Se te la prendi con chi fugge dalle guerre, invece di prendertela con chi fa le guerre, hai merda nel cervello (Albert Einstein)
La falsa “crisi’ dei rifugiati” alla prova dei fatti risulta essere una operazione di guerra psicologica (quella tipologia di guerra che usa il condizionamento mediatico per riorientare politicamente le masse) la cui regia spetta, come al solito, all’imperialismo nord-americano.
Solo per fare un esempio eloquente, una agenzia austriaca – Info Direkt – citando Österreichischen Abwehramts (Servizio di Intelligence militare austriaco) accusa gli Stati Uniti e la CIA di finanziare il flusso di migranti che dalla Libia arrivano in Europa. 1
Come ben sappiamo la stragrande maggioranza delle persone che fuggono dal centro Africa possono essere definiti non solo deportati politici ma anche deportati economici. Che cosa significa tutto questo? Semplice, siamo davanti a masse sterminate di popolazione i cui rispettivi paesi, oltre ad essere stati distrutti dalla guerre di aggressione delle potenze occidentali, hanno visto una progressiva pauperizzazione dovuta alla svendita delle loro risorse ai capitalisti del nord del mondo. L’Europa ha un debito nei loro confronti, gli deve accoglienza, e la sinistra ha il dovere – di contro – di integrare queste persone nei movimenti sociali e sindacali.
Purtroppo in un contesto di crisi sistemica del capitalismo mondiale – e di ridefinizione degli Stati capitalisti occidentali – non fuggono solo i deportati politici ed economici.
In primo luogo è bene ricordare che nel 1992, quando gli Stati europei erano 15 e non i 28 attuali, l’Unione Europea riceveva 672 mila profughi per 380 milioni di abitanti, oggi – per la precisione nel 2014 – ne ha ricevuti 626 mila. La crisi, davanti queste cifre relativamente modeste, risulta essere falsa, una chiara montatura mediatica. Come mai nel 1992 nessuno ha posto il problema? La risposta a ciò si trova studiando con attenzione le fonti, ragionando sulle analisi degli studiosi – anche di orientamento politico diverso – che hanno trattato l’argomento, per poi trarre autonomamente le dovute conclusioni. Alla fine tutto sarà più chiaro.
La stessa agenzia austriaca Info Direkt afferma che gli scafisti chiedono cifre esorbitanti per portare i profughi in Europa: si va dai 7 mila ai 14 mila euro. I servizi segreti austriaci hanno lavorato sul tema e rivelato che “Si è intuito che organizzazioni provenienti dagli Stati Uniti hanno creato un modello di co-finanziamento e contribuiscono a gran parte dei costi dei trafficanti”’ 2. Insomma, siamo – come da copione – davanti ad una operazione di destabilizzazione delle Organizzazioni non governative ( ONG ) nord-americane; operazione volta a colpire chi? Ovviamente i paesi non allineati e in questo caso l’Eritrea che da anni rifiuta l’integrazione nel sistema di comando imperialista a guida occidentale.
Il governo dell’Eritrea, non a caso, ha puntato su un sistema socioeconomico autarchico basato sulla valorizzazione dei prodotti autoctoni. L’odio delle ONG nord-americane è forse dovuto a questo?
ll marxista africano Mohamed Hassan definisce l’Eritrea “un sasso nelle scarpe del colonialismo occidentale”. Hassan ha molti dubbi – del resto – anche sulla faccenda dei profughi provenienti da questo paese africano. Questa sua posizione merita di essere posta all’attenzione:
“Evidentemente quelli che fuggono dall’Eritrea hanno il loro punto di vista. Ma noto delle lacune sistematiche nel ritratto che viene fatto di questo paese. Per esempio, si insiste sul fatto che nessuna elezione è stata organizzata dall’indipendenza del paese nel 1993. Ricordano pure le misure prese dal governo nel 2001, la chiusura dei media privati e l’arresto di oppositori politici. Ma non si dice nulla sul contesto. Potremmo dunque dedurre semplicemente che il presidente Isaias Afwerki è stato improvvisamente colpito da un eccesso di autoritarismo. Si dipinge così un ritratto di un tiranno lunatico. Lo si accusa addirittura di essere alcolizzato e di avere un capitale nascosto in Svizzera. Senza portare la benché minima prova, ovviamente. La realtà è diversa. Isaias Afwerki è un uomo lucido che non ha nessun problema con l’alcol. Quando si conosce un minimo l’Eritrea, è aberrante doversi sorbire tali voci. Il presidente è modesto. Se andate ad Asmara, potrete incrociarlo che passeggia in strada in ciabatte e senza guardie del corpo. Siamo distanti dall’immagine del tiranno megalomane che sfrutta il suo popolo per la ricchezza personale”. 3
Il giovane studioso Amedeo Sartorio, già attivista del Partito comunista del Canton Ticino, ha dedicato all’argomento un buon saggio sul suo blog ed integra la riflessione di Hassan in questo modo:
“Sono molti gli eritrei all’estero, partiti a causa della situazione di guerra perenne in cui vive il paese (moltissimi sono partiti parecchio tempo prima della rivoluzione, ma da noi li spacciano tutti come “vittime della dittatura Eritrea”), e il governo mette una piccola tassa sui guadagni percepiti all’estero, che va ad influire sulle casse dello stato, che a sua volta reinveste in opere sociale nel paese. La comunità estera, per la maggioranza molto legata al paese di origine e quindi ben propensa a cedere una piccola percentuale ai suoi connazionali, è quindi fondamentale per lo sviluppo del paese, che rifiuta gli “aiuti internazionali”. 4
Questa sua analisi è supportata da un elenco delle conquiste sociali realizzate dal governo eritreo.
I problemi che qui sorgono sono numerosi, io mi limito a segnalarne due:
(1) I flussi migratori indotti dalle ONG sono interne al progetto imperialista americano definito “caos creativo”. In questo caso il progetto si basa sul dualismo: balcanizzazione dei paesi coloniali/alterazione dei rapporti demografici in Europa.
(2) Gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse a creare una fascia d’elite all’interno degli stessi immigrati, una fascia privilegiata disposta a trattare con gli agenti delle potenze imperialiste. Domanda: sono loro i protagonisti delle buffonate mediatiche davanti gli alberghi italiani, in cui si vedono presunti profughi lamentarsi per l’assenza del wi-fi?
In Austria gran parte dei finanziamenti alle organizzazioni – ovviamente private – che accolgono questi migranti (i disperati magrebini invece no? Meglio torturarli come presunti terroristi…) vengono dalla British Equistone Partners Europa ( PEE) , che fa capo a Barclays Bank, cioè alla potentissima multinazionale finanziaria nota anche come “La corazzata Rotschild”, che ha come principali azionisti la banca privata NM Rotschild e la loro finanziaria satellite Lazard Brothers, come leggiamo dallo stesso documento dell’agenzia austriaca.
Le ONG svolgono un lavoro certosino: si frappongono fra i migranti e le organizzazioni di sinistra che, come è giusto, dovrebbero integrare questa gente in un ipotetico movimento sociale e di lavoratori. Sono strutture funzionali agli stati imperialisti occidentali che spezzano la solidarietà e fomentano i conflitti interni. Non è un caso che poggiano su un immenso apparato mediatico che, in modo sistematico, le sostiene.
Non è casuale che fin dall’inizio abbia definito questo progetto come destabilizzazione imperialistica la quale – come si evince da questa pluralità di fonti – si svolge su più piani: (1) conflitti fra migranti e creazione di una fascia d’elite all’interno dei migranti stessi; (2) scontro fra migranti e masse popolari europee vittime delle politiche neoliberiste.
Tutto questo è evidente quando si analizza la questione, molto e mal dibattuta, dei profughi siriani.
Che succede in Siria ?
La Siria baathista è sotto attacco da parte di vari imperialismi – statunitense, inglese, francese, israeliano – e di diversi regimi dittatoriali locali – Turchia, Arabia Saudita, Qatar – da diversi anni.
Cosa vogliono far pagare alla Siria? Semplice, il suo riposizionamento filorusso nello scacchiere geopolitico mondiale e il suo pieno sostegno alla Resistenza libanese degli Hezbollah, storici alleati dei movimenti di liberazione nazionale della Palestina occupata.
Per questo motivo gli Usa hanno creato l’ISIS – come Hillary Clinton ha candidamente ammesso – per poi darlo in gestione a Turchia ed Arabia Saudita. Contro il governo laico siriano si è scatenata la furia takfira dell’ISIS e delle altre organizzazioni terroristiche legate ad Al Qaeda,come il Fronte Al Nusra, e alleate di Israele sul Golan siriano.
Dopo ben quattro anni il governo nazionalista di Bashar Al Assad ha ricevuto il sostegno di una buona parte dei ceti popolari siriani riuniti nei Comitati popolari e nelle guerriglie rurali in appoggio dell’esercito regolare. Nello stesso, tempo la Siria ha visto la fuga delle classi agiate e possidenti.
Dice il giornalista Thierry Meyssan:”I ricchi, che hanno dei possedimenti all’estero, sono partiti quando Damasco è stata attaccata. Amavano il loro paese, ma soprattutto proteggevano le loro vite e i loro beni”5. Sono forse questi i profughi siriani?
Non credo che un operaio siriano disponga del denaro necessario per pagare la traversata dalla Turchia all’Ungheria, cifra che in precedenza ruotava sui 10.000 dollari ed ora è scesa a 2.000 dollari a persona. La Siria ha resistito all’offensiva imperialistica grazie al supporto di gran parte del suo popolo, sostenuto dai guerriglieri di Hezbollah e dai combattenti palestinesi del Fronte popolare di liberazione della Palestina. Dai nazionalisti siriani, non a caso, i “profughi” sono addirittura considerati dei disertori. Del resto non si può analizzare un tema così complesso senza provare a guardarlo con gli occhi di chi vive la situazione sul campo.
La Germania li ha accettati di buon grado al solo scopo di inserire manodopera qualificata a basso costo all’interno del proprio sistema economico e industriale. In secondo luogo la potenza imperialistica tedesca sta attraversando una crisi demografica interna. Spopolare alcune aree geografiche e dirottare forza lavoro a basso costo nel nord del mondo è la soluzione ai problemi demografici che lo stesso sistema capitalistico genera?
Per completare il ragionamento bisogna aggiungere questi dati: il 20 % dei profughi sono siriani, il 7 % afghani ed il 3 % irakeni ( fonte, Thierry Meyssan ). Si tratta di persone che fuggono da zone di guerra ma che non hanno preso parte ai rispettivi movimenti di liberazione nazionale contro le occupazioni militari straniere..
Il giornalista Manuel Freytas ha dichiarato che i siriani poveri lottano in patria per salvarsi la vita contro l’offensiva imperialistica mentre questi profughi sono stati da lui definiti come “la classe media della CIA”. Sono parole molto dure – sicuramente fra di loro ci sono anche tante persone sincere e bisognose di aiuto – che ci danno però un’ idea chiara della natura di questa operazione su larga scala lanciata dall’occidente col sostegno di Israele e dell’Arabia Saudita. Bisogna dare aiuto ai bisognosi, creare uno Stato sociale inclusivo, tutto questo senza esimersi dal denunciare i progetti imperialisti e le provocazioni di chi ruota attorno le ONG, strumenti attivi e consapevoli (e quindi con la loro quota di responsabilità, per ciò che gli compete) di tali deportazioni economiche.
L’imperialismo oggi altera apertamente i rapporti demografici. Il giornalista tedesco Udo Ufkotte ha detto che con tutta probabilità entro il 2020 Gaza diventerà inabitabile; per questo Israele progetta di trasferire i palestinesi in Europa. La politica dell’accoglienza deve procedere di pari passo con la resistenza dei popoli al neocolonialismo. .
Le potenze della NATO e i loro alleati, Israele e Arabia Saudita, hanno dimostrato una grande capacità di destabilizzare intere aree geografiche per i propri interessi economici e geopolitici complessivi. Resta il problema di come arginare questo progetto.
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http://www.voltairenet.org/article188635.html
http://www.maurizioblondet.it/negri-e-scafisti-finanziati-dagli-usa/
http://www.michelcollon.info/Intervista-a-Mohamed-Hassan-Giu-le.html?lang=fr
http://amedeosartorio.blogspot.it/2014/12/l-la-piu-sanguinaria-dittatura-africana.html
http://www.voltairenet.org/article180805.html