I sogni imperiali della Turchia

Non si sa se Erdogan, il Sultano convinto di essere richiamato dal Profeta alla ricostituzione dell’Impero ottomano, abbia sentore che il suo infido (almeno quanto lui) alleato, gli States, intenda accorciare i confini della Turchia a favore di uno “Stato kurdo” al suo servizio come lo è il Kurdistan di Barzani1) al servizio di Israele. Certo è che, sebbene di questi tempi e particolarmente nell’odierno Medioriente sia bene non fidarsi di nessuno, la Turchia “rientra” a pieno titolo nei ranghi della Nato, dopo l’invasione della Siria, lo schiaffo a Mosca e la sanguinosa operazione contro i Kurdi, che ha rilevato a chiare lettere che il colpo di Stato, le accuse alla Cia (che lo ha organizzato ma che lo ha fatto anche fallire), le accuse contro Gulen, il “riavvicinamento” alla Russia e all'”amico Putin” siano state una indecente ma anche astuta sceneggiata.
Nessun “riorentamento” geopolitico. Solo un approccio più disteso, più pragmatico con i tradizionali nemici, come Russia ed Iran, sulle questioni di ordine economico e commerciale.

il lettore che segue diligentemente i giornali e i canali di ex sinistra potrebbe risultare disorientato. Ma i Kurdi non erano stati aiutati dagli Usa alla conquista di Manbij e addirittura “incoraggiati” a procedere ad Ovest dell’Eufrate? Come? Erdogan a favore della Nato contro i kurdi alleati degli States? Il fatto è che Washington, con una capriola politico-diplomatica (non irritare l’alleato Nato e guadagnarci a sua volta) ha capito che i Kurdi stavano prendendo troppo spazio e che andavano ridimensionati e sospinti verso la parte orientale dell’Eufrate come richiesto dal Sultano. Ma ecco una nuova capriola degli States dettata dal fatto che l’esercito turco non sta combattendo contro lo stato islamico e si concentra invece contro i Kurdi. Alla richiesta di tregua USA, Erdogan risponde negativamente nell’intento di spazzare via ad occidente dell’Eufrate la guerriglia kurda e procedere in avanti per costruire un “santuario” o se si vuole “un cuscinetto”.
Dopo aver conquistato Jarabulus (snodo più agevole di Idlib per il rifornimento di armi, munizioni e viveri per i jihadisti), creare un “santuario” per raggiungere diversi obiettivi. In prima istanza il “Santuario” può essere un luogo di “accoglienza” per i jihadisti feriti o malati, e di ripartenza per nuovi assalti dopo essere stati rifocillati e riarmati al meglio. In seconda istanza, una base militare da cui si possa colpire Damasco e dalla quale intraprendere la conquista di tutta la Siria, annientando a Nord lo “Stato kurdo”.

Ma i sogni di gloria del Sultano non si fermano alla Siria. Non si sa bene con quali tattiche e strategie. Ma nel mirino ci sono il Nord dell’Iraq, i Paesi asiatici ex sovietici, lo Xinjiang cinese2) e, chissà, forse anche la Mongolia…
Erdogan, purtroppo per lui, non arriverà neanche a Damasco e non riuscirà a sconfiggere neppure i Kurdi che non vogliono costruire uno stato-nazione, non vogliono abbattere i confini degli Stati in cui i Kurdi sono minoranze represse (Turchia, Siria, Iraq, Iran) e che invece vogliono offrire agli Stati in questione una strategia confederale in cui tutte le etnie abbiano gli stessi diritti e gli stessi doveri, come avviene appunto nel Rojava 3). Un’area che non vuole distaccarsi dalla Siria, che non vuole entrare con Assad in competizione militare 4), che propone una Siria confederata ed un modello attuale, concreto, di democrazia diretta 5).
Se Erdogan insiste con il suo “Santuario” si esporrà alla guerriglia kurda e ne uscirà con le ossa rotte perché la resistenza kurda in Siria rafforzerà moralmente l’azione militare dei Kurdi turchi, favorendo movimenti politici che, accanto ad una richiesta di pace, potranno pretendere la destituzione del tiranno 6)

NOTE
1) Referendum per l’indipendenza nel Kurdistan iracheno entro ottobre 2016
2) Paesi asiatici ex sovietici e Xinjiang cinese denominati dai jihadisti (come dallo stesso Erdogan) rispettivamente Turkestan occidentale e Turkestan orientale)
3)Stessi diritti e stessi doveri per Assiri, Armeni, Arabi, Kurdi…per donne e per uomini nei Cantoni kurdi
4) Fahman Husayn, capo militare del PKK ,ucciso il 27/8, era arrivato ad Hasaqah, sede di scontri armati tra Kurdi ed esercito siriano, con un preciso scopo politico: calmare le “teste calde” e non scontrarsi con le truppe di Assad, cosa tra l’altro non gradita dalla Federazione russa, La morte di Fahman Husayn è gravissima per la causa kurda, perché al momento si ha bisogno di “cervelli” che sappiano usare le armi della diplomazia, data la ragnatela invasiva delle grandi e medie Potenze7) che grava sul popolo kurdo…Putin è favorevole al progetto del PYD …Assad non potrà schierarsi contro …ma non bisogna fare passi falsi
5) Nella Carta del Contratto sociale sono espressi i principi portanti della convivenza pacifica tra le etnie e le religioni nella parità di genere, principi applicati attualmente e lungo decenni di lotta di liberazione
6) Il progetto di Abdullah Ocalan di convivenza pacifica e di democrazia diretta è ambizioso. Lo è in Medioriente e lo sarebbe anche in Occidente. Altro che inventarsi uno stato… sarà difficile diffendersi…quanto sarebbe utile la presenza di un grande stratega e di un grande teorico come Ocalan, incarcerato dalla dittatura turca nell’isola-prigione di Imrali dal 1999
7) In proposito vedi il mio “I Kurdi nella ragnatela delle grandi potenze” in “L’Interferenza” 27/8/2016

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