- La diplomazia è l’arma più insidiosa dell’imperialismo contro i movimenti di liberazione nazionale e gli Stati antimperialisti. Ne dovrebbe sapere qualcosa la Cina maoista quando, nel 1971, si accordò con gli Usa contribuendo ad isolare l’Urss. Che cosa ottenne in cambio? Una relativa stabilità nei paesi confinanti salvo poi, qualche anno dopo, ritornare nella lista nera di Washington. La teoria di Mao sul social-imperialismo sovietico si rivelò del tutto illogica, non per nulla venne criticata tanto dal trotskista Ernest Mandel quanto dallo stalinista Michail Suslov. Non è stata – del resto – la prima volta che trotskisti e stalinisti hanno elaborato teorie convergenti.
Nel 2004 la Libia rinunciò al suo programma nucleare e dialogò con i paesi capitalistici europei. Gheddafi, che negli anni ’70 ed ‘80 protesse il movimento patriottico irlandese, mise da parte l’antimperialismo radicale senza rinunciare al progetto dell’Unione Africana. Tanto bastò per essere distrutto a suon di bombardamenti. Domanda: perché rinunciò al deterrente nucleare? Ernesto Guevara aveva ragione nel dire che dell’imperialismo ‘’non bisogna fidarsi nemmeno un po’’’.
L’Iran che con gli Accordi sul nucleare ha messo nel cassetto il sogno di Ali Shariati e Khomeini d’esportare la Rivoluzione degli oppressi, con queste aperture ‘’occidentaliste’’, sta correndo un rischio analogo? Le prospettive – di certo non c’è nulla di buono all’orizzonte – sono due ed il giornalista francese Thierry Meyssan è, forse l’unico, ad essere sceso nei dettagli: ‘’È del tutto possibile che il presidente Trump distrugga l’accordo iraniano-statunitense per un capriccio e – cosa assai più grave – se la prenda con le Guardie Rivoluzionarie, ma è assai più probabile che reciti ancora una volta la commedia per placare i suoi alleati israeliani e sauditi. Dobbiamo tenere presente che Donald Trump non è un politico professionista, ma un immobiliarista, e che agisce come tale. Ha avuto successo professionalmente seminando il panico con propositi eccessivi e osservando le reazioni che provocavano presso i suoi concorrenti e partner’’ 1. In caso d’aggressione all’Iran, più che di un capriccio personale si tratterebbe della vittoria definitiva del complesso militar-industriale sulla fazione del Padronato Usa. Ma Trump – ricorda Meyssan – è un immobiliarista, ed agisce come tale, quindi è più facile che voglia, ricorrendo alla teoria del pazzo, terrorizzare i bazaristi iraniani imponendogli condizioni, più che svantaggiose, umilianti. Trump è un ‘’super-capitalista’’ disposto a passare sopra a tutto – lavoratori, Stato sociale, ambiente, pace mondiale – ma, all’inizio del suo mandato potrebbe giocarsi la carta degli accordi bilaterali stracciando i vecchi accordi allargati. Si tratta di una precisa strategia politica e non dei deliri di un pazzo come, da qualche giorno, il “politicamente corretto” vorrebbe farci credere. L’Iran, dal suo lato, farebbe bene a rivalutare l’idea di dotarsi del deterrente nucleare; Washington – come tutti sanno – non può fare a meno della guerra quindi, un domani, il rischio di essere aggrediti sarebbe troppo elevato.
- Lo stesso presidente russo, Vladimir Putin, che applica alla politica internazionale le mosse del judo ( sfruttare a proprio vantaggio la forza dell’avversario ), gioca con la diplomazia, accantonando l’antimperialismo – cosa evidente nell’intervista rilasciata ad Oliver Stone – e ripiegando sul campismo proprio dei grandi paesi capitalistici.
Il presidente russo (1) si è rifiutato di denunciare il separatismo sciovinistico dell’YPG curdo sempre più funzionale agli interessi dell’imperialismo israeliano, ed (2) ha appena firmato un decreto dove ordina la sospensione della cooperazione tecnica e scientifica con Pyongyang. Nello specifico, l’ordine recita di “suspender la cooperación técnica y científica con individuos o grupos de individuos que representan a Corea del Norte” 2. La Corea del Nord, aldilà di come ciascuno preferisca configurarla politicamente (socialismo coreano, stato ‘’proletario degenerato’’, capitalismo di stato, stato confuciano con una struttura economica pianificata ), ha il sacrosanto diritto di difendersi; temo però che Putin temo possa dimenticarlo. Mi sbaglio? Me lo auguro.
La Russia ha fatto benissimo ad intervenire in Siria appoggiando il presidente Bashar al-Assad ma (1) il mancato intervento contro il terrorismo dell’YPG ed (2) i ripetuti accordi, su presunte ‘’linee rosse’’ da rispettare con Netanyahu, senza dire nulla dei bombardamenti sionisti contro i guerriglieri di Hezbollah, ci spingono a porci numerose domande. Il giornalista Fulvio Grimaldi ha ragione nel dire che ‘’Poi quell’immagine da film strappacore di un Netaniahu che va supplicando ai piedi di Putin (che non alza ciglio vero sulle scorrerie del delinquente in Siria) di opporsi alla crescente influenza (imperialismo?) iraniana! Davvero pensi che un Israele che fa quello che gli pare e tiene al guinzaglio gli Usa, d’accordo con lo Stato Profondo che ha il potere in Occidente, vada strisciando da Putin perchè lo salvi dall’asse scita? Quando un giorno sì e l’altro pure sbeffeggia Putin bombardando i siriani che Putin protegge’’ 3. La verità è che Putin potrebbe creare enormi problemi al regime sionista armando le resistenze libica, palestinese e yemenita ma non lo fa. Da un lato svolge il ruolo di contrappeso geopolitico agli Usa ( e questo è positivo ), dall’altro – com’è avvenuto nel Donbass – contribuisce ad emarginare i movimenti rivoluzionari optando per soluzioni diplomatiche all’interno dell’ordine neoborghese. Non va demonizzato ma nemmeno esaltato. Comprendere è la cosa migliore.
Il Partito del lavoro nord-coreano ha ragione nel dire che ‘la fonte del confronto nucleare tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti dall’inizio alla fine sta nella politica ostile americana nei riguardi di Pyongyang’. “Rodong Sinmun” aggiunge che “Ci sono potenze che parallelamente agli Stati Uniti per motivi egoistici con lo scopo di mantenere l’ordine globale corrente attorno alle potenze nucleari” 4. La politica dei grandi Stati, anche quando, come la Russia, non sono imperialistici, è spesso un problema per le piccole nazioni (post)coloniali ed i paesi rivoluzionari. Iran e Corea del Nord – che hanno stipulato un patto d’assistenza militare reciproca – devono tenerlo a mente, non possono fare concessioni di nessun tipo. La storia insegna: chi resiste senza cedere alla diplomazia imperiale, come Assad e Fidel Castro, ottiene un enorme consenso sociale, rovesciarlo con la forza significherebbe affrontare un intero popolo in armi; chi coopera coi maestri della pulizia etnica, come Saddam Hussein, finisce nelle mani del boia a stelle e strisce.
Trump e Putin utilizzano l’arma diplomatica con finalità differenti: Trump vuole continuare ad imporre l’egemonia imperialistica Usa basata sullo sfruttamento dei lavoratori e la guerra imperialista; Putin vorrebbe una spartizione imperiale del mondo basata sulle sfere d’influenza. Il primo è un neoliberista, il secondo tiene insieme libero mercato e una sorta di paternalismo sociale. Putin può essere un partner per Iran e Corea del Nord, Trump è una minaccia per tutti, europei compresi.
Putin ha esaurito il suo ruolo progressista? Non lo so, non so dirlo, una sola cosa è certa: la difesa della Russia, davanti alle minacce nord-americane, resta un dovere incondizionato. Disse una volta il marxista italiano Amadeo Bordiga ‘’Big non mangia Big’’, rivolgendosi al conflitto Usa-Urss, ma tutti noi sappiamo cos’ha significato la disgregazione del blocco sovietico di fronte al banditismo di Washington: guerre, miseria, sfruttamento di classe ed interi popoli privati dell’indipendenza nazionale. La prospettiva non cambia: un mondo libero dall’imperialismo Usa è, non solo possibile, ma necessario. Iran e Corea del Nord ( pur, personalmente, non condividendo nulla né dello sciismo né dello juche ) ne sono consapevoli. E questa è una base di partenza.
http://www.voltairenet.org/article198431.html
http://odiodeclase.blogspot.it/2017/10/putin-ordena-suspender-la-cooperacion.html
http://fulviogrimaldi.blogspot.it/2017/10/siria-che-gioco-gioca-chi.html
https://it.sputniknews.com/politica/201710195159204-Rodong-Sinmun-Nord-Corea-geopolitica-potenza-nucleare-status/