Il presidente Vladimir Putin, intervenendo alla sessione plenaria del forum Idee forti per un nuovo tempo, ha lanciato il suo manifesto rivoluzionario globale. Lo statista post-sovietico, preso atto che gli occidentali facendo riferimento alla guerra psicologica di ‘’quarta generazione’’ hanno smesso di sviluppare le capacità umane dalla fine della ‘’guerra fredda’’, ha pensato un nuovo ordine multipolare basato sull’abbandono del colonialismo e la transizione ad una concezione nazionale e patriottica del capitalismo.
In Europa il giornalismo non è più il Quarto Potere, ma un Potere. Nonostante ciò i fatti dimostrano la lucidità politica del presidente russo: uno statista in grado di delineare gli assetti strategici-militari della decolonizzazione, rovesciando i pregiudizi delle accademie militari occidentali. L’Operazione Speciale Z ha rovesciato i rapporti di forza su scala internazionale, creando un argine geopolitico di matrice euroasiatica che gli imperialismi statunitense ed europeo non sono nelle condizioni di abbattere: l’Occidente si comporta come un animale ferito, in Europa persegue l’obiettivo di costruire la ‘’società della sorveglianza ‘’ mentre negli Stati Uniti lo stato profondo è stato imbalsamato dal sistema di potere dei ‘’democratici’’. Il neoconservatorismo ha riportato in patria la distopia totalitaria che per decenni gli anglosassoni hanno imposto, sotto forma di ‘’guerra perpetua’’, in Asia, Africa ed America Latina.
Finora la Cina aveva contrapposto al neoliberismo della Scuola di Chicago un sistema socioeconomico misto globalizzandolo con le numerose Vie della Seta. Pechino non è la Cuba del ‘’Che’’ Guevara, ma ha sostituito le dottrina maoista della guerra popolare di lunga durata con una transizione gradualista dal capitalismo al socialismo; la Federazione Russa, per quanto capitalista, ha integrato la dottrina cinese “vincente-vincente” con l’interventismo militare: gli allievi di Leo Strauss rappresentano un problema di ‘’sicurezza interna’’, quindi le relazioni internazionali devono essere rivoluzionate – qualora la congiuntura storica lo rendesse necessario – anche attraverso lo strumento militare.
L’opinione dell’analista strategico Andrew Korybko, specializzato in guerre non convenzionali, potrebbe spingerci ad elaborare nuove prospettive:
‘’Tutto questo è fondamentale da tenere a mente, poiché riflette l’evoluzione della grande strategia russa alla luce delle condizioni internazionali drammaticamente cambiate a causa dell’operazione militare speciale in Ucraina, che è stata costretta ad avviare per difendere l’integrità delle sue linee rosse di sicurezza nazionale. Riconoscendo quanto sia stata controproducente la risposta dell’Occidente guidato dagli Stati Uniti contro il suo Paese rispetto ai loro interessi oggettivi, il Presidente Putin sembra aver deciso che questo è il momento perfetto per infliggere un colpo mortale alla loro élite sovranazionale, al fine di liberare finalmente il resto del mondo dal loro giogo.’’ 1
La Russia post-sovietica, anche dopo la rottura coi neocons del 2005, non aveva mai avuto l’intenzione di rilanciare, seppur in parte, la missione anticolonialista dell’Unione Sovietica: l’Operazione Z sembrerebbe aver riposizionato Mosca, quantomeno in politica estera, sulle orme del predecessore sovietico sottolineando il proprio ruolo nel plasmare le tendenze globali riformatrici del sistema. La sinistra bianca occidentale, abbracciando la dottrina del disarmo e condannando la guerriglia antimperialista del Donbass, non ha fatto altro che dimostrare la propria subalternità alla propaganda dei neoconservatori, diventandone un Cavallo di Troia.
Il ruolo geopolitico della Turchia
Nel vertice di Teheran fra Iran, Turchia e Russia, incontro trilaterale che ha preceduto il forum Idee forti per un nuovo tempo, la Guida Suprema Khamenei ha definito correttamente la Nato una ‘’organizzazione pericolosa’’, nonostante ciò la Turchia adottando la ‘’geopolitica del serpente’’ seguita a restare fedele all’Alleanza Atlantica.
Ankara ha accettato l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato in cambio della consegna di alcuni terroristi affiliati al FETO insieme a diversi separatisti curdi del PKK: il popolo curdo, ancora una volta, diventerà una protesi ideologica-umanitaria di Washington per poi venire scaricato in quanto ‘’carne da macello ‘’. Ma è davvero possibile che Erdogan abbia accettato l’allargamento dell’Alleanza Atlantica, pericolo ben maggiore, in cambio di qualche arresto? Il giornalista marxista Massimiliano Ay ha analizzato la questione ponendo alcuni nodi da sciogliere nei prossimi mesi:
‘’Ogni fase storica ha le sue priorità e su questa base vanno fatte delle scelte politiche. Il vero problema di oggi, anche per la stessa Turchia, non è tanto lo scontato sostegno europeo al separatismo etnico (del PKK, del PYD/YPG, ecc.), quello infatti esiste da anni e, a meno di un accordo fra il governo siriano e i movimenti separatisti curdi, resterà intatto poiché la balcanizzazione del Medio Oriente è di importanza strategica per l’Occidente. La vera priorità che dovrebbe interessare Ankara è piuttosto evitare l’allargamento della NATO. Quest’ultimo è necessario in ottica imperialista al fine di frenare l’integrazione eurasiatica, al cui processo lo stesso Erdogan ha guardato con attenzione migliorando fortemente le proprie relazioni con la Russia e la Cina. Se Erdogan ha ora deciso opportunisticamente di ricollocarsi obbedientemente nel campo atlantico in cambio solamente di una banale dichiarazione di intenti di due governi nordici, significa due cose: a) che non ha saputo trarre le dovute lezioni del tentato golpe del 2016; b) che nonostante l’epurazione della setta gülenista dalla magistratura, dall’esercito, dalle università, ecc. purtroppo nell’amministrazione erdoganista le forze filo-atlantiste sono ancora ben presenti e la lotta fra la borghesia nazionale e la borghesia compradora in Turchia è ben lungi dall’essersi risolta. Vano sarebbe qui appellarsi all’opposizione parlamentare di Ankara: sia quella riformista dei post-kemalisti del CHP o dei filo-separatisti di HDP, sia quella conservatrice di IYI sono patetica espressione dell’atlantismo e degli interessi della Casa Bianca.’’ 2
Perseguendo la costruzione dell’Organizzazione degli Stati Turchi, Erdogan ha sistematizzato un progetto egemonico – ma non imperialista – alternativo tanto all’Atlantismo quanto all’Eurasia: Cina e Russia non vedono di buon occhio la penetrazione pan-turca nello spazio post-sovietico, una operazione egemonica che potrebbe convertire alla ‘’geopolitica del serpente’’ diversi ‘’stati clienti’’, ma non vassalli, degli Stati Uniti.
Nei prossimi mesi, nazioni come Turchia, Azerbaijan, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, ma anche Ungheria e Turkmenistan potrebbero diventare un bersaglio di Washington, vedendosi estendere la dottrina della ‘’guerra perpetua’’. Dichiarando guerra all’idea di stato nazione, gli USA hanno globalizzato il caos, ponendo gli europei del centro e dell’ovest davanti all’alternativa: rivoluzione sociale oppure fascismo del ventunesimo secolo. Citando gli attivisti filo-russi del Fronte Anti-Nazista israeliano: ‘’i nazisti sono già tra noi’’.
http://www.iskrae.eu/manifesto-rivoluzionario-globale-putin-capire-la-grande-strategia-russa/
https://www.sinistra.ch/?p=13870
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