Messi al bando in Siria i partiti comunisti e socialisti


In Siria, rovesciato il Partito Baath del legittimo presidente Bashar al-Assad, i sostenitori del califfato stanno proiettando, con una violenza inaudita, contro alawiti e sciiti una delle pagine più buie del Novecento: la Notte dei Cristalli. L’abolizione di ogni forma di economia pianificata e l’infame messa al bando del Partito Comunista Siriano, a cui va tutta la nostra solidarietà, svelano la natura politica della “nuova Siria” dell’ex Daesh al-Jolani: uno “Stato lacchè” degli imperialismi statunitense e israeliano. Soltanto un’aggressione simultanea di più potenze imperialiste (Usa, Israele e Gran Bretagna) con la complicità e la collaborazione della Turchia ha permesso all’Occidente collettivo di disgregare l’ultimo bastione del nazionalismo panarabo, storicamente retroterra strategico delle Resistenze palestinesi e libanesi. I comunisti (PCS), prima filosovietici e ora filocinesi, hanno avuto un ruolo centrale nella storia della Siria socialista. 

Sull’Interferenza, in modo dettagliato, ho già spiegato come USA ed Israele hanno pianificato la distruzione di un Paese pluralista, risvegliando le cellule della Lega Anti-Comunista Mondiale: l’asse Kiev/Daesh, il legame indissolubile fra un certo islamismo e il nazismo (preservato sottobanco dall’MI6 britannico) ha ricucito i legami coi pianificatori della Shoah, successivamente arruolati dagli Stati Uniti in funzione antisovietica. L’unipolarismo è l’anticomunismo del ventunesimo secolo, essendo – nel complesso – il multipolarismo una condizione oggettiva che permette l’internazionalizzazione della conflittualità di classe.

L’imperialismo USA, dopo la “demolizione controllata” della Siria baathista, ha rilanciato il piano sionista della Nato araba, ricollocando l’Arabia Saudita nell’anglosfera, “stato lacchè” (soprattutto con la presidenza Trump) della dollarizzazione neocoloniale. Qual è la differenza fra Donald Trump e Biden? Washington da gendarme mondiale, passa ad essere lo strozzino del pianeta. Non abbiamo un male minore, entrambe le scelte sono peggiori.

Assad non era un dittatore, ma un leader pluralista

Leggiamo – per la prima volta dal golpe wahabita – l’analisi di Ammar Bagdache, segretario generale del Partito Comunista Siriano (PCS):

“Il 29 gennaio 2025 – spiega sempre Bagdache – i tratti della tirannia politica degli oscurantisti si sono delineati più chiaramente. Quel giorno si è tenuta una riunione allargata dei leader dei gruppi armati che, per una coincidenza storica, avevano conquistato la maggior parte del Paese, senza avere altri requisiti se non quello di possedere le armi. In questo incontro si concordò di instaurare nel Paese uno stile di governo autoritario. A una sola persona sono stati conferiti pieni poteri esecutivi e legislativi per amministrare lo Stato”. La Siria è nel frattempo “diventata un paese senza Costituzione, controllato dai capricci degli oscurantisti e dagli interessi dei poteri forti che li sostengono”. Vale la pena notare che la Costituzione votata democraticamente nel 2012 voluta dal precedente leader al-Assad, e che conteneva ampi diritti sociali è stata nel frattempo abrogata dal nuovo regime islamista perché stabiliva il socialismo come sistema economico della Repubblica Araba.” 1

Quali sono le sfide dei tagliagole in doppiopetto, fino a ieri massacratori senza scrupoli di sciiti e laici? Distruggere ogni forma, anche la più tiepida, di economia pianificata, importando il neoliberismo anglosassone:

“A confermarlo al “Financial Times” è stato il nuovo ministro degli esteri del regime Asaad al-Shaibani che ha chiarito che “La Siria smantellerà il socialismo dell’era Assad”. Damasco vuole infatti privatizzare le aziende statali e i porti così da garantire l’allentamento delle sanzioni da parte degli USA e dell’UE, che potranno in questo modo conquistare il nuovo mercato siriano con le proprie multinazionali, saccheggiando le risorse di un popolo costretto alla fame dalle sanzioni americane durate un decennio.” (Ibidem)

Londra approva e ne dà notizia. Al Qaeda in doppio petto ha una priorità: trasformare Damasco in un secondo Qatar, l’inferno degli alawiti e dei lavoratori. L’obiettivo del complesso militare-industriale statunitense, coadiuvato dall’entità sionista, è quello di scatenare guerre genocide con l’intento non di vincerle, ma di gettare intere aree geografiche nel caos; questa dottrina, ispirata al pensiero di Thomas Hobbes, prende il nome di “guerra eterna”. Donald Trump, erede della linea di Andrew Jackson, ha teorizzato la deportazione di massa delle popolazioni arabe, così da permettere la nascita della Grande Israele: il regime sionista da deposito d’armi diventerebbe, nella “logica trumpiana”, una sorta di grande capitalismo casinò. Cosa accomuna i nazi-sionisti Trump e Netanyahu coi liberal-globalisti Biden ed Harris? L’odio verso le Resistenze antimperialiste vittoriose, dagli Hezbollah ai Guardiani della Rivoluzione. Biden e Trump, due facce della stessa medaglia: l’AIPAC, la lobby sionista statunitense, che ha reso possibile il genocidio nella Terra di Palestina, per mano dei sionisti-revisionisti. Il giornalismo lubrificato, su questo e molto altro, dolosamente tace.

Il Presidente Bashar al-Assad, socialdemocratico per formazione politica, nel 2017 approvò, tramite referendum, una Costituzione pluralista rispettosa dei diritti delle minoranze 2; il concetto di Comunità, quindi la condivisione “d’una vita psichica di comunità” (più comunemente “lo stare insieme”), si sovrapponeva per legge ai particolarismi religiosi. In Siria, l’imperialismo delle Onlus e la “sinistra” neoliberale (es. i sostenitori del separatismo etnico curdo) hanno contribuito alla distruzione di uno Stato sovrano, riconfermando il paradigma del giornalista investigativo Jean Bricmont: “imperialismo umanitario”.

Il Partito Comunista Siriano ha dichiarato che continuerà a lottare in clandestinità: una decisione coraggiosa che, ci auguriamo, troverà l’appoggio di Russia e Cina, due nazioni impegnate nella lotta contro il “terrorismo totale” USA.

https://www.sinistra.ch/?p=16608
https://www.constituteproject.org/constitution/Syria_2017D?fbclid=IwY2xjawIQ1FNleHRuA2FlbQIxMAABHXrdMKaR7Mfc1pSs2tiOe18XPxGCWg1RqAAifJXaLW3QWBKviqnAWBv7-w_aem_C9N0PzY_cDx8kY6TPYuK2A

Fonte foto: da Google

12 commenti per “Messi al bando in Siria i partiti comunisti e socialisti

  1. Giulio Bonali
    7 Febbraio 2025 at 8:49

    Cito:
    “La natura politica della “nuova Siria” dell’ex Daesh al-Jolani: uno “Stato lacchè” degli imperialismi statunitense e israeliano. Soltanto un’aggressione simultanea di più potenze imperialiste (Usa, Israele e Gran Bretagna) con la complicità e la collaborazione della Turchia ha permesso all’Occidente collettivo di disgregare l’ultimo bastione del nazionalismo panarabo, storicamente retroterra strategico delle Resistenze palestinesi e libanesi.”
    “Il Partito Comunista Siriano ha dichiarato che continuerà a lottare in clandestinità: una decisione coraggiosa che, CI AUGURIAMO, TROVERA’ L’ APPOGGIO DI RUSSIA E CINA, due nazioni impegnate nella lotta contro il “terrorismo totale” USA” [evidenziazione in maiuscolo mia, n. d r].

    La Russia non ha fatto nulla per difendere il governo tollerante, democratico, socialisteggiante, sostenitore della resistenza anti sio(naz)ista di Assad e non é stata di meno complice della Turchia in questa sciagurate vicenda, preoccupandosi solo di mercanteggiare la “sopravvivenza” delle sue basi militari con le bande dei tagliagole al servizio dell’ imperialismo (con successo, addivenendo ad un vergognoso accordo), e probabilmente anche mercanteggiando sottobanco con il nuovo tiranno USA un più limitato impegno di questi ultimi nella guerra di Ucraina.

    Se é giusto far leva anche sulle contraddizioni interimperialistiche nella lotta per un mondo per quanto possibile multipolare e pacifico, ancor più importante é rimanere sobri e realisti e non prendere lucciole per lanterne confondendo la Russia imperialista di Putin (e anche quella che per me é “la sfinge cinese”, comunque se non altro molto meno aggressivamente e grossolanamente imperialista), con l’ URSS.

    • Fabrizio Marchi
      7 Febbraio 2025 at 12:23

      Penso che nessuno di noi, compreso l’autore dell’articolo, confonda la Russia con l’URSS e Putin con Lenin…Di questo puoi stare tranquillo. Dopo di che fra noi ci sono posizioni anche parzialmente diverse, come è giusto che sia, ed è giusto che si esprimano. Comunque, a scanso di equivoci, lo scontro in atto oggi a livello globale non è fra capitalismo da una parte (USA e blocco occidentale) e socialismo dall’altra (BRICS) ma fra un blocco capitalista e imperialista tout court a guida USA e un gruppo di stati assai diversificati fra loro in larga parte capitalisti (compresa in parte la Cina) ma dove al comando è la Politica e non il Capitale. E questo vale, sia pure in forme diverse, sia per la Cina che per la Russia e l’Iran (e naturalmente ancora di più per Cuba, Venezuela e Corea del Nord). Non è una differenza da poco. Questa serie di stati, per ragioni oggettive e non ideologiche, non costituisce un polo imperialista e, sempre per ragioni oggettive, costituisce oggi un fattore progressivo nel processo verso un mondo multipolare e, appunto, non dominato da logiche imperialiste. La Russia, a mio parere, è una potenza imperiale ma non imperialista (sono due cose diverse), ha un ovvio interesse ad essere egemone nel suo quadrante geopolitico ma non ha la struttura complessiva per essere una potenza imperialista, nonostante la sua potenza militare, alla quale però non corrisponde neanche minimamente una altrettanto potente struttura economica. La Cina non è oggettivamente imperialista. I suoi rapporti economici e commerciali con i paesi non sottoposti al controllo occidentale (ma non solo) sono all’insegna della cooperazione e dello scambio ma certamente non di tipo imperialista e ancor meno di tipo colonialista o neocolonialista. Dopo di che sulla natura e sulla complessità dello stato e della società cinese potrremmo aprie una discussione interminabile. A tal proposito comunico fin da ora che abbiamo già deciso di promuovere un evento proprio sulla Cina che pensiamo di organizzare verso Maggio di quest’anno, proprio con la finalità di entrare nel merito delle cose che ci stiamo dicendo.

      • Giulio Bonali
        7 Febbraio 2025 at 15:52

        Francamente non capisco in base a quali mie fantomatiche affermazioni ti possa essere venuto in mente di ricordarmi (non certo di obiettarmi!), sfondando una porta aperta, che “a scanso di equivoci, lo scontro in atto oggi a livello globale non è fra capitalismo da una parte (USA e blocco occidentale) e socialismo dall’altra (BRICS) ma fra un blocco capitalista e imperialista tout court a guida USA e un gruppo di stati assai diversificati fra loro in larga parte capitalisti (compresa in parte la Cina) ma dove al comando è la Politica e non il Capitale”.
        Per parte mia preciserei comunque che, in quanto capitalistici, questi paesi presentano in varia misura, chi più, chi meno (ma qualcuno, come il Venezuela, di fatto per nulla) oggettive caratterizzazioni e tendenze imperialistiche; il che ovviamente non ci deve indurre a fare di tutte le erbe un fascio ignorando colpevolmente le contraddizioni interimperialistiche, al contrario di quanto fecero Marx, Engels (anche se non utilizzarono il termine “imperialismo”, almeno nella precisa accezione leniniana), Lenin, Stalin e altri.
        Quindi per me il “polo variegato” che si oppone e lotta contro quello imperialista dominante (almeno per ora) a guida USA effettivamente “costituisce oggi un fattore progressivo nel processo verso un mondo multipolare e, appunto, non dominato da logiche imperialiste” (in quanto indebolite, contrastate, in qualche misura “tenute sotto controllo” mi sentirei di precisare); ma non per questo se ne possono ignorare gli aspetti e le componenti “diversamente imperialistiche” che invece secondo me vanno tenute in debito conto (ovvero non ingigantite ed assolutizzate ma nemmeno ingenuamente trascurate).
        La Russia possiede almeno due basi militari in Siria (e l’ esigenza di preservarle é stata decisiva nella sua -decisiva- inerzia di fronte all’ assalto finale al governo democratico di Assad; e analoghe ignobili ragioni geopolitiche erano state all’ origine del suo mancato esercizio del diritto di veto al C.d.S. dell’ ONU al momento della criminale, barbara distruzione della Libia di Gheddafi, formidabile baluardo antiimperialista per lo meno per l’ Africa intera); e la Cina ne possiede una a Gibuti, lontanissime erntrambe dai loro territori nazionali; inoltre si la Russia che la Cina esportano capitali ricavandone superprofitt. E questo se, come me, si segue la concezione leninista di “imperialismo”, ne fa indubbiamente delle potenze imperialistiche, anche se relativamente deboli, poco aggressive, per importanti aspetti “sulla difensiva” rispetto all’ imperialismo occidentale; se si impiega una diversa accezione del concetto, basta spiegarsi per intendersi, ma per quella leninista non é decisiva la quantità (di potenza militare, economica, mediatica e altro, di aggressività di fatto esercitata, ecc; il che a-ri-ovviamente non giustifica il fatto di ignorarla) ma invece la qualità dei rapporti economici e militari con il resto del mondo, a cominciare dall’ esportazione di capitali e dalla detenzione proprietaria di terra e di materie prime all’ estero, nonché dalla proiezione militare al di fuori della madrepatria e non giustificata da strette esigenze difensive, come é senza ombra di dubbio il caso di Gibuti per la Cina o di Tartus per la Russia (per favore non mi si tiri in ballo la guerra dell’ URSS staliniana contro la Finlandia governata dai filonazisti contemporaneamente agli inizi del secondo conflitto mondiale, che era tutt’ altra cosa!).
        Confido sia chiaro il mio intento critico costruttivo, in ossequio al fatto che “fra noi ci sono posizioni anche parzialmente diverse, come è giusto che sia, ed è giusto che si esprimano”.

        • Fabrizio Marchi
          7 Febbraio 2025 at 17:32

          La risposta è di fatto contenuta nella parte finale del tuo commento, anche se il tuo intento era un altro, cioè di dimostrare che anche la Cina e la Russia sono imperialiste. Ti cito testualmente:”…ma per quella leninista non é decisiva la quantità (di potenza militare, economica, mediatica e altro, di aggressività di fatto esercitata, ecc; il che a-ri-ovviamente non giustifica il fatto di ignorarla) ma invece la qualità dei rapporti economici e militari con il resto del mondo, a cominciare dall’ esportazione di capitali e dalla detenzione proprietaria di terra e di materie prime all’ estero…). E’ esattamente così, ed è per questo che io credo infatti che la Cina non sia uno stato imperialista, perchè la “qualità” dei suoi rapporti con i paesi con cui commercia non è di tipo imperialista e tanto meno colonialista. Certo che la Cina investe e certamente ricava degli utili dai suoi capitali investiti ma restituisce quanto guadagna sotto forma di costruzione di infrastrutture e di sviluppo economico e industriale complessiva al paese con il quale commercia e si relaziona. Proprio questa è la ragione per la quale sempre più paesi tendono a relazionarsi con la Cina e a spostarsi verso i Brics. E tutto ciò non avviene con l’occupazione militare o comunque con il ricatto dell’uso della forza militare – la qual cosa non mi pare proprio un particolare da niente – ma con il proporrre relazioni e scambi commerciali convenienti per entrambi. Questa politica non può essere definita imperialista, proprio da un punto di vista leniniamo. Dopo di che nessuno di noi ha la sfera magica e non possiamo sapere cosa potrebbe accadere nel futuro ma di fatto oggi le cose stanno così. E non è una questione ideologica ma concreta. Lo sviluppo della Cina si è dato e si dà tuttora dentro una restaurazione, sia pur parziale, dell’economia capitalista (circa il 70% delle aziende cinesi sono tuttora pubbliche, anche se agiscono sul mercato come le aziende private) e anche con una politica estera all’insegna di relazioni come quelle che ho molto sommariamente appena accennato. La Cina costituisce oggi un grande esperimento sociale e politico, unico nel suo genere per le peculiari caratteristiche di quel paese, se vogliamo è una scommessa (finora complessivametne vincente, pur con tutte le inevitabili contraddizioni di cui siamo ben consapevoli), e nessuno, neanche gli stessi comunisti cinesi, possono avere la certezza di come si evolveranno le cose, figuriamoci noi. E’ un gigantesco esperimento economico, sociale, politico, e anche culturale e ideologico. Al momento le cose stanno nel modo in cui stanno, e quindi il mio personale giudizio è complessivamente positivo. Dopo di che si vedrà. Le contraddizioni di classe sono ovviamente presenti in Cina, nè potrebbe essere altrimenti, data proprio la peculiarità di quel grande esperimento. Quale strada prenderanno? Quali conflitti potrebbero aprirsi? Come si comporterà il Partito Comunista? Come si evolverà? Ai posteri l’ardua sentenza, mi verrebbe banalmente da dire…Per ora prendiamo atto delle cose e poniamoci in una relazione dialettica. Del resto, se il “modello” sovietico si è squagliato qualche causa endogena avrà pur dovuto esserci, o quel crollo è stato dovuto solo alle ingerenze esterne?
          P.S. Il fatto che la Cina abbia una base a Gibuti non aggiunge nulla a quanto ho detto nè è sufficiente per caratterizzarla come una potenza imperialista. E’ vero che non è solo la quantità che conta ma anche la qualità, ma anche la prima ha il suo peso. Gli USA hanno circa 800 basi sparse in tutto il mondo, qualcosa vorrà pur dire. E infatti ci dice che gli USA sono una superpotenza imperialista mentre la Cina che è una superpotenza economica e commerciale ormai forse anche superiore agli Stati Uniti, ha una sola base militare fuori dal proprio territorio, e vorrei ben vdere che non avesse neanche quella…Poi se vogliamo andare a caccia di contraddizioni, si potrebbe anche aggiungere che la Cina di Mao, sicuramente molto “più comunista” all’interno rispetto a quella attuale, in materia di politica estera era ricchissima di contraddizioni, enormemente di più di quanto non lo sia la Cina attuale. Dal riconoscimento del golpista Pinochet all’apertura agli USA in funzione palesemente antisovietica e al sostanziale disinteresse (che si traduceva in un totale disimpegno) nei confronti di tutti i movimenti e le guerriglie che nel mondo si contrapponevano all’imperialismo (movimenti che invece erano in parte, soprattutto in Africa, sostenuti dall’URSS).

          • Giulio Bonali
            7 Febbraio 2025 at 21:49

            Bene, constato che intendiamo ben diversamente il concetto di “imperialismo” (di “colonialismo” io non ho mai parlato, e dunque mi chiedo che ci azzecchi); per te, contro Lenin (sia chiaro: niente di male, per carità!) é compatibile con il fatto che “la Cina investe e certamente ricava degli utili dai suoi capitali investiti” (Ma non restituisce proprio nulla di quanto guadagna, bensì paga quanto acquista, fra l’ altro sotto forma di costruzione di infrastrutture e di sviluppo economico e industriale complessiva al paese con il quale commercia e si relaziona; cosa peraltro apprezzabile, anche se non acriticamente ma cum granu salis).

            Non é sempre e comunque necessario ricorrere alla guerra e all’ occupazione militare per imporre un dominio imperialistico, basta esportare capitali ricavando superpofitti e acquistare terreni agricoli e miniere, come la Cina fa certamente in Africa (e forse altrove? Non so).
            Quello cinese, per varie ragioni in parte oggettive in parte soggettivamente scelte dalle sue classi dirigenti, oggi é un capitalismo imperialistico molto meno aggressivo e pericoloso di quelli occidentali; benissimo! Certo che non é una cosa da niente (ma quando mai l’ avrei affermato?), e dunque fanno benissimo gli altri BRICS+ a collaborare con essa! E noi alleiamoci, ma non ignoriamo i suoi aspetti ed elementi imperialistici (secondo me, con Lenin; ma sia chiaro: niente di obbligatorio, per carità!) e “stiamo in campana”!

            A parte gli elementi di imperialismo nella sua politica estera, per il resto concordo in sostanza con quanto dici della Cina (ma perché mai, dato che non ho mai affermato il contrario, anzi?)
            L’ esperimento sovietico non si é affatto squagliato da sé, ma é stato sconfitto dopo una ferocissima lotta settantennale; certo, anche per errori e debolezze dei suoi gruppi dirigenti, come ho sempre chiarissimamente affermato; ed é proprio per questo non ho mai liquidato semplicisticamente come controrivoluzionaria la Cina postmaoista, ma l’ ho sempre osservata con grande interesse (critico, ovviamente!), e se -con le spalle al muro- fossi costretto a forza a rispondere a chi mi chiedesse “é socialista o no?” risponderei; certo che no, come non la era l’ URSS della NEP! E sul fatto che, come l’ URSS della NEP, sia una dittatura del proletariato che ha compiuto un’ inevitabile, sacrosanta “ritirata strategica” nella lotta per il socialismo o invece abbia imboccato la via della restaurazione controrivoluzionaria non sono in grado di stabilirlo, e dunque razionalisticamente sospendo il giudizio, in attesa di quello dei posteri che mi sopravvivranno.

            A proposito delle basi: non é che perché esistono serial killer l’ autore di un unico omicidio non per legittima difesa sia una persona onesta (spero si capisca la metafora, cui ricorro, senza intenti gratuitamente polemici, per accorciare quello che altrimenti sarebbe stato un lungo ragionamento).

            Non sono mai stato maoista, nemmeno quando era di moda, e fra Cina maoista e URSS brezneviana sono sempre stato con quest’ ultima (criticamente, ca va sans dire). Anche a questo proposito pratichi una predica nei miei confronti del tutto fuori luogo e ingiustificata.

            Caro Fabrizio, sarò franco: sto perdendo la pazienza!
            Come sul caso Wagenchnekt, continui a polemizzare con me palesemente distorcendo gravemente le mie convinzioni e attribuendomi prese di posizione da me mai assunte e in qualche caso perfino inequivocabilmente negate.
            Spero sinceramente che desisterai quanto prima e non me la farai perdere definitivamente.

          • Fabrizio Marchi
            8 Febbraio 2025 at 12:45

            Io non sto distorcendo proprio nulla e non ho nessun interesse a distorcere il tuo pensiero e tanto meno a farti perdere la pazienza. A che pro? Sto soltando esprimendo le mie opinioni. In tal senso mi permetto dire (ma non ho nessuna intenzione di portare avanti una polemica che non ha nessun senso di essere, soprattutto a livello personale…) che anche in questo commento sei stato contraddittorio. Perchè prima sostieni che la Cina sia uno stato capitalista e imperialista (anche se meno aggressivo e pericoloso degli USA, ovviamente) e subito dopo scrivi, cito testualmente:”…non ho mai liquidato semplicisticamente come controrivoluzionaria la Cina postmaoista, ma l’ ho sempre osservata con grande interesse (critico, ovviamente!)…”. Ora delle due l’una. Se si tratta di uno stato capitalista e imperialista – come hai scritto nella prima parte del tuo commento – allora viene necessariamente a cadere la tua seconda considerazione, e cioè che non si possa semplicisticametne liquidare come controrivoluzionario…Se è uno stato capitalista e imperialista tout court è anche controrivoluzionario. Punto e stop.
            Ora, io per primo ho detto che la Cina attuale è in parte interna a logiche capitalistiche quindi è ovvio che le sue relazioni economiche e commerciali siano all’insegna della logica del valore e del capitale, nè potrebbe essere altrimenti. Nello stesso tempo però, abbiamo visto come la peculiarità del “modello” cinese (si fa per dire, perchè è il loro modello e non hanno nessuna intenzione di esportarlo, tanto meno con le armi, nè soprattutto di ritenersi un modello per altri…) sia tale (il combinato disposto fra economia di mercato, pianificazione, programmazione, ruolo guida dello stato rigidamente controllato dal partito e anche una (questa sì, assai peculiare) miscela di marxismo con la tradizione confuciana) faccia sì che, insieme alla loro storia (da non sottovalutare perchè la Cina, tranne microscopiche scaramucce non è mai uscita militarmente dal proprio territorio, neanche all’apice dell’Impero Celeste…l’analisi materialista della realtà e della storia non è soltanto quella dei rapporti di produzione ma anche di tutto il resto), la Cina non sia oggi uno stato imperialista. Parzialmente capitalista ma non imperialista. Il che, ripeto, dal mio punto di vista non ne fa un modello, nè, ancor di più, ho la certezza della sua evoluzione che, ripeto ancora, è una scommessa, perchè non c’è nulla di dialetticamente determinato e non c’è niente e nessuno che può assicurarci che l’evoluzione futura del processo cinese vada necessariamente in una direzione socialista. Al momento le cose stanno nel modo in cui stanno e la bilancia, fatte le considerazioni necessarie (vi comprese, naturalmente, le contraddizioni di questo processo), segna complessivamente il segno +, per dirla con una battuta, quanto meno al momento. Dopo di che si vedrà.

          • Fabrizio Marchi
            8 Febbraio 2025 at 12:51

            Aggiungo solo che lo sforzo che qui stiamo cercando di fare è di cercare di entrare in una relazione dialettica con la realtà, perchè se dovessimo partire dalle nostre posizioni ideologiche e relazionarci con la realtà solo e soltanto in base a quelle, dovremmo chiudere baracca, fare una bella ritirata strategica anche a livello personale oltre che politico, e sperare che in un prossimo futuro, non sappiamo quanto remoto ma almeno per i nostri pronipoti (non vedo tempi più rapidi e voglio essere ottimista…), rinasca qualcosa che assomigli, quanto meno per difetto, ai nostri desiderata ideologici. Ma il mondo, purtroppo, non funziona così e bisogna fare i conti con quello che ci passa il convento. Altrimenti chiudiamo baracca e lasciamo perdere anche la testimonianza ideologica, tanto non serve a niente neanche quella se separata dalla realtà.

  2. ndr60
    7 Febbraio 2025 at 12:25

    Tenuto conto che Saddam Hussein, appena giunto al potere grazie agli USA, fece fuori 3000 comunisti iracheni grazie a una lista gentilmente fornitagli dalla CIA, la messa al bando dei comunisti siriani è il minimo sindacale…

  3. Piero
    7 Febbraio 2025 at 22:07

    Chissà cosa ne pensa del comunismo (socialismo) in Siria, Marco Rizzo che ha fondato il movimento FIGA (Fare Italia Grande Ancora) dopo avere dichiarato con orgoglio che a lui piace la gnocca!

    A proposito vale ancora l’epifonema “Comunisti di tutto il mondo unitevi “?

    • Federico Lovo
      8 Febbraio 2025 at 16:26

      “trumpisti delle colonie americane preparatevi”… speriamo che non arrivino esplicitamente a quello.

  4. Giulio Bonali
    9 Febbraio 2025 at 8:45

    Per fabrizio Marchi.
    Mi ripeterò (di certo inutilmente) ancora una volta.
    La realtà é “un tantino complessa”, e almeno in qualche misura “contraddittoria” (non in senso logico formale, cioé relativo al pensiero e al linguaggio bensì metaforicamente, in senso dialettico, cioé ontologico, relativo per l’ appunto al modo reale); vederla in bianco e nero senza alcuna sfumatura di grigio (“delle due l’ una”) é travisarla gravemente (con conseguenti limiti e impedimenti pratici, se si intende cambiarla).
    La Cina non é socialista, ma nemmeno la sua politica estera é solo ed unicamente, integralmente imperialistica. Presenta elementi di imperialismo di certo complessivamente più limitati e meno gravemente reazionari e disumani, meno pericolosi per i popoli e le classi lavoratrici dell’ imperialismo occidentale a guida USA (e già di questo dobbiamo tener conto per far leva, nella nostra lotta, anche sulle contraddizioni interimperialistiche), ed elementi progressivi, antiimperialistici, probabilmente prevalenti, in misura difficilmente e comunque approssimativamente stimabile.
    Da ciò deriva la necessità di rapportarvisi in maniera criticamente costruttiva e collaborativa, non ostile e tuttavia anche senza abbracciarne acriticamente “a scatola chiusa”, tutte le scelte ignorandone o celandone gli aspetti imperialistici (come la proprietà di terreni agricoli, giacimenti minerari, imprese produttive, basi militari (plurale generico; di fatto é una; almeno al presente) all’ estero.

    Bene. Anzi: male.
    Poiché ancora una volta di più hai “replicato” a pretese affermazioni da me mai fatte, fra l’ altro ritagliando e ricomponendo arbitrariamente parole da me espresse così da travisarne gravemente il senso), o addirittura tesi da me esplicitamente e inequivocabilmente criticate e negate, mi sono sforzato di esporre queste ultime considerazioni onde respingere questa ennesima alterazione delle opinioni da me espresse.
    Fra l’ altro rilevo che ha fatto proprio l’ esatto contrario di quanto affermi -giustamente- nella seconda parte, delle ore 12:51, della tua risposta (sforzarsi per “cercare di entrare in una relazione dialettica con la realtà” anzichè “partire dalle nostre posizioni ideologiche e relazionarci con la realtà solo e soltanto in base a quelle”; anche se non in modo da astenersi attendisticamente, massimalisticamente da qualunque concreta azione volta al superamento del pessimo stato di cose presenti (cosa che personalmente ho sempre messo in guardia dal fare e cercato di evitare), bensì cadendo nell’ errore opposto e per lo meno altrettanto grave, quello di dipingersi una realtà fittizia più gradevole di quella vera, imboccando pretese scorciatoie che non portano da nessuna parte anziché affrontare, senza impossibili garanzie di raggiungimento della meta ma comunque realisticamente e quindi efficacemente per quanto effettivamente possibile, le terribili asperità oggettive che abbiamo di fronte nel cammino reale verso il progresso e il socialismo (e la sopravvivenza umana stessa).

    Perciò ho proprio perso la pazienza.
    Addio.

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