Muore Colin Powell: il “negro da cortile” che giurò fedeltà al White Power/Zionism Power

E’ morto di coronavirus a 84 anni Colin Powell, il primo Segretario di Stato USA afroamericano: è stato uno degli esecutori della dottrina Rumsfeld/Cebrowski in Iraq proiettando nel mondo arabo la ‘’guerra eterna’’.

 

La distruzione di uno Stato sociale dinamico

Dopo l’11 settembre 2001, i neoconservatori repubblicani rimodellarono il complesso militar-industriale come Configurazione del Potere Sionista (Zionist Power Configuration – ZPC) in cui spicca il ruolo degli ‘’architetti politici’’ con doppia cittadinanza, israeliana e statunitense: il sociologo marxista James Petras individuò in questa tappa della politica USA la configurazione della lobby israeliana in quanto ‘’stato nello stato’’, avendo di fatto preso il controllo dei gangli vitali del Deep State in contrapposizione agli interessi commerciali del Padronato (rappresentato dal 2016 al 2020 da Donald Trump). Il contesto politico in cui si fa largo Powell è stato descritto da Petras nel saggio La guerra contro l’Iraq (Rete Voltaire, 2009), in cui emerge il ruolo dei sostenitori della tesi ‘’prima Israele’’ nella sovrapposizione dell’agenda sionista alla dottrina dello ‘’scambio ineguale’’ caratterizzante le lobby dei petrolieri e strozzini:

‘’Questi impegnati sionisti “interni” sono stati sostenuti da migliaia di funzionari del “prima Israele” a tempo pieno nelle 51 principali organizzazioni ebraiche americane, che costituiscono la Presidents of the Major American Jewish Organizations (PMAJO). Essi hanno apertamente dichiarato come loro priorità assoluta il portare avanti l’agenda di Israele, che, in questo caso, era una guerra degli Usa contro l’Iraq per rovesciare Saddam Hussein, occupare il paese, dividere fisicamente l’Iraq, distruggere la sua capacità militare e industriale ed imporre un regime fantoccio pro-Israele/Usa. Se l’Iraq fosse pulito etnicamente e diviso, come auspicato dal Primo ministro israeliano di estrema destra Benyamin Netanyahu e dal “liberale” Presidente emerito del Consiglio per le Relazioni Estere e militarista-sionista, Leslie Gelb, non ci sarebbero che vari “regimi clienti”’’ 1

Nella sua produzione teorica, James Petras ha constatato che gli Stati Uniti iniziarono una guerra d’aggressione neocoloniale, non per costruire uno ‘’stato’’ neoliberista ma per far sprofondare un’intera aerea geografica nel caos: ‘’I massimi politici sionisti che hanno promosso la guerra, pur non avendo inizialmente perseguito in modo diretto la politica di distruzione sistematica di ciò che, in effetti, era l’intera civiltà irachena, hanno fornito il loro sostegno e l’elaborazione di una politica di occupazione, che comprende lo smembramento totale dell’apparato dello Stato iracheno e il reclutamento di consulenti israeliani per il passaggio di “competenze” nelle tecniche di interrogatorio, di repressione della resistenza civile e di contro-insurrezione ‘’ (Ibidem). Il ‘’modello’’ repressivo israeliano ispira l’estrema destra mondiale ed ha corrotto, col potere della lobby sionista, la sinistra ‘’politicamente corretta’’ rendendola compartecipe dei crimini dell’occupazione neocoloniale; una variante atipica dell’imperialismo definibile in quanto imperialismo del ventunesimo secolo, nonostante ciò la lobby progressista ha trasformato il centro-sinistra in una proiezione della ‘’fazione’’ più ipocrita del Pentagono, quella dei ‘’bombardamenti etici’’.

 

Colin Powell all’ONU: la menzogna come arma dell’Impero americano

Il 5 febbraio 2003, il ‘’negro da cortile’’ Colin Powell tenne un discorso presso le Nazioni Unite, seguendo le direttive della squadra di Cheney: accusò l’Iraq d’ogni nefandezza, dall’11/9 alla preparazione di armi di distruzione di massa, inoltre diede un nuovo volto ad Al Qaeda, Abu Musab al-Zarqawi 2. Un autentico sproloquio, accettato dalla stragrande maggioranza del giornalismo comprato nell’Impero americano d’Occidente: soltanto l’ex presidente francese Jacques Chirac respinse la dottrina neocons, incentrando la propria linea sulla differenza fra ‘’guerra imposta’’ e ‘’guerra scelta’’. Nel 2021 non ci sono dubbi: la guerra in Iraq è stata una (sporca) guerra di conquista. L’analista strategico Thierry Meyssan ha constatato che, poco dopo la (parziale) ribellione di Chirac, ‘’Washington e Londra non imporranno solo la guerra: dimenticando Hans Blix, gli Stati Uniti si impegneranno in ogni sorta di operazione per “farla pagare” a Chirac. Il presidente francese abbasserà presto la guardia e farà più del necessario per aiutare i suoi padroni statunitensi’’ (Ibidem): non esiste sovranità all’interno del sistema capitalista e chi si oppone a Washington rischia di fare la fine di Olof Palme (rimasto nel mezzo fra capitalismo e socialismo) o di Kennedy (in rottura con la lobby sionista, ma rimasto fedele alla Nato).

Nel suo discorso all’ONU, Powell ‘’citò un elenco di oltre 3.500 scienziati e tecnici iracheni che avrebbero dovuto essere “accolti” per impedire che la loro esperienza venisse utilizzata da altri paesi. Gli Stati Uniti avevano addirittura predisposto uno stanziamento di centinaia di milioni di dollari, prelevati dal denaro iracheno di “Oil for Food” in possesso delle Nazioni Unite per promuovere programmi di “ri-educazione civile” per riqualificare gli scienziati e gli ingegneri iracheni’’ (James Petras). Alla corruzione ed al lavaggio del cervello (cosa solitamente riservata ai Premi Nobel), l’amministrazione Bush preferì gli assassinii mirati:

‘’In tre altre università di Baghdad, 53 docenti di alto livello sono stati massacrati, di cui 10 nella Facoltà delle scienze sociali, 7 in giurisprudenza, 6 ciascuno in quella di medicina e scienze umane, 9 in quella di fisica, 5 in ingegneria. Il Segretario della Difesa Rumsfeld, il 20 agosto 2002 in una battuta prima dell’invasione diceva “… si deve supporre che essi (i ricercatori) non stiano giocando al ’Gioco delle pulci’ (un gioco da bambini)”, affermazione che giustifica la sanguinosa purga degli scienziati iracheni nei campi della fisica e chimica. Un inquietante segnale del macello accademico che sarebbe seguito all’invasione.

Analoghe sanguinose purghe di accademici si sono verificate in tutte le università della provincia: 127 anziani accademici e ricercatori sono stati assassinati in diverse rinomate università a Mosul, Kirkuk, Bassora e altrove. Le università di provincia con il maggior numero di elementi di spicco uccisi sono state nelle città dove i militari statunitensi, britannici e i mercenari curdi loro alleati erano più attivi: a Bassora (35), Mosul (35), Diyala (15) e Al-Anbar (11)’’ (Ibidem)

Colin Powell, il ‘’negro da cortile’’ nato per fare la guerra. Il colonnello in pensione dell’esercito americano Lawrence Wilkerson, capo di stato maggiore di Colin Powell dal 2001 al 2005, ha riferito la natura della guerra in Iraq, distruggere la civiltà araba per realizzare la ‘’Grande Israele’’ e lanciare un messaggio a Russia, Cina ed Iran: “L’America esiste oggi per fare la guerra. In che altro modo interpretiamo 19 anni consecutivi di guerra e senza fine in vista? Fa parte di quello che siamo. Fa parte delle caratteristiche dell’impero americano’’ 3. L’Impero ‘’yankee’’ è fondato sulla menzogna: gli Stati Uniti d’America, unificati con lo sterminio dei nativi, esistono per fare la guerra.

La conquista dell’Iraq ha comportato la distruzione di una civiltà laica e moderna, questo non si chiama ‘’sviluppo ineguale e combinato’’, non ha nulla a che vedere col colonialismo tradizionale, è un nuovo modo d’intendere l’imperialismo basato sulla ‘’guerra perpetua’’. I becchini come Colin Powell hanno operato sotto la direzione dei ‘’ragazzi modello ‘’ di West Point che tracciano “schemi per l’impero” (cit. James Petras), formulati dai laureati di Princeton, Harvard, Johns Hopkins, Yale e Chicago, narcisi e desiderosi di servire gli interessi delle multinazionali europee e statunitense, gli ‘’intellettuali’’ (tanto più se di ‘’sinistra’’) sono i peggiori nemici del mondo del lavoro. Sionista, antipalestinese e nemico della classe operaia, Powell ha contribuito ad imporre salari da fame ai lavoratori statunitensi globalizzando un modello basato sull’ingiustizia; la ‘’sinistra’’ europea gli è andata dietro, abbracciando il neoconservatorismo.

https://www.voltairenet.org/article162185.html

https://www.voltairenet.org/article213727.html

https://www.ariannaeditrice.it/articoli/gli-stati-uniti-sono-in-una-battaglia-epocale-per-fermare-l-integrazione-dell-eurasia

Usa, è morto Colin Powell. Era malato di Covid - Esteri - quotidiano.net

Fonte foto: Quotidiano.net (da Google)

6 commenti per “Muore Colin Powell: il “negro da cortile” che giurò fedeltà al White Power/Zionism Power

  1. Giulio Bonali
    19 Ottobre 2021 at 14:39

    Ricordate quel ricchssimo giocatore negro di pallacanestro (per gli anglomani: “basket”) che avendo ucciso la moglie é scampato alla sedia elettrica o alla camera a gas, esattamente alla pari di tutti i bianchi come lui, e contrariamente a tutti i negri degli USA, compresi latinoamericani dalla pelle chiara e perfino anglosassoni poveri, magari biondi e con gli occhi azzurri?).

    Non ricordo più -purtroppo!- in quale vecchio film (americano!) c’ é una scena che come tutte le grandi opere d’ arte fa capire di colpo in un attimo, “d’ intuito”, quanto con il ragionamento richiederebbe ore e ore di difficili argomentazioni per essere dimostarto nella sua solare evidenza: alcuni negri sbarcati negli Stati Uniti per essere venduti come schiavi (o ex schiavi fuggiaschi dal Sud al Nord degli USA? Mi dispiace proprio molto per queste senili lacune di memoria circa un simile capolavoro!) vengono quasi investiti e poi maltrattati verbalmente dal cocchiere negro della carrozza di un riccone bianco. Uno di loro chiede agli altri “ma costui era un negro?” ricevendo immediatamente la giusta risposta: “é un bianco!”

    N.B.: Naturalmente, come l’ autore di questo ottimo articolo ed al contrario dei politicamente corretti latentemente (ma secondo me indubbiamente) razzisti uso il termine “negro” per il semplicissimo, lapalissiano motivo che non essendo razzista (ma per davvero!) non mi é mai passato nemmeno per l’ anticamentra del cervello che possa trattarsi di un parolaccia da evitarsi e sostituirsi con ipocritissimi psudoeufenismi.

    Un’ unico appunto mi sentirei di fare al buon Stefano Zenchinelli: li termine “negro da cortile” non mi piace, malgrado l’ etrema spregevolezza e turpitudine morale dei soggetti cui é riferito, perché mi ricorda le galline allevate a terra, che sono pur sempre animali non umani.
    Preferisco “bianco -ma anche meglio: WASP- dalla pelle nera” o magari “bianco negro”, che mi ricorda la mia gioventù allorché il cantante Fausto Leali, per la sua voce roca ma potente, era chiamato “Il negro bianco”.

    • Fabrizio Marchi
      19 Ottobre 2021 at 17:33

      Giulio, l’espressione “negro da cortile” non è di Stefano Zecchinelli ma di Malcom X che lo usava appunto per spiegare la differenza fra il “negro da campo”, cioè lo schiavo, lo sfruttato, e i neri (schiavi anch’essi) che lavoravano come domestici nelle case dei padroni bianchi e che vivevano delle briciole di questi e si immedesimavano con i loro sfruttatori.
      E’ una famosa frase di Malcom X pronunciata durante una intervista.

      • Panda
        19 Ottobre 2021 at 19:28

        La trovo un’espressione molto infelice anch’io, proprio perché tradisce le fantasie etniciste del black power, ossia che un negro (in italiano abest iniuria verbo) non può essere membro della classe dominante. Durante lo schiavismo era vero, dopo no: il capitalismo non è intrinsecamente razzista e l’antirazzismo non è di per sé anticapitalista. Di tutte le critiche che si possono rivolgere a Powell quella di essere un “traditore della razza negra” la trovo la più inutile e fuorviante.

        • Giulio Bonali
          20 Ottobre 2021 at 9:55

          Mi pare che l’ articolo (oltre ad evidenziare la reale natura reazionarissima dell’ operato del defunto in questione, contro i numerosi coccodrilli politcamente corretti) stimatizzi piuttosto la “tossica” narrazione ideologica secondo al quale se un negro, una donna, un gay e così via divagando raggiunge i vertici del potre politico (subordinato al reale potre sociale delle classi dominanti), allora questo dimostrerebbe la “democraticità” di una società e delle sue istituzioni statali.

          • Panda
            20 Ottobre 2021 at 12:26

            Sono d’accordo. Questo rende però l’espressione, di per sé sbagliata, anche incongrua rispetto al contenuto dell’articolo.

  2. Giulio Bonali
    19 Ottobre 2021 at 18:49

    Mi scuso per l’ ignoranza (soprattutto con Zenchinelli) e ringrazio per l’ informazione ricevuta.

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