Il 25 settembre scorso a La Mecca sono rimaste vittime del terribile incidente dovuto alla ressa formatisi nell’unico tragitto disponibile, migliaia di pellegrini.
Secondo il giornale libanese, “Addyar”, quel giorno il principe saudita Mohammed bin Salman, nipote del Re e figlio del principe ereditario, aveva deciso effettuare il pellegrinaggio. Per lui e la sua scorta – ben 200 soldati e 150 poliziotti – sono state chiuse 2 delle 3 corsie che servono al rituale lancio dei sassi contro le lapidi che simboleggiano Satana. Ed è verosimile che proprio l’adozione di questa misura sia la causa della tremenda catastrofe avvenuta nell’unica corsia rimasta disponibile. La notizia sarebbe stata naturalmente messa sotto silenzio dal governo saudita.
Oggi in Iran si festeggia l’Eid-e-Ghadir che ricorda, secondo la tradizione sciita, l’Imam Alì Ibne Abitaleb, il successore del Profeta. La Repubblica Islamica, nonostante l’importanza della festività, resta in apprensione per le numerosissime vittime iraniane della strage di La Mecca, sottolineando come le autorità saudite si rifiutino – in modo inspiegabile – di riconsegnare i corpi dei defunti. Perché tanta riluttanza?
Khamenei – la guida della Rivoluzione islamica – ha dichiarato di voler costituire un “Comitato per la verità” sulla strage di La Mecca, alla presenza dell’Iran e degli altri paesi musulmani. Secondo il clero iraniano “I governanti sauditi dimostrano di non avere le virtù necessarie per celebrare l’Hajj e adottare le misure necessarie per celebrarlo. Se non possono fare ciò, questo compito spetterebbe agli altri paesi musulmani”.
L’Imam Movahedi Kermani, ha definito l’accaduto “una vergogna” per Casa Saud, che “farebbe bene a tenere nel dovuto conto l’avvertimento di Khamenei”. Ma la domanda è sempre la stessa: cosa spinge Casa Saud a non voler riconsegnare i corpi?
Il dottor Hani al Shoukri, oppositore in esilio della dittatura saudita, arriva ad ipotizzare l’uso di gas velenosi da parte dei sauditi. In un’intervista al giornale al Sharq al Awsat ha dichiarato “che c’e’ una forte evidenza che indica l ‘uso intenzionale di gas velenoso da parte delle forze saudite durante i rituali annuali del Hajj nella Mecca. Le forze saudite sono colpevoli per la completa mala gestione, che ha causato la ressa mortale all’ Hajj e per la presenza fuori luogo di Mohamad bin salman, il principe vice erede al trono e ministro della difesa saudita , insieme al suo largo entourage formato da 300 guardie del corpo e 200 auto che hanno causato il blocco fatale di due dei tre corridoi nella zona di Mina alla Mecca”. L’uso intenzionale di gas velenoso – secondo al Shoukri – sarebbe facilmente dimostrabile con una autopsia. Forse è questo che teme Casa Saud?
I sospetti sarebbero motivati dal fatto che questi corpi – sempre secondo al Shoukri – non presenterebbero fratture particolari.
Il dottor al Shoukri ritiene che a monte ci sia lo scontro fra due clan wahabiti – al Sudairi e al-Shammari – cosa che avrebbe peraltro spinto Re Salman a compilare in tutta fretta ( ed in modo assolutamente arbitrario ed approssimativo ) una lista di 28 persone da giustiziare. Basterebbe questo per definire il carattere banditesco della feroce dittatura saudita ma, stando alle documentazioni raccolte, c’è molto altro.
A chi ha affidato il ‘’reuccio’’ saudita la sicurezza per il pellegrinaggio di Hajj ? Pare che dal 2010 se ne occupi la branca israeliana di una società britannica: la G4S.
La G4S ha un mercato nel mondo arabo ben sei volte più grande di quello israeliano e la sua quota, in Arabia Saudita, supera di 10 volte quella in Israele. Il suo fatturato annuo è di 501 milioni di sterline e il personale complessivo impiegato – da Bagdad a Riyadh – ammont a ben 44.000 unità. Del resto, non è una novità che anche gli apparati burocratici e repressivi rappresentino un settore come altri per fare profitti.
In Israele questa multinazionale si è aggiudicata un contratto con l’ Israeli Prison Service – il servizio carcerario israeliano – fornendo sistemi di sicurezza e di controllo da usare proprio nei confronti dei prigionieri politici palestinesi. Gestisce inoltre numerose carceri dove vengono perfezionati nuovi e sofisticati metodi di interrogatorio e “pressione” sui detenuti. Nel carcere di Nel Ofer, in cui sono detenuti 1500 prigionieri politici palestinesi, la G4S ha installato una sala di comando centrale ed elaborati sistemi di difesa periferici. Non solo: la G4S è stata coinvolta – secondo vari attivisti del BDS ( campagna per il boicottaggio dei prodotti israeliani ) – anche nella sistematica pratica di maltrattamenti e violenze sui prigionieri palestinesi sottoposti a “detenzione amministrativa” (una sorta di carcerazione preventiva tramite la quale le autorità israeliane possono trattenere per anni una persona in carcere senza processo, solo sulla base di semplici indizi o informazioni, estorte spesso con la violenza), compresi numerosi minori.
Cosa ha spinto Casa Saud a mettere di fatto la sicurezza del pellegrinaggio di La Mecca, una ricorrenza sacra per tutti i musulmani, nelle mani del MI6 britannico e del Mossad israeliano (perché di questo si tratta)?
Spunta una possibile seconda ipotesi: Israele ed Arabia Saudita potrebbero aver concordato una provocazione diretta all’Iran in vista, magari, di una potenziale aggressione alla Siria? L’ipotesi nonè poi così fantasiosa dal momento che il principe ereditario saudita accusa Re Salman di non compiere il passo decisivo: allearsi con lo Stato sionista ed attaccare la Siria baathista.
Ormai è noto che Re Salman sia stato soprannominato ‘’il re demente’’ perché non del tutto capace di intendere e di volere (soffre di una strana forma di amnesia clinicamente accertata), e per questa ragione il potere militare viene esercitato da suo figlio Mohammed bin Nayef, un guerrafondaio antisciita. Il giornalista inglese Bill Law, constatato ciò, definisce tale tragedia come ‘’benzina sul fuoco delle rivalità interne alla famiglia Saud’’. Il giornalista britannico scrive che la pace è minacciata ‘’Con un re pazzo, una giovane testa calda alla guida di una guerra di cui non si vede una fine’’. Una guerra d’aggressione che la dittatura saudita sta conducendo proprio contro i popoli musulmani, in stretta simbiosi con gli USA e Israele. Un fatto, questo, troppe volte sottaciuto.
Una vittima illustre
Fra le vittime della strage di La Mecca c’è anche l’ex ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran in Libano, Ghazanfar Mohammad Aslroknabadi, che i Saud tentarono di uccidere due anni fa a Beirut; in quella occasione persero la vita numerose personalità religiose iraniane.
Ed ecco che si attiva la macchina propagandistica di Casa Saud: i wahabiti negano che costui sia entrato in Arabia Saudita ma il documento rilasciato ieri dal Ministero degli esteri iraniano attesta come Ghazanfar Mohammad Aslroknabadi sia entrato con regolare visto saudita e passaporto ordinario partecipando ai riti del pelligrinaggio.
Cosa deve nascondere Casa Saud?
http://it.awdnews.com/political/capriccio-del-principe-saudita-causa-la-morte-1300-pellegrini
http://it.awdnews.com/political/rivelazione-shock-gas-velenoso-durante-il-genocidio-di-mecca,-4000-morti1443597923
http://www.hispantv.com/newsdetail/Politica/59441/movahedi-kermani-rezo-viernes-arabia-saudi-hach-tragedia-mina
http://www.globalresearch.ca/saudi-hires-israel-friendly-security-firm-to-overlook-hajj-muslim-pilgrimage-to-mecca/5392600
http://www.ilpost.it/2015/09/26/conseguenze-strage-mecca/