Fonte: The Chistian Science Monitor (da Google)
Il ritiro statunitense dagli Accordi sul nucleare iraniano sancisce una duplice sconfitta; la linea dello sceicco Rohani e del neo-liberista Obama, riguardante la coesistenza pacifica della borghesia del bazar con l’imperialismo liberale, si è rivelata anti-storica. Una potenza regionale che osteggia il pilastro o uno dei pilastri dell’imperialismo globale, cioè lo stato israeliano, non può convivere con Washington, un impero che sta vivendo una fase di profonda crisi e che vorrebbe proiettare il colonialismo nel ventunesimo secolo al fine della sua sopravvivenza. Gli USA hanno rispolverato la vecchia retorica anti-iraniana, mentre la Guida Suprema Khamenei deve tornare a pensare alla liquidazione della fazione antimperialista. Ma si tratta di un grave errore.
L’ex presidente Ahmadinejad, fin da subito, si oppose al ‘’cessate il fuoco’’ con i nemici storici della Repubblica islamica. Rileggiamolo: ‘’In Iran è stato accettato dalle istituzioni ufficiali e il governo ha annunciato la ratifica dell’accordo con le sue condizioni. Pertanto è ormai un documento legale ma riguardo alle attese che avevamo creato con l’eco mediatica e i colloqui sulla questione nucleare e, proprio perchè riguarda un tema nucleare, è stato valutato come un fattore risolutivo dell’insieme dei problemi del mondo, risolutivo per l’abolizione delle sanzioni dell’Onu illegali e unilaterali e si pensava che sarebbe stata fatta ammenda delle sanzioni con la soluzione dei problemi. Secondo me l’informazione non è stata fatta bene. Alla nazione non è stata data una corretta informazione. E poi abbiamo visto che le decisioni non sono state applicate, le sanzioni continuano, sono state imposte nuove sanzioni, alcune sono state prolungate. Le ricadute dell’accordo non sono visibili’’ 1. Che cosa farà adesso Rohani? Fino ad ora Khamenei ha mantenuto un difficile equilibrio tra le fazioni in lotta proteggendo il Bazar, ma dopo questa sconfitta la situazione potrebbe radicalmente mutare. Sono tre i blocchi di potere in Iran:
- La borghesia del bazar, guidata dallo sceicco Rohani la quale vorrebbe distruggere l’ideale dell’imam Khomeini e di Ali Shariati barattando la rivoluzione degli oppressi con la pacifica integrazione dell’Iran nel capitalismo globalizzato.
- I principalisti, la fazione patriottica capeggiata da Khamenei, abile uomo politico, oltre ad essere una rispettata autorità religiosa, forte (per non dire di più) del controllo sui Guardiani della Rivoluzione. Il loro obiettivo è quello di preservare tanto la linea rivoluzionaria quanto lo sviluppo economico della nazione iraniana, alternando realismo politico ed aderenza all’internazionalismo sciita. L’alleanza dei ‘’conservatori’’ con i bazaristi, alla luce degli ultimi avvenimenti, è gravemente compromessa.
- Gli antimperialisti persiani, i cosiddetti devoti della causa da cui proviene l’ex presidente Ahmadinejad. Fedeli alla dottrina dell’Islam iraniano di Rahim Mashaei, gli antimperialisti mirano ad emancipare il mondo coloniale applicando le teorie “socialiste” di Shariati. L’Asse Chavez-Ahmadinejad inflisse all’imperialismo americano-sionista le più umilianti sconfitte degli ultimi trent’anni. Israele appoggia i terroristi wahabiti contro la Siria baathista ed ha bombardato, molteplici volte, la nazione araba. Ciononostante la linea iraniana diverge con quella di Mosca e di Damasco nei confronti del sionismo. Per la Russia, lo Stato sionista è una nazione internazionalmente riconosciuta quindi, come tale, ha il diritto di difendersi. Damasco, diversamente, ritiene che lo Stato ebraico debba essere considerato uno Stato nemico, ma non disconosce Israele in quanto nazione indipendente; ne contesta, al contrario, l’ordinamento politico ed il feroce imperialismo. La Repubblica Islamica dell’Iran, divergendo da Russia e Siria, non considera Israele una nazione, ma una entità illegittima che occupa dei territori in nome di una inedita forma di colonialismo religioso. Una colonizzazione particolarmente violenta che purtroppo non è priva di precedenti storici; l’occupazione inglese dell’Irlanda e lo sterminio dei nativi americani presentano importanti e inquietanti analogie con l’occupazione sionista della Palestina. Non per nulla, l’Iran fin dal 1979 gemellò la sua Rivoluzione con il movimento indipendentista irlandese. Si tratta di divergenze da non sottovalutare, all’interno del campo antimperialista.
Israele non può intraprendere nessuna guerra d’aggressione neo-coloniale; la diplomazia russa, per il momento, è un bavaglio efficace. Dall’altra parte non dobbiamo omettere la verità politica, scomoda per molti ‘’campisti’’ nostrani: Putin ha consentito a Netanyahu di colpire più volte, in territorio siriano, obiettivi iraniani. Il motivo ce lo spiega il giornalista Thierry Meyssan: ‘’Da tre anni Israele chiede a gran voce alla Russia di impedire all’Iran d’installare basi militari a distanze inferiori a 50 chilometri dalla linea di demarcazione. All’inizio, la Russia ha sottolineato che l’Iran stava vincendo la guerra in Siria, mentre Israele la stava perdendo. Quindi, Tel Aviv non poteva vantare pretese. Ma ora che si approssima una possibile fine del conflitto, la posizione della Russia è cambiata: è escluso che venga consentito all’Iran di aprire un nuovo conflitto’’ 2.
Il presidente Putin è uno statista borghese di altissimo livello, non è sionista e nemmeno neo-liberista, ciononostante rimanga totalmente indifferente all’antimperialismo radicale; più volte ha infatti isolato le frange radicali della Resistenza antifascista del Donbass. Il leader russo non consentirà ai Guardiani della Rivoluzione di aprire un fronte di guerra rivoluzionaria contro lo stato israeliano. La Federazione russa contesta l’occupazione israeliana, successiva al 1967, dei territori palestinesi, ma – a differenza di Iran e Cuba – non attribuisce al colonialismo di Tel Aviv nessuna particolarità storica. Per Putin, Israele è uno Stato come un altro, da correggere, migliorare ma ugualmente figlio del realismo politico staliniano. La vera storia delle lobby israeliane, dall’Inghilterra alla Russia, viene discussa nelle università, ma snobbata dalla politica. Questa differenza è attualmente la linea di demarcazione fra la geopolitica eurasiatica e l’antimperialismo sciita in Medio Oriente. Domanda: il presidente russo entrerà in rotta di collisione con gli Hezbollah, i Guardiani della Rivoluzione e la sinistra del Partito Ba’th siriano? I rapporti di forza potrebbero cambiare; Israele, del resto, dipende demograficamente dalla Russia quindi è un grave errore considerarla – come fa Noam Chomsky – una mera ‘’portaerei degli USA’’. Dobbiamo riconoscere che è una potenza imperialistica autonoma, capace di spingere gli Stati Uniti in guerre catastrofiche oppure costringere il governo russo a firmare svantaggiosi accordi in ambito economico. Una sorta di ‘’capitalismo suino’’ che divora tanto ad ovest quanto ad est. E’ per questa ragione che i khomeinisti lo considerano una entità illegittima che deve essere combattuta.
Il giornalista Bahar Kimyongur, ci dà una notizia meritevole d’essere diffusa: ‘’Delle basi militari israeliane situate nel Golan sono state bersaglio dei tiri dell’artiglieria iraniana sul territorio siriano’’ 3. Raramente Bahar si sbaglia. La guerra, quella fra Iran ed Israele, contrappone istanze sociali, quindi anche di classe, ben diverse; (a) Israele vuole realizzare un super-stato imperialistico con margini di manovra in Asia e in Africa; (b) l’Iran ha intenzione di liberare il Golan siriano e la Terra di Palestina, restituendo dignità agli storici abitanti. Rimuovere queste differenze significa non avere il senso della storia. La diplomazia russa, rispolverando lo stile sovietico, impedirà il conflitto, ma dice bene Meyssan: ‘’gli intenti di Iran e Russia divergono’’. Ahmadinejad, l’eroe dei senza scarpe, meriterebbe una terza possibilità. Ipotesi auspicabile, ma remota.
http://it.euronews.com/2017/04/19/intervista-all-ex-presidente-iraniano-mahmoud-ahmadinejad
http://www.voltairenet.org/article201041.html
https://twitter.com/Kimyongur/status/994342847624155136