’ospedale anglicano. Che fine farà? Poi hanno tagliato la strada, di grande importanza storica e religiosa, che collega il Santo Sepolcro alla Basilica della Natività di Betlemme. La strada è chiusa e i nostri patriarchi sono bloccati. Non hanno neanche il permesso di spostarsi e di raggiungere Betlemme o Gerusalemme. Io andavo spesso in Germania e solevo attraversare il Muro di Berlino e nessuno me lo impediva. Quel muro, che nessuno aveva accettato nel mondo, era alto 4 metri, questo che stanno costruendo è di 8 metri. Distrugge terre, frutteti, sorgenti d’acqua, siti archeologici e luoghi sacri, cristiani e musulmani. Nel villaggio di Abud c’era la chiesa più antica del mondo ed è stata fatta saltare n aria. Nessuno ha fiatato. A Betlemme tre parti della zona francescana e del quartiere ortodosso sono stati seriamente danneggiati. Li abbiamo ricostruiti ma nessuno ha detto nulla. Ricordate quando i talebani hanno fatto esplodere in Afghanistan i monumenti di Buddah? Tutto il mondo si è indignato. Ma per quello che è successo contro i nostri santuari nessuno ha reagito.
Che cosa si propone il governo israeliano continuando a costruire il Muro?
Spezzettare la nostra terra in tanti cantoni, ghetti, espropriare altra terra e rinchiudere il nostro popolo. La loro mappa prevede ghetti e cantoni a Hebron, Ramallah, Nablus, Jerico e tutte le città palestinesi, oltre al “Muro di Berilno” attorno a Gerusalemme. I nostri accordi con Rabin prevedevano invece lo smantellamento delle colonie entro il ‘98/99, eccetto alcun previsti sulla base di un accordo bilaterale. Ma in cambio ci avrebbero dato altre terre, equivalenti in qualità e quantità. Gli insediamenti non sarebbero stati implementati, non ci sarebbero stati finanziamenti ulteriori e la barriera intorno a ciascuna colonia non sarebbe stata più estesa di 50 metri. Ora invece tutte le zone e le terre intorno alle colonie sono state interamente confiscate. Ed eccoci qui, a parlare della Road Map che è stata accettata e fatta propria dai 15 membri del Consiglio d Sicurezza dell’Onu, ma non dagli israeliani che continuano a non rispettare gli accordi e ad impedire la realizzazione dell’accordo.
Il mondo non conosce più occupazioni militari come questa. Voglio ricordare che questa è la Terra Santa, e lo è non solo per i palestinesi, ma per tutto il mondo, e quindi l’occupazione israeliana non colpisce solo noi ma tutta la comunità internazionale”.