In un suo recente saggio (Venezuela: sconfiggere il fascismo prima che sia troppo tardi), il sociologo di formazione marxista James Petras, formula delle interessanti analogie fra l’opposizione di destra venezuelana e i movimenti fascisti europei degli anni ’20 e ’30. Il testo di Petras è come sempre molto interessante e merita alcune ulteriori considerazioni.
Sostiene Petras:” In Germania, Italia, Spagna, Francia e Cile i movimenti fascisti iniziarono come piccoli gruppi terroristi che conquistarono l’appoggio finanziario dell’élite capitalista per via della loro violenza nei confronti delle organizzazioni della classe lavoratrice e le istituzioni democratiche. Il loro reclutamento si svolgeva principalmente tra gli studenti universitari della classe media, liberi professionisti appartenenti all’élite (in particolare i medici) e ufficiali di alto rango, attivi o messi a riposo – uniti dalla loro ostilità contro l’ordine democratico Nel lessico fascista la conciliazione democratica è una debolezza, una vulnerabilità e un aperto invito all’escalation verso la violenza; gli slogan di “pace e amore” e quelli sui “diritti umani” servono per essere sfruttati, così come le richieste di “negoziati” sono i preamboli della resa e gli “accordi” il preludio per la capitolazione”. Ed ancora:” I fascisti possono essere sia “nazionali” sia “internazionali”. Sono composti di assassini pagati localmente e da studenti di famiglie della classe alta; soldati paramilitari colombiani, mercenari professionisti di ogni tipo, “assassini a soldo” delle organizzazioni di “sicurezza” ed elementi clandestini delle Forze Speciali degli USA, “internazionalisti” fascisti arruolati a Miami, in America centrale, in America latina e in Europa.
In estrema sintesi Petras definisce come fascista un movimento sulla base di questi elementi: (1) spirito golpista ed anti-democratico; (2) ricorso alla violenza terroristica; (3) asservimento alle grandi potenze colonialistiche. Petras spiega molto bene come l’opposizione venezuelana assomigli al fascismo come storicamente si è manifestato a causa della sua profonda ostilità di classe nei confronti della maggioranza popolare e dell’odio viscerale nei confronti del Partito Socialista chavista, vincitore di ben 18 delle ultime 19 elezioni’.
L’analisi di Petras è sempre ben fondata. Sappiamo infatti che Loreth Saleh, membro dell’opposizione studentesca, mantiene stabili rapporti con la destra uribista colombiana. Vanessa Eisig, dirigente della Juventud Activa Venezuela Unida ( JAVO), un gruppo di estrema destra e costola dell’ Otpor, contraddistintosi per le violenze perpetrate negli ultimi mesi, chiede la deposizione violenta dell’ “usurpatore Nicolas Maduro”.
Alcuni manifesti che questi studenti di estrema destra hanno messo in circolazione, riportano la scritta: “Venezuela necesita de ti, mata un chavista”. Tradotto: Il Venezuela ha bisogno di te, uccidi un chavista”.
Nicolas Maduro è il presidente eletto dal popolo venezuelano e questo gli dovrebbe garantire la forza necessaria oltre che l’autorità morale e politica per statizzare le università e mettere al bando le organizzazioni golpiste controllate e finanziate dai baroni filo-statunitensi.
Maduro gode ancora del consenso popolare e dell’autorevolezza per una svolta politica di questo tipo, anche perché non può permettersi di perdere altro tempo e lasciare troppo spazio ad una opposizione che lavora esplicitamente per il suo rovesciamento. Del resto cercare di conquistare alla democrazia chi la combatte apertamente rischia di diventare un boomerang che rischia di ritorcersi pericolosamente contro il legittimo governo venezuelano.
Un recente comunicato del JAVU recitava:” Forze straniere hanno occupato militarmente il Venezuela. I loro mercenari attaccano in maniera vile e selvaggia. ll loro obiettivo è schiavizzarci, è vitale difendere la sovranità della nazione, espellendo i comunisti cubani che qui si trovano per usurpare il governo e la Forza Armata”.
Il linguaggio è tipico del franchisti spagnoli che dovevano difendere la cattolica Spagna dalla Repubblica popolare. Peccato che, anche in quella circostanza, da un lato c’era un governo golpista appoggiato dal clero e dai latifondisti che faceva capo a Francisco Franco e dall’altra parte una Repubblica popolare appoggiata dalle classi lavoratrici. La storia si ripete anche se in forme diverse e su questo Petras ha senz’altro ragione.
La destra venezuelana, inoltre, ha forti analogie con il movimento gremialista di Jaime Guzman, movimento corporativo, che costituì la base reazionaria e di estrema destra della dittatura filo-statunitense di Pinochet. Jaime Guzman, negli anni ’80, passò dal corporativismo al neo-liberismo di Milton Friedman e scrisse la costituzione cilena del 1980 in cui si teorizzava la cosiddetta “democrazia protetta”. In parole più povere: libertà assoluta per i capitali e per le multinazionali straniere, distruzione delle organizzazioni sindacali e delle sinistre, libertà di licenziamento con i lavoratori privati di ogni diritto all’interno di un regime liberista e liberticida.
Questa è la scuola politica non solo di Capriles e Leopoldo Lopez e della destra venezuelana ma anche di molti leader di destra europei che trovano le loro basi ideologiche in una “cultura” politica profondamente e intrinsecamente anti-democratica.
In America Latina le categorie di destra e sinistra trovano la loro origine nel processo di colonizzazione e decolonizzazione e rappresentano un portato storico di quei processi sociali.
La destra latino-americana mutua l’ideologia razzista dai coloni spagnoli e, venendo meno il colonialismo europeo, si è sottomessa alla Dottrina Monroe statunitense. Da questo punto di vista segue lo stesso percorso del franchismo: da satellite di Hitler ad agente dello stragismo statunitense ( si pensi alle basi spagnole da cui partivano i terroristi che alimentarono la strategia della tensione in Europa ). Bisogna però ricordare un fatto: il fascismo è l’ideologia di una parte dell’imperialismo europeo degli anni ’30 mentre queste destre non fanno altro che vendere le risorse nazionali agli Usa e anche a Israele. Sotto questo aspetto sono omogenee a quella nuova forma di totalitarismo neo-liberista presente, sebbene in altre forme e modalità politiche, anche in Europa.
La sinistra rappresenta invece il risultato storico della decolonizzazione che si traduce, allo stato, nella lotta contro ogni forma di ingerenza di tipo imperialistico.
Con buona pace di chi ritiene che questa dialettica sia ormai storicamente esaurita, in realtà, soprattutto in contesti come quello latinoamericano ma non solo, le categorie interpretative destra/sinistra mantengono tuttora la loro oggettiva validità.
La destra venezuelana e i gruppi sociali che a questa fanno riferimento controllano le importazioni delle materie prime e dei beni consumo. La tradizionale vocazione golpista e anti-democratica è ciò che caratterizza la sua politica che si basa su un sostanziale ricatto che è quello di privare la popolazione dei beni di prima necessità per poi scaricare ogni responsabilità sul governo. Il quale si trova quindi di fronte ad un dilemma: restare prigioniero di questa situazione oppure espropriare quei ceti sociali che controllano la rete della distribuzione assumendo completamente il monopolio del commercio estero, con i rischi che questa politica comporterebbe.
Il prof. Attilio Folliero, politologo e docente della scuola di Comunicazione sociale della Università Centrale di Caracas, ha scritto a tal proposito un articolo assai dettagliato dove spiega come si muovono in questa fase i ceti sociali dominanti venezuelani ansiosi di riprendere in mano il totale controllo della situazione:” Questa classe, grazie al fatto che controlla la maggior parte dei mezzi di comunicazione riesce ad influire e manipolare milioni di persone, che finiscono per avversare il governo. Questa classe non controlla solo i mezzi di comunicazione, ma anche importanti settori economici, come quello dell’importazione dei prodotti alimentari. Con la scoperta del petrolio, il Venezuela ha quasi abbandonato del tutto la produzione agricola ed oggi praticamente la maggior parte dei prodotti agricoli e alimentari consumati nel paese sono importati. Ricordiamo che in Venezuela esiste una economia mista, con il 70% in mano ai privati ed il 30% in mano dello stato ( Attilio Folliero, Il tentativo di rivoluzione colorata in Venezuela, bella ciao.org )”.
Il governo di Maduro si trova quindi in una situazione paradossale,dove l’ informazione è in grandissima parte controllata dall’opposizione che martella costantemente in funzione antigovernativa.
Ma la questione vera è un’altra, come è evidente, e cioè che il 70% dell’economia è tuttora in mano proprio a quei privati che lavorano per rovesciare il governo . E’ quindi evidente che se il progetto “chavista” vuole avere gambe lunghe, lo Stato deve controllare una percentuale superiore dell’economia nazionale. Devono quindi essere compiuti dei passi ulteriori e concreti in tal senso e non verso il compromesso con quei settori sociali e politici che hanno l’obiettivo dichiarato di destabilizzare il paese.
Torniamo quindi alla tesi di partenza di Petras: gli Usa si servono dei fascisti. Ma per cosa ? Di certo non per instaurare un regime corporativo ma per coniugare – come fecero in Cile – neoliberismo ed autoritarismo. Questo aggrava la situazione e ci dimostra come neo-liberismo e democrazia siano strutturalmente incompatibili.