L’imperialismo israeliano ha in comune con i vecchi fascismi europei alcune importanti analogie (ma anche delle fondamentali differenze) che lo rendono non più presentabile agli occhi dei democratici.
Lo stato sionista, al pari della Germania nazista, è uno Stato etnico fondato prevalentemente su una violentissima politica militarista e guerrafondaia; in Israele non c’è una vera Costituzione democratica nonostante i sionisti si vantino di questo e qualsiasi partito che neghi il carattere ebraico dello Stato non può prendere parte alle elezioni. Laburisti e conservatori, colombe e falchi, come vengono definiti dai media occidentali, differiscono fra loro soltanto per i differenti progetti di espansione neocoloniale. Inoltre è’ un fatto che dalla metà degli anni ’70 in poi i rabbini revisionisti appoggiano i conservatori e il partito di estrema destra del Likud, neoliberista in politica economica e vecchio alleato delle dittature militari fasciste filo-statunitensi ( si veda l’amicizia fra Begin e Pinochet ).
Anche la matrice ideologica del fascismo segue lo stesso percorso del sionismo e, dopo un’ attenta analisi, dobbiamo considerare queste correnti politiche e ideologiche (entrambe ultra-capitalistiche ), sciovinistiche e nazionalistiche, figlie del colonialismo da una parte e della decomposizione capitalistica della prima metà del novecento dall’altra.
Il filosofo Roger Garaudy nel suo lavoro su “I miti fondatori della politica israeliana” ha smentito il ‘mito dell’antifascismo sionista’ ripercorrendo, passo dopo passo, la collaborazione della borghesia sionista con i nazisti.
Così si esprime la Federazione sionistica il 21 giugno del 1933: “Nella formazione di un nuovo Stato, che ha proclamato il principio della razza, noi desideriamo adattare la nostra comunità a queste nuove strutture […] il nostro riconoscimento della nazionalità ebraica ci permette di stabilire relazioni chiare e sincere con il popolo tedesco e le sue realtà nazionali e razziali. Proprio perché non vogliamo sottovalutare questi principi fondamentali, perché anche noi siamo contro i matrimoni misti e per la conservazione della purezza del gruppo ebraico”. Parole eloquenti che nascondono, dietro questa apologia dell’eugenetica razziale, un comune progetto di aggressione imperialistica contro i popoli arabi.
Ancora meno noto è il fatto che questa esaltazione del sionismo razzista venne fatta per la prima volta da Winston Churchill con il poco conosciuto articolo “Sionismo contro Bolscevismo. Una battaglia per l’animo ebraico”.
Da questo punto di vista, di certo, l’imperialismo israeliano attinge dal fascismo: due imperialismi fortemente militaristici contro i paesi confinanti che fanno leva anche sulla immensa macchina burocratico repressiva di cui dispongono.
Quello israeliano è un imperialismo atipico: un piccolo paese privo di risorse naturali che per sopravvivere come superpotenza deve sferrare continue guerre d’aggressione che gli consentano di conquistare – o meglio rubare – territori altrui ( si vedano gli altopiani del Golan o il controllo di Suez e del Sinai ). Questo lo rende particolarmente aggressivo e pericoloso: lo stato sionista ha dalla sua un servizio segreto come il Mossad che l’ Fbi, a suo tempo, considerava addirittura meno affidabile dei servizi segreti della Libia di Gheddafi ( paese nemico degli Usa ).
L’entità sionista dispone di un numero indefinito di bombe atomiche, forse dalle 200 alle 400, di eserciti di mercenari, ha rapporti con gruppi di narcotrafficanti e anche neofascisti operativi in tutto il mondo e in particolare in America Latina. Si tratta di un vero e proprio baluardo del colonialismo occidentale di derivazione fascista (con l’aggravante che dispone di armi che all’epoca non esistevano nonchè di un maggior numero di mercenari e sicari).
Il progetto della borghesia ebraica che opera in quel territorio è quello di:
“In quanto struttura centralizzata l’Egitto è già un cadavere, soprattutto se si tiene conto dello scontro sempre più duro tra musulmani e cristiani. La sua divisione in diverse province geografiche deve essere il nostro obiettivo politico per gli anni Ottanta sul fronte occidentale.
“Una volta che l’Egitto sia così dislocato e privato di potere centrale, paesi come la Libia, il Sudan e altri più lontani subiranno lo stesso smembramento. La formazione di uno Stato copto nell’alto Egitto e quella di piccole entità regionali di scarso peso è la chiave di uno sviluppo storico che ora è ritardato dall’accordo di pace, ma che è ineluttabile a lunga scadenza.
“Nonostante le apparenze, il fronte occidentale presenta meno problemi di quello orientale. La divisione del Libano in cinque province […] prefigura quanto accadrà nell’insieme del mondo arabo. La scomposizione della Siria e dell’Iraq in regioni organizzate sulla base dei criteri etnici o religiosi dovrà essere a lungo termine lo scopo prioritario per Israele, la prima tappa verso la distruzione del potere militare di questi Stati.
“Le strutture etniche della Siria la espongono a uno smantellamento che potrà portare alla creazione di uno Stato sciita lungo la costa, di uno Stato sunnita nella regione di Aleppo, di un altro a Damasco e di una entità drusa, che potrà aspirare alla costituzione di un proprio Stato forse sul nostro Golan , in tutti i casi con l’Hauran e il nord della Giordania […]. Un simile Stato sarebbe, a lungo andare, una garanzia di pace e di sicurezza per la regione. È un obiettivo che è già alla nostra portata.
“Ricco di petrolio e in preda a lotte intestine, l’Iraq si trova sulla linea di tiro israeliana. Il suo smembramento sarà per noi più importante di quello della Siria, perché è l’Iraq che rappresenta, a breve scadenza, la minaccia più seria per Israele”.
Fonte: “Kivunim”, Gerusalemme, n. 14, febbraio 1982, pp. 49-59
(Il testo integrale è riprodotto nel mio libro Palestine, terre des messages divins, Parigi, Albatros, 1986, in ebraico alle pp. 377-387 e in traduzione francese a partire da p. 315).
La borghesia imperialistica israeliana mira dunque a distruggere gli Stati arabi indipendenti ( così come hanno fatto con Irak e Libia e cercano di fare ora con la Siria ), dando poi man forte alla sua burocrazia militare con l’obiettivo strategico di costruire la Grande Israele. Questo è la ragione che sta portando Israele a proteggere i mercenari islamisti che stanno insanguinando, con la complicità degli Usa, la Siria baathista, cuore della nazione araba. Gli analisti più avveduti compresero il progetto israeliano già dal lontano 1956, all’epoca dell’aggressione all’Egitto di Nasser, unico paese in grado di realizzare in quel momento l’unità araba, per il controllo del Canale di Suez.
Lo Stato di Israele quindi : (1) rappresenta gli interessi di quelle fazioni della borghesia ebraica che mirano al controllo completo del Medio Oriente. Vecchi progetti colonialistici ebraico sionisti ambirebbero ad espandere Israele addirittura fino all’Africa.. (2) Le potenze occidentali lo considerano di fatto una sorta di laboratorio in cui sperimentare soluzioni estreme (pulizia etnica e utilizzo di armi di distruzione di massa). (3) Lo stato sionista è un rifugio sicuro per mafiosi e bancarottieri di origine ebraica come già appurato da numerosi scandali giudiziari.
Continua Roger Garaudy: “Per la realizzazione di questo vasto programma i dirigenti israeliani disponevano dell’aiuto senza limiti degli Stati Uniti. Sui 507 aerei di cui disponevano alla vigilia dell’invasione del Libano, 457 provenivano dagli Stati Uniti grazie alle donazioni e ai prestiti di Washington. La lobby americana si incaricò di ottenere i mezzi necessari, foss’anche andando contro gli interessi nazionali”.
E’ ovvio come gli Usa si siano messi al servizio delle politiche di guerra israeliane. La domanda da porci è la seguente : come poteva Israele realizzare tutto questo senza un forte gruppo di pressione che spingesse in tal senso? Fonti statunitensi ( sulle quali hanno lavorato studiosi del calibro di James Petras, ex consulente del governo Allende ) ci dicono che “È difficile sopravvalutare l’influenza politica dell’American Israeli Public Affairs Committee (AIPAC) che dispone di un budget quadruplicato tra il 1982 e il 1988 (1.600.000 dollari nel 1982, 6.900.000 dollari nel 1988)’ ( Fonte: “Wall Street Journal”, 24 giugno 1987 )
I sionisti continuano ad accusare di antisemitismo chiunque sollevi questo problema ma Garaudy ha avuto buon gioco nel citare le pesanti affermazioni di Ben Gurion che affermò ‘Quando un ebreo, in America o in Africa del Sud, parla ai suoi compagni ebrei del “nostro” governo, intende il governo d’Israele’.
Insomma, Israele è uno Stato abusivo ma la sua impunità da cosa deriva? Possiamo rispondere in modo semplicistico (1) dalla forza dell’AIPAC ( lobby ebraica di chiaro orientamento fascista ) e (2) dalla penetrazione dei capitali ebraici, quindi dalla forza dei capitalisti israeliani. Certamente c’è del vero ma è bene approfondire.
Il leader socialista Salvador Allende ( guarda caso rovesciato da un colpo di Stato militare organizzato dalla CIA e appoggiato dai sionisti ), nel 1972, all’ONU, denunciò:“La struttura politica del mondo sta per essere sconvolta da grandi corporazioni internazionali che agiscono per i loro esclusivi interessi, calpestando gli interessi legittimi della società”.
L’analisi di Allende è di grande attualità dato che anche le lobby ebraiche sono gruppi di pressione interni a questa nuova classe capitalistica transnazionale. All’interno di questo conflitto ogni fazione borghese ( sia quella statunitense che quella israeliana ) gioca la sua partita in modo autonomo. Che dire ? Vincono le fazioni più forti e l’AIPAC si sta aggiudicando questo scontro con un punteggio tennistico.
La mia tesi è la seguente: mentre Israele è una macchina da guerra che riflette gli interessi particolari di quella borghesia ebraica ampiamente radicata nel territorio medio orientale, quindi una borghesia di provenienza prevalentemente militare ( i capi del governo israeliano vengono quasi tutti dall’esercito e Israele stessa è legata alle multinazionali delle armi; ritenerla, quindi, prima di tutto, una borghesia militare, credo sia pertinente. ), la lobby rappresenta, salendo di molti gradini, interessi capitalistici con finalità ben più elevate.E’ da ritenere che la penetrazione di capitali israeliani sia favorita e spinta avanti dai lascia passare della suddetta lobby.
Spieghiamo meglio.
Durante la guerra fredda gli Usa hanno guidato una coalizione pan-imperialistica contro i paesi del blocco sovietico. Oggi il sionismo transnazionale, intendendo con questa definizione i gruppi ebraici egemoni e interni alla nuova classe capitalistica occidentale, mira a costituire un’ alleanza pan-imperialistica (1) contro il blocco capitalistico emergente ( Russia, Cina ed Iran ), (2) per realizzare il folle progetto neocons della guerra permanente.
Tutto ciò potrebbe spingerci ad ipotizzare che il sionismo potrebbe addirittura sopravvivere ad Israele e diventare ideologia di Stato nei paesi del blocco NATO.
Molti bocceranno questa tesi come azzardata e fantapolitica, tuttavia anche Petras ritiene che “L’SPS ha svolto un ruolo fondamentale nello scatenamento delle principali guerre dei nostri giorni, conflagrazioni che possono provocare nuovi conflitti armati, allora vuol dire che è ormai indispensabile indebolire la capacità della lobby sionista/ebraica nel promuovere ulteriori guerre’. ( James Petras, Perché è così importante condannare Israele e la lobby sionista, TLAXCALA )
E ancora : ‘Nessun altro gruppo politico organizzato o società di pubbliche relazioni che agisca negli interessi degli esiliati cubani o venezuelani, di uno Stato arabo o africano, dello Stato Cinese o di uno degli Stati dell’Unione Europea si avvicina minimamente all’influenza con cui la lobby sionista riesce a plasmare la politica statunitense per servire gli interessi di Israele’.
Israele è uno Stato imperialistico e di derivazione post-fascista che coinvolge gli Usa nelle sue politiche genocide.
La lobby ha quindi un progetto ben più ampio: guidare una nuova coalizione imperialistica occidentale. Un progetto che ora prende chiaramente forma ed è facilmente identificabile.
Sulla base di ciò credo che, da sinistra, sia necessario lavorare per la costituzione di un Fronte ampio antisionista; un nuovo Fronte popolare che combatta il sionismo, fratello gemello del fascismo, in nome del sacrosanto diritto dei popoli all’autodeterminazione.