La mondializzazione presuppone un paese egemone, che abbia un autentico dominio nel campo industriale. A garanzia del commercio internazionale, nell’ottocento bastava il dominio dei mari, infatti l’Inghilterra impediva il blocco dei traffici da parte di potenze locali, e imponeva con la forza ogni commercio, a partire da quello dell’oppio. Non aveva bisogno di un grande esercito, perché era protetta in quanto isola- questo vantaggio svanirà con lo sviluppo dell’aviazione e dei missili- e manteneva il dominio nelle colonie prevalentemente con truppe indigene. Questo periodo di libero scambio finì intorno al 1870. Scriveva Engels a Daniel’son: “A partire dal 1870 la Germania e, in particolare, l’America sono diventate rivali dell’Inghilterra nel campo dell’industria moderna, mentre la maggior parte degli altri paesi europei hanno sviluppato a tal punto la propria industria che hanno cessato di dipendere dall’Inghilterra. La conseguenza è stata che il processo di sovrapproduzione si è esteso in un ambito molto più vasto rispetto all’epoca in cui si limitava principalmente all’Inghilterra e – almeno fino ad oggi – ha assunto un carattere cronico invece di uno acuto. Procrastinando quel temporale che prima ripuliva l’atmosfera una volta ogni dieci anni, questa depressione cronica che dura a lungo deve preparare un tracollo di violenza ed estensioni senza precedenti.” E, in una lettera successiva, aggiunse: “Se un grande paese industriale con una posizione di monopolio provocava una crisi ogni 10 anni, cosa accadrà con quattro di tali paesi? (Inghilterra, Francia, USA e Germania). Approssimativamente una crisi ogni 10/4 anni, cioè praticamente una crisi senza fine”(1)
In una lettera a Florence Kelley- Wischnewetzsky, del 3 febbraio 1886, chiarì che tre paesi, Inghilterra, America e Germania, erano in concorrenza per la conquista del mercato mondiale, e ognuno di questi era in grado di coprire tutto il fabbisogno. Da qui la sovrapproduzione . Se si chiedesse a un economista borghese di spiegare quel periodo, ci riempirebbe di tabelle e di calcoli matematici. Engels spiegava meglio con parole semplici, eppure scriveva ad un economista traduttore del Capitale in russo e alla traduttrice in inglese de “La situazione della classe operaia in Inghilterra” di Engels stesso.
Furono le lotte per il mercato mondiale e non le paturnie di Guglielmone o la pazzia di Hitler a portare alle guerre mondiali, alla fine della quali il dominio degli USA era incontrastato. Sia le potenze alleate sia quelle avversarie erano a terra. Gli USA potevano imporre il loro dominio economico e militare, la loro lingua, i loro costumi. Furono gli stessi investimenti americani a risuscitare, almeno sul piano economico, i vecchi avversari, Germania, Giappone, Italia, poi lo sviluppo economico giganteggiò in altre parti del mondo. Gli stessi successi della mondializzazione stanno avendo come conseguenza il tramonto dell’egemonia economica USA, anche se, per inerzia storica, non è ancora infranto il dominio politico, militare, culturale, linguistico. Oggi, sia l’Europa, sia gli USA, sia la Cina, potrebbero , ciascuno per proprio conto, coprire il fabbisogno industriale mondiale, e ci sono altri concorrenti vecchi e nuovi. E c’è chi s’interroga ancora sull’origine della crisi!
Il controllo del mondo diventa sempre più costoso. E’ fallito il progetto pseudoliberale di Obama, di inquadrare l’economia mondiale tagliando fuori Russia e Cina, e rinchiudendo una serie di altri paesi in due gabbie, TTIP e TPP, di cui solo gli USA avrebbero posseduto le chiavi, con la sostituzione del diritto internazionale con sentenze di commissioni legate alle multinazionali. I trattati avevano lo scopo di vincolare agli USA paesi che, per esigenze di mercato, avevano bisogno di commerciare con la Cina o con la Russia o con tutte e due. Non si trattava quindi di economia di mercato, ma di fare violenza al mercato (cosa abituale nell’età imperialistica). La vittoria di Trump non è la causa di questa sconfitta di questo progetto, ma la presa d’atto della sua irrealizzabilità. Durante la campagna elettorale, persino la Clinton prese le distanze dal TPP.
Il tramonto dell’egemonia economica degli USA, anche se lungi dall’essere concluso, è la causa remota di tutti i cambiamenti politici che stanno avvenendo in Europa. (2) Il peso dell’enorme apparato di cui gli USA si servono per mantenere l’egemonia è insostenibile. La basi, oltre 800, e le costosissime portaerei possono essere ancora utili per guerre contro paesi mal armati o piccole potenze, ma da quando la Russia ha dimostrato di poter colpire con precisione ogni punto del Vicino Oriente con missili lanciati da corvette da mille tonnellate naviganti nel Caspio, ogni base, ogni portaerei si è trasformata in un possibile bersaglio.
Gli Stati Uniti hanno di fronte un bivio: o accettare il fatto che il loro impero è sovraesteso rispetto alle attuali possibilità economiche, ed iniziare una serie di negoziati con gli altri paesi per il ritiro da posizioni economicamente insostenibili (Le esercitazioni in Corea del Sud comportano spese gigantesche, anche se condivise col governo di Seul ) (3), e seguire così la via a cui fu costretta la Gran Bretagna col ritiro dalle posizioni a est di Suez, oppure affrontare una crisi senza speranza come quella dell’URSS.
Come diventano obsoleti la politica di Obama e certi armamenti costosissimi, così perdono di significato gli strumenti politici per condurre tale politica, come i socialdemocratici europei e il PD. Venendo meno la sponda americana, il falso cosmopolitismo – che poi all’atto pratico nascondeva la subordinazione all’America- tende a svanire, resta il nazionalismo, su cui convergono, da destra e da sinistra, le forze borghesi e piccolo borghesi. E’ comprensibile l’indignazione di chi vede esponenti considerati di sinistra incontrarsi con gente di Casapound, ed è sana la ribellione nei loro confronti. ma se si pensa che alla vigilia della I guerra mondiale migliaia di esponenti dell’estrema sinistra socialisti, anarchici, sindacalisti passarono, praticamente da un giorno all’altro, dalle manifestazioni antimilitariste all’isterismo patriottardo, si capirà che il fenomeno non ha niente di nuovo. Solo chi aveva solide radici di classe poté resistere. Non può comprendere il fenomeno chi si basa sul generico concetto di rossobrunismo. Non si tratta di un problema morale , sono forze immense che si muovono, e gli intellettuali piccolo borghesi sono trascinati come foglie. Le masse si dispongono come la limatura di ferro sotto l’influenza di una calamita. La calamita USA non attrae più, anzi respinge. L’ex segretario generale della Nato, Javier Solana, s’ è visto rifiutare il visto d’ingresso negli Stati Uniti, dove doveva partecipare a un colloquio sul ritiro USA dall’accordo con l’Iran. I dirigenti europei e americani non riescono neppure più ad accordarsi su generici documenti che nascondano all’opinione pubblica le loro divergenze. Trump tratta direttamente con Mosca e Pechino senza coinvolgere l’Europa, alla quale chiede soprattutto di aumentare le spese militari e comperare armi dagli USA.
Cambia anche il linguaggio: quello politicamente corretto, uno dei dialetti della neolingua orwelliana, verrà sempre più sostituito da un falso realismo volgare, solo apparentemente meno ipocrita dell’altro. Politici come Salvini sono riusciti a passare in tempo dalla retorica regionalista e parrocchialista a quella nazionalista, altri non l’hanno fatto ancora e sono rimasti sconfitti.
L’influenza americana comincerà a decrescere anche nel campo del costume e culturale, ma il predominio della lingua inglese durerà ancora per una generazione o due. Il calo di peso politico della Francia, per esempio, non comportò immediatamente la perdita d’importanza della lingua francese, che sul continente europeo ancora negli anni sessanta era la più conosciuta. Può sembrare assurda la sostituzione di un monolinguismo di fatto come l’attuale con la babele del plurilinguismo, ma questa sarà probabilmente la tendenza dei nazionalismi in ascesa.
Solo il proletariato organizzato in classe e partito può opporsi alla tendenza generale nazionalista, se resta isolato in piccoli gruppi litigiosi, sarà travolto.
Note
1) Engels a Nikolaj Francevic Daniel’son, 13 novembre 1885, e 8 febbraio 1886.
2) L’Italia, non solo per la sconfitta nella guerra mondiale e per il carattere servile della sua borghesia, ma anche per legami economici molto forti, è tuttora molto dipendente dagli USA, più di Francia e Germania. Le fu lasciata una certa libertà economica al tempo di Bush, poté trattare con la Russia per il South Stream, di cui aveva il 50%, rimasero intatti i privilegi dell’ENI in Libia. Un vero strangolamento economico si ebbe con Obama, che finanziò l’operazione di Marchionne, presentata ai gonzi coma acquisto della Chrysler da parte della FIAT, nella realtà un furto con destrezza; nell’avventura libica, in cui Obama finse di essere trascinato suo malgrado, l’Italia perse la sua situazione privilegiata, e dovette fronteggiare l’ondata di profughi. Le sanzioni alla Russia l’hanno danneggiata moltissimo, e lo stesso la guerra alla Siria, un mercato non indifferente per l’industria italiana. Ora Trump appoggia il nuovo governo per mettere i bastoni fra le ruote a Francia e Germania.
Il figlio di un compagno, che non si occupa attivamente di politica, ma ha spirito di osservazione, quando è stato eletto il ‘nuovo’ governo, ha notato: “Quando là c’era Bush, qui Berlusconi, con Obama Renzi, con Trump Di Maio e Salvini.”
3) ” In base a un accordo di condivisione dei costi, raggiunto nel 2014, Seoul ha pagato, all’epoca, 867 milioni di dollari per i costi militari statunitensi e la sua quota è aumentata ogni anno in base all’inflazione. Quest’anno, la Corea del Sud starebbe pagando circa 890 milioni di dollari, un po’ meno della metà del totale.” Da “Il dibattito sulle esercitazioni congiunte Usa-Corea del Sud”, 19 giugno 2018 di Elvio Rotondo in Analisi Mondo (Analisi difesa).
Presente anche inhttp://www.rottacomunista.org/
Fonte: http://www.rottacomunista.org/contributi/Basso/18-06-29_-_TalloneFerro.pdf
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