Non ho mai creduto che i dirigenti politici italiani che sono stati protagonisti importanti della distruzione dello stato libico (non-stato per Giorgio Napolitano, noto esperto di istituzioni sociali africane) e dell’assassinio di Gheddafi ( oltre mille missioni con i cacciabombardieri, secondo Manlio Dinucci) siano stati unicamente degli incapaci e degli utili idioti al servizio della Francia e degli Stati Uniti.
Ho sempre avuto il dubbio che l’urgenza di demolire i buoni rapporti esistenti allora tra la Libia e l’Italia (che aveva riconosciuto i gravi torti della colonizzazione e che aveva programmato i costi del risarcimento) e soprattutto le buone relazioni politiche ed economiche che si sarebbero potute profilare nel futuro, sia dovuta alla corruzione morale ed ideologica delle classi dirigenti di allora che hanno svenduto la Libia, compiendo un atto di alto tradimento contro lo stato italiano, presumibilmente per impedire che l’Africa potesse svoltare verso una reale indipendenza politica ed economica, avendo proprio come capofila la Libia, e rendendo così vano il processo di nuova ricolonizzazione di cui avrebbe goduto anche il nostro Paese in compagnia dei tanti squali della finanza e del militarismo internazionale…
Si intravedeva una possibilità politica per il Bel Paese di intrattenere con la sponda sud del Mediterraneo un colloquio di pace, di sviluppo economico equo tra i due Paesi che si sarebbe potuto innestare in quella politica di interazione con tutto il continente africano, come era appunto nei disegni di quel grande statista che era Gheddafi che Nelson Mandela considerava “il più grande rivoluzionario africano”. Un parere ben distante da quello dell’allora Presidente della Repubblica italiana e, ad onor del vero, anche del mortificante “pensiero politico” dei pacifisti italiani; pacifisti con l’elmetto, responsabili di manifestazioni contro la dittatura di Gheddafi, molto gradite agli imperi… Tutti proni i nostri belligeranti pacifisti a credere come verità sacrosante le menzogne delle ONG finanziate dalle multinazionali americane, dietro istruzioni dei servizi segreti degli States, evidenziando, come anni prima con la Jugoslavia, il degrado morale, culturale e politico delle sinistre nostrane…
E’ una vergogna che si sovrappone alla devastazione già iniziata in epoca giolittiana e proseguita con il generale Graziani, con ferocia inaudita, e conclusasi con l’impiccagione del grande conduttore della resistenza libica, Omar Al Muhktar, il “Leone del deserto” nel settembre del 1931.
L’incontro romano con il primo ministro Silvio Berlusconi veniva subito riconosciuto da Muammar Gheddafi come estremamente importante. ” La pagina del passato è stata voltata e si è aperta una nuova pagina di amicizia”…”L’Italia di oggi non è più quella di ieri”. Tutto ciò, sebbene il leader libico avesse sul petto la fotografia di Omar Al Muhktar e fosse accompagnato dal vecchio figlio del “Leone del deserto”, a dimostrare che un’amicizia può ricomporsi, senza dimenticare mai gli orrori del passato.
La foto del gruppo dei nuovi “salvatori” della Libia ci evidenzia un Conte in seconda fila, a dimostrare plasticamente come il ruolo del Bel Paese sulla questione libica conti ormai ben poco, a causa di una politica estera e di una diplomazia patetica che risale ben al di là dell’attuale ministro degli esteri italico non dotato certo di competenze e di personalità.
Ma delle prodezze dei nostri eroi italici e degli aggressori di nuovo conio che si vogliono spartire come tanti avvoltoi il corpo lacerato della Libia rimando ad un prossimo articolo.