La nuova destra austrotedesca

– dai nazionalrivoluzionari al populismo alpino di Haider –

Come già spiegato in precedenti articoli, la nouvelle droite (‘Nuova destra’), nata in Francia nel 1968 attorno alla think tank francese Grece (Groupement de recherches et d’études pour la civilisation européenne) diretta da Alain de Benoist e da altri intellettuali provenienti dall’estrema destra (come Guillaume Faye, Michel Marmin, Jean-Claude Valla, Yves Christen, Pierre Vial, Dominique Venner, Jean Mabire e l’italiano Giorgio Locchi, vicino agli ambienti di Ordine nuovo, ecc.), si espanse in tutta Europa nel corso degli anni Settanta. Nacquero così decine e decine di riviste, circoli e associazioni con lo scopo di rinnovare alla radice, svecchiandola, la cultura della destra radicale europea.[1] Uno degli obiettivi della nouvelle droite francese era – ed è tuttora – quello di elaborare una strategia di lungo periodo finalizzata a conquistare un’egemonia culturale non solo nel suo ambiente di provenienza, la destra, ma a 360 gradi, “sfondando” anche a sinistra e introducendo così suggestioni antimoderne e antiliberali all’interno della sinistra altermondista e nell’ecologismo verde, cosa alquanto semplice, vista la crisi cultuale che attraversa tutt’oggi tale universo.

Un’altra strategia neodestrista, sviluppatasi in parallelo a quella sopra indicata, consiste nel cavalcare il fenomeno del localismo attraverso contatti con partiti e con movimenti populisti definiti etnoregionalisti o etnonazionalisti. Ambo le strategie nacquero a livello teorico in Francia, ma trovarono la loro concreta applicazione in Germania e in Austria, trasformando i due paesi tedeschi in veri e propri laboratori politici per le teorie di de Benoist & Co. Successivamente – negli anni ’90 – sarà l’Italia settentrionale, la “Padania”, con la presenza della Lega Nord, a diventare terreno di gioco per interessanti sperimentazioni politico-culturali, divenendo poi il modello per molti altri populismi europei, come in Francia, dove diversi soggetti populisti che guardano al modello leghista, come il Front National o la destra identitaria, intrattiene contatti col Club de l’Horloge (CdH) di Yvan Blot e Jean-Yves Le Gallou, pensatoio scissosi dal Grece e punto d’incontro fra la destra lepenista, quella identitaria e quella gollista e liberalconservatrice francese (ieri l’Udf/Rpf, oggi l’Ump), gruppo che nel 1985 ha concretizzato il concetto filosofico di “differenzialismo culturale” elaborato a suo tempo dal Grece, concretizzandolo nei programmi elettorali populisti con la formula della “préférence nationale“.[2] Ma è il caso di soffermarci sull’Austria e sulla Germania, sulla locale Nuova destra e sui rapporti col populismo alpino.

 La prima ondata della Neue Rechte nazionalrivoluzionaria: dalle riviste antiborghesi all’Aktion Neue Rechte (1968-1975)

 La Neue Rechte tedesca si sviluppò parallelamente a quella francese.[3] Dai primi anni Sessanta era molto forte fra i giovani dell’estrema destra tedesca, in aperto dissidio con i neonazisti della Npd, la componete nazionalrivoluzionaria, una costante che ritroveremo nella destra radicale francese e nel Msi, dov’era forte fra i giovani la figura di Pino Rauti, l’ex fondatore di Ordine nuovo.

Uno di questi giovani, il futuro sociologo di origini danesi Henning Eichberg, si distinse fra tutti i militanti nazionalisti. Il giovane Eichberg, futuro maître à penser della corrente nazionalrivoluzionaria teutonica, era all’epoca un militante della Deutsche soziale union (Dsu), partito diretto da Otto Strasser, ex esponente della cosiddetta ‘sinistra nazista’ col defunto fratello Gregor. La ‘sinistra nazista’, per le sue idee che univano il patriottismo ad una socialità così estrema da spingerla a guardare con simpatia ad un’alleanza col comunismo sovietico (alla pari dei militanti nazionalbolscevichi del Widerstand-Bewegung di Ernst Niekisch, movimento ‘rivoluzionario-conservatore’ che univa nazionalismo e suggestioni prese dal bolscevismo russo), fu fortemente osteggiata dai vertici nazisti: Gregor fuggì in Italia e Otto, staccandosi dal partito nazista, formò lo Schwarze Front, partito ‘socialista nazionale’ represso dalla Gestapo.[4]

Il giovane Eichberg, discepolo di Strasser, si avvicinò alle tesi nazionalrivoluzionarie e studiò la Rivoluzione conservatrice tedesca, collaborando alla rivista neonazista «Nation-Europa» firmandosi con lo pseudonimo Hertwig Singer.[5] Nel ’66, durante un campo estivo organizzato dalla Federazione degli studenti nazionalisti francesi, Eichberg, e con lui giovani come Lothar Penz, Sven Thomas, Uwe Michael, Wolfgang Strauss ecc., si avvicinarono al futuro nucleo della Nouvelle droite francese, riunita attorno alla rivista «Europe-Action».[6] Il gruppo di Amburgo, riunito dal 1968 attorno al periodico «Junges Forum», iniziò a sintetizzare il pensiero elaborato in Francia dal Grece con le idee del cosiddetto ‘fascismo rosso’ tedesco e con quelle della Rivoluzione conservatrice. Esercizio abbastanza semplice, se si pensa che anche le stesse riviste del Grece, Éléments e Nouvelle École, svilupparono tematiche che ben si coniugavano con quelle degli autori della corrente rivoluzionario-conservatrice weimariana come Ernst von Salomon, Oswald Spengler, Ernst Jünger, Carl Schmitt, Werner Sombart e il suo ‘socialismo nazionale’, e Moeller van den Bruck, autore di un libro uscito nel 1922 e intitolato Il Terzo Reich, che propugnava una sintesi fra conservatorismo, socialismo nazionale di tipo völkisch (proponendo una solidarietà interclassista fra coloro che appartengono allo stesso ceppo etnico) e nazionalismo di tipo prussiano. Alcuni di questi intellettuali reazionari erano stati, come i nazionalbolscevichi e i ‘socialisti nazionali’ di Strasser, osteggiati dalle gerarchie del partito nazista e diversi finirono nei lager. Questo permise a tali personalità di autodefinirsi come una sorta di ‘trockijsti di destra’, eretici all’interno della galassia del nazionalismo radicale. Così i giovani di Junges Forum riuscirono a prender maggiormente le distanze dal nazismo – almeno in apparenza – presentandosi come una ‘nuova destra’ alla pari del gruppo francese gravitante attorno al Grece.

Fra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, nel pieno dello sviluppo dei circoli nazionalrivoluzionari in tutta Europa (i cosiddetti ‘nazimaoisti’ italiani di Lotta di popolo o, in Francia, gruppi come Lutte du peuple, che si battevano tutti per una ‘terza via’ fra socialismo – demarxistizzato, ovviamente – e democrazia, non riconoscendo i concetti di destra e di sinistra) nacquero in Germania, sul solco di «Junges Forum», diverse riviste e circoli nazionalrivoluzionari che guardarono con molta attenzione a quello che stava succedendo in Francia con l’universo da cui si svilupperà la nouvelle droite: nacquero così riviste come Mut – che patrocinò una manifestazione neonazista a Monaco nel 1972 dove parteciparono tutte le rappresentanze della destra radicale d’Europa, da Ordine Nuovo ad Avanguardia nazionale –,[7] «Rebell», «Ideologie & Strategie», ecc., primi canali per la diffusione delle tesi di Alain de Benoist e di altri intellettuali d’area nella galassia nazionalrivoluzionaria e neonazista tedesca.

I contatti fra il Grece e il circolo di Amburgo si concretizzarono con la pubblicazione di articoli di Henning Eichberg su «Éléments» e «Nouvelle École» e con l’uscita di quelli di Alain de Benoist & Co. su Junges Forum e la traduzione dei rispettivi libri. Il gruppo di Amburgo si differenziò da quello francese su alcune aspetti: mentre il Grece predicò la semplice elaborazione culturale e l’estraniazione completa dalla politica attiva per poter rinnovare così i referenti culturali della destra radicale e adoperarsi in una battaglia culturale, una Kulturkampf antiprogressista (utilizzando a livello metapolitico la strategia del “gramscismo di destra” per ottenere un’egemonia culturale),[8] i circoli nazionalrivoluzionari della Neue Rechte, invece, optarono simultaneamente per la politica attiva.

Nel 1972 infatti, su iniziativa del bavarese Siegfried Pöhlmann, fuoriuscito dall’Npd, nacque Aktion Neue Rechte (ANR), che avrebbe dovuto aggregare tutte l’universo nazionalrivoluzionario attorno alle tesi di esplicita matrice grecista e nazionalrivoluzionaria. L’ANR però, era divisa fra i giovani, socialisteggianti e i seguaci di Pöhlmann, conservatori e anticomunisti doc. Il programma, infatti, rispecchiava questo dualismo, dato che univa i temi conservatori come l’anticomunismo e l’ecologismo con tematiche ‘sociali’ come l’anticapitalismo e l’antiliberismo assieme alle idee elaborate dal Grece come l’antiegualitarismo, la biologia, l’etologia, l’approccio metapolitico, il differenzialismo etnoculturale, il comunitarismo etnico, ecc. Fu però un fiasco elettorale, dato che l’elettorato di destra non comprese queste tematiche innovative.

Nonostante l’adesione nel 1973 di Lothar Penz, leader della corrente ‘solidarista’ neodestra, ANR entrò in una profonda crisi per scissione della federazione del Baden-Württemberg, per l’uscita di Friedhelm Busse, segretario del partito, e per l’uscita del 60% dei militanti dal movimento per dar vita al Nationalrevolutionäre Aufbauorganisation (NRAO), che comportò anche la perdita del periodico «Ideologie & Strategie» e il suo graduale avvicinamento a quelle organizzazioni denominate sbrigativamente dalla stampa dell’epoca come “nazi-maoiste”. La prima ondata neodestra tedesca andò in profonda crisi, ma non scomparve del tutto. La rivista «Junges Forum» e il gruppo di Amburgo (i ‘solidaristen’) rimasero, coltivando sempre e comunque posizioni identitarie, comunitariste, antiborghesi, anticapitaliste, ambientaliste e sociali, impegnandosi già dalla fine degli anni Settanta, in contatti col movimento ecologista tedesco e nelle riviste dei Grüne (i Verdi) e con l’estrema sinistra postsessantottina e maoista. Il mezzo utilizzato dai ‘solidaristen’ è il bimestrale «Wir Selbst», animata da Eichberg, che presenta tali contatti coi Grüne come “difesa dell’ambiente”, un ambiente inteso in senso völkisch, come una piccola Volksgemeinschaft regionale da preservare da ogni forma di inquinamento, anche di tipo etnico e culturale. La cosa ha ovviamente allarmato i vertici dei Grüne.

La Neue Rechte solidarista di Eichberg e Penz ha anche rinnovato il senso stesso del razzismo, coniando su «Junges Forum» il termine ‘etnopluralismo’, rivendicando il “diritto alle differenze” come principio basilare per l’affermazione di un vero pluralismo etnoculturale. L’etnopluralismo di Junges Forum si fonda sull’idea di valorizzare le singole identità nazionali ed etniche: ogni popolo ha il diritto alla propria “identità nazionale”, con il diritto alle differenze quale antidoto contro il cosiddetto Umvolkung, cioè “l’invasione di stranieri”, termine utilizzato anche dai nazionalsocialisti negli anni Trenta con cui oggi la Nuova destra culturale intende l’alterazione forzata dell’integrità etnoculturale.

L’idea base dell’etnopluralismo è che il nuovo ordine della ‘nazione Europa’ “dovrebbe essere realizzato attraverso il riconoscimento delle ‘naturali differenze’”[9] insite fra le comunità. Oltre all’etnopluralismo Eichberg formula l’idea del cosiddetto “nazionalismo di liberazione”, secondo cui i popoli, per difendere la loro identità culturale, dovrebbero opporsi al cosiddetto ‘inquinamento’ provocato dalla presenza degli stranieri. Ciò comporta una critica pesante nei confronti dell’America e dell’idea imperialista perpetrata da tale potenza di esportare la democrazia liberale con la forza – ad esempio contrastando la guerra in Vietnam e appoggiando i vietcong, anche se comunisti –, dato che è come se si stesse invadendo una cultura diversa dalla propria. La questione viene permutata con la questione dell’immigrazione: se esportare la propria cultura è colonialismo, anche l’immigrazione, sotto certi aspetti, lo è in maniera più sottile. Il “nazionalismo di liberazione” predicato da «Junges Forum», quindi, si perpetra non solo cacciando dall’Europa gli americani e chiudendo le basi Nato – cosa senz’altro legittima e che diviene il minimo comun denominatore per un dialogo con la sinistra altermondista –, ma liberando il suolo natìo dall’elemento allogeno, che provoca, come ogni prodotto introdotto forzatamente, “inquinamento”.[10]

La Neue Rechte neoconservatrice: «Criticòn», il Thule-Seminar e «Junge Freiheit»     La fine del partito di Siegfried Pöhlmann non ha segnato la morte della Neue Rechte in Germania. A partire dal 1976-1977 si assiste alla rinascita della nuova destra intellettuale tedesca. Cambiarono alcune cose: 1) niente più politica diretta (ergo, niente più movimenti sul modello della Aktion Neue Rechte); 2) ripresa dell’attività culturale in senso metapolitico (con l’obiettivo di ottenere di elaborare una cultura ed ottenere, nel lungo tempo, l’egemonia culturale); 3) rafforzamento della componente neoconservatrice di matrice schmittiana; 4) uso di think tank come in Francia.

Quest’ultima rinacque grazie alla figura di Armin Mohler, un’intellettuale svizzero nato nel 1920 che cercò di aderire alle SS. Fu scartato, ma ciò non affievolì la sua ammirazione per il nazismo. Dopo la guerra divenne segretario di Ernst Jünger, uno dei più importanti esponenti della Rivoluzione conservatrice, e da questa frequentazione nacque la sua idea ‘moderna’ di stare a destra. Diede vita, prima di intessere i suoi rapporti col Grece e con de Benoist, alla rivista «Criticòn» e all’ideologia ‘neoconservatrice’, che riprendeva tematiche rivoluzionario-conservatori elaborate negli anni Venti e Trenta modernizzandole: antiborghesismo, neocorporativismo, creazione di uno Stato organico, gerarchico, autoritario, forte e antiegualitario – sempre dal punto di vista etico ed etnico – dove primeggi la comunità, ovviamente una comunità di tipo etnico (Volksgemeinschaft) sull’individuo e dove si sviluppi una Nationalen Selbstwertgefühls, o ‘autostima nazionale’. Colpisce inoltre l’idea del disprezzo delle masse e la forte presenza dell’elitismo politico.

Sono tutti temi che Mohler riprende dal suo bagaglio rivoluzionario-conservatore völkisch e che verranno ‘modernizzati’ e diffusi in Germania attraverso le lenti della Nouvelle droite francese, cosa alquanto semplice, dato che egli è l’autore di un’opera fondamentale per la studio della Rivoluzione conservatrice in Germania. Mohler divenne così il maître à penser della Neue Rechte neoconservatrice, ispirando nuove leve. Una delle prime fondazioni neodestre in Germania fu la Deutsch-Europäiche Studien Gesellschaft (DESG, Associazione per gli studi germanico-europei), think tank che collegava i nuclei intellettuali tedeschi con quelli francesi.

Nel 1980 nacque a Kassel, sul solco delle idee elaborate nel decennio precedente su Criticòn e attraverso la lettura dei libri di Alain de Benoist, il Thule-Seminar, uno dei più importanti think tank tedeschi modellato sul Grece francese. Il fondatore era il giovane Pierre Krebs, seguace di Mohler e de Benoist. Il nome allude alla Thule Gesellschaft, o Società Thule, circolo esoterico nazista che ispirò le idee antisemite e geopolitiche del partito di Hitler, favorendone l’ascesa.[11] Il gruppo si autodefinisce “società di ricerca per la cultura indo-europea”, e l’home page del sito ufficiale (www.thuleseminar.org) presenta palesi riferimenti alla cultura dell’antico popolo germanico e scandinavo che ricordano molto l’interesse dei nazisti per i miti nordici, e si rifà alle tesi neopagane di Alain de Benoist. Sempre sull’home page il gruppo critica esplicitamente la società multirazziale che sta portando all’etnocidio delle particolarità insite nei popoli europei, e dichiara come suo obiettivo primario il richiamo alla strategia metapolitica (detto anche “gramscismo di destra”, strategia che porta tutti i gruppi neodestri a rileggere da destra Antonio Gramsci, vedendo in lui il teorico dell’egemonia culturale, un Gramsci ovviamente demarxistizzato), formando cellule e infiltrandosi così nei principali luoghi della cultura ufficiale (quotidiani, tv, università, editoria mainstream ecc.) per introdurvi tematiche völkisch, etnocomunitarie e neorazziste, ed egemonizzare così l’opinione pubblica tedesca e preservarne l’Heimat, la “patria”.

Il Thule-Seminar utilizza come emblemi lo Schwarze Sonne (il sole nero, simbolo neopagano),Logo Thule-Seminar combinato con la Sig Rune e con la Tiwaz Rune, anch’essi simboli di destra. La sua ideologia è stata descritta come l’unione fra le tesi rivoluzionario-conservatrici e quelle della Nouvelle droite, comprendente anche fortissimi elementi di antiamericanismo, antisionismo-antisemitismo e di neorazzismo differenzialista, che ha portato il gruppo a elogiare l’apartheid come mezzo per innalzare le differenze etnico-culturali (lo ‘sviluppo separato’) senza così degenerare in genocidio. La rivista principale del think tank, sul modello di «Éléments» in Francia, era fino al 1990 «Elemente», pubblicata anche col contributo della DESG, l’altro think tank neodestra. Oggi si è aggiunta la rivista «Metapo» e, dal 1988, «Neue Anthropologie», trimestrale caratterizzato da un profondo interesse per la biologia, la genetica, l’eugenetica e l’antropologia culturale, impregnato di un forte razzismo culturalista di stampo nordico, organo della Gesellschaft für biologische Anthropologie, Eugenik und Verhaltensforschung (GfbAEV) cioè la Società per la Ricerca Antropologica, Biologica, Eugenetica e Comportamentale di Amburgo, a cui partecipò anche de Benoist, il cui leader è l’avvocato Jürgen Rieger, ex esponente dell’Npd. La GfbAEV è collegata alla Lega mondiale per la protezione della vita o Weltbund schutz des lebens (Wsl).

Ma per diffondere le idee a un pubblico molto più vasto la Neue Rechte in Germania si serve di una pubblicazione molto letta: il settimanale tabloid «Junge Freiheit».[12] La rivista, pubblicata a Friburgo nel 1986 da Dieter Stein e da diversi giovani liceali e universitari di destra, cerca di essere una sorta di ponte fra gli intellettuali della Neue Rechte (i neoconservatori del Thule-Seminar e i ‘solidaristen’ antiborghesi, sociali e antiamericani di «Junges Forum»), i politici della vecchia destra neonazista del Npd, i neopopulisti del Republikaner Partei e della Deutsch Volk Union e gli ambienti più a destra della Christlich Soziale Union e della Christlich Demokratische Union. La rivista, disponibile nelle edicole tedesche, non solo ha diffuso tesi storiografiche revisioniste dando voce a David Irving,[13] ma è anche implicata nel tentativo di condizionare i populismi regionalisti in Europa, come la Lega Nord, elogiando nell’articolo Rivolta delle Regioni i tentativi separatisti del partito etnopopulista nella seconda metà degli anni Novanta, sostenendo che “la fondazione della nuova Repubblica federale della Padania, ricca di simbolismi, potrebbe conseguire una dimensione politica reale qualora i centralisti italiani non si decidano finalmente per la federalizzazione dello Stato”.[14] Il settimanale neodestrista ha giudicato di “estremo interesse le carte geografiche pubblicate dalla Lega sui confini dell’auspicato Stato del Nord. In queste carte dettagliate il Südtirolo rimane fuori, cosi come le parti del Trentino appartenenti fino alla prima guerra mondiale alla parte austriaca della monarchia danubiana”.[15]

 Il Fpö di Jörg Haider: dal neonazismo pangermanico al Soziale Heimatpartei populista in salsa neodestrista

 Il tabloid tedesco «Junge Freiheit» non ha guardato con interesse solo la Lega Nord di Bossi. Da buona rivista tedesca di estrema destra, Junge Freiheit coltiva, come tutte le pubblicazioni e i partiti tedeschi di area, tendenze pangermaniche. Secondo loro la Germania non corrisponde a quella odierna, e non dovrebbe essere divisa in tanti Stati-nazione ‘artificiali’ che tenderebbero a dividere l’Heimat tedesca in modo arbitrario, ma unificata in un unico Stato. Il modello geopolitico della destra tedesca è il Reich germanico.

Gli ambienti neodestristi tedeschi (siano essi solidaristi e neoconservatori) non sono da meno. Il loro Reich germanico ideale, mutuato ovviamente dalle idee imperiali di de Benoist, debitore a sua volta dell’idea di impero elaborata da Julius Evola, dovrà innanzitutto essere federale (federare cioè le regioni che compongono il popolo tedesco), e aggregare attorno a sé tutto il popolo europeo.[16]

Tali idee, che si diffondono in Germania con moltissima difficoltà per una legislazione antinazista che, da un punto di vista strettamente personale, dovrebbe essere attuata anche in Italia, si sono infiltrate nella vicinissima Austria all’interno dei Freiheitliche Partei Österreich (Fpö), partito diretto dal 1986 al 2001 da Jörg Haider. Questi è riuscito a trasformare un partito palesemente neonazista in un laboratorio politico per l’applicazione di molte idee riprese dal bagaglio ideologico della nuova destra europea. Dopo una breve parentesi di tipo liberalconservatore, che permise al Fpö di esser addirittura accettato nell’Internazionale liberale divenendo una via di mezzo fra il vecchio Pli e Alleanza nazionale, il giovane Haider riuscì nel 1986, col sostegno delle correnti giovanili del partito, a diventare il nuovo leader della destra populista austriaca, accentuando i toni xenofobi e estremisti del Fpö.

Un ruolo fondamentale per la diffusione delle tesi neodestriste all’interno del populismo austriaco è da attribuire ad Andreas Mölzer, ideologo del Fpö formatosi nei circoli della Neue Rechte austriaca. Questi, proveniente come moltissimi militanti della destra austriaca dalle Burschenschaften, la goliardia tedesca, fortemente contraddistinta da una palese venatura völkisch, attraverso la rivistina «Das Aula» (dal 1983 al 1995) iniziò a diffondere nel partito austriaco le tesi elaborate in Francia dal Grece di Alain de Benoist e da intellettuali della Nouvelle droite franco-belga come Guillaume Faye, Jean-Claude Valla, Pierre Vial, Luc Pauwels e Robert Steukers, e da quella tedesca dei neoconservatori come Armin Mohler del Thule-Seminar di Pierre Krebs.

Come avvenne tale “penetrazione”? Prima di tutto Mölzer fu nominato dallo stesso Haider responsabile della cultura nel partito. Fu rielaborata l’ideologia pangermanica del Fpö in senso regionalista e comunitario. Un tempo il Fpö era addirittura capace di non riconoscere la legittimità dell’Austria e di vedere nell’Anschluss del 1938 un moto liberatore per unire tutti i tedeschi. Bisognava esaltare una ‘libera Austria’ federata entro una ‘libera comunità tedesca’, parte di una grande Europa federale delle Regioni e delle Etnie. «Das Aula», nel Fpö, diffuse gli stessi identici temi elaborate da Junge Freiheit, con cui vennero intrattenuti eccellenti rapporti editoriali.

Nel libro Österreich – ein deutscher Sonderfall, Mölzer scrisse che le origini della peculiarità storica tedesca andavano ricercate “nell’errore dei tedeschi che dopo il 1848 hanno adattato un modello statale inutilizzabile […] quello dello Stato nazionale come si è formato nella Rivoluzione francese”,[17] cioè lo Stato basato sulla libera volontà del cittadino, e non sul radicamento Blot und Boden (Sangue e Suolo) tipico dell’ideologia völkisch.[18]

Nella terminologia della Neue Rechte austrotedesca al servizio del populismo haideriano, a cui segue un lento allontanamento dal nostalgismo nazista e la ripresa degli intellettuali della Rivoluzione conservatrice e della nuova destra europea, ritornano parole pericolose, come l’Umvolkung, cioè ‘ripopolamento’, termine che i neodestristi tedeschi utilizzano riferendosi al pericolo di invasione da parte degli stranieri, tesi presa da Eichberg e da «Junges Forum». Nel programma elaborato dal partito nel 1993, intitolato Österreich zuerst, cioè “L’Austria innanzitutto”, il partito introdusse idee etnocentriche sostenendo che l’“Austria non è un paese di immigrazione” e che bisognava istituire un vero e proprio apartheid scolastico, creando classi separate per gli immigrati e gli sloveni, e nella società, bloccando completamente l’immigrazione ed escludendo gli stranieri da ogni servizio di welfare – ovviamente senza intaccare la privatizzazione. In tal caso il ruolo degli intellettuali neodestristi è fondamentale, dato che Mölzer fu uno degli autori del documento, mentre il giovane Jürgen Hatzenbichler, pupillo di Mölzer, fondò nel 1995, assieme al mentore, un’edizione austriaca di «Junge Freiheit» a cui seguì nell’ottobre del 1997 la rivista «Zur Zeit», una sorta di forum messo a disposizione di tutta la destra alpina per diffondere tesi etnonazionaliste e regionaliste.[19]

Prima di accedere al governo nazionale di Vienna, causando un putiferio a livello europeo, Haider e il suo partito gestirono una regione dell’Austria, la Carinzia. La regione divenne una sorta di laboratorio politico per applicare le prime forme di etnocentrismo e di esclusione nei confronti di una delle più grosse minoranze presenti sul suolo austriaco: gli sloveni.

 

La Carinzia non solo era la roccaforte del Fpö – oggi, dopo la dipartita di Haider il partito egemone è il Bzö, scissione neoconservatrice haideriana, ma pur sempre populista, alleata coi popolari del centro-destra –, ma è la regione austriaca maggiormente segnata dal nazionalismo. È, come composizione sociale, molto simile al Nord-Est italiano. Mentre nel Veneto l’immigrazione è meridionale – favorendo il fenomeno della prima Liga Veneta e poi della Lega Nord, molto solidale con Haider, e in epoche più recenti le varie insorgenze “venetiste” – in Carinzia l’elemento ‘intruso’ o ‘allogeno’ è quello slavo, causando tensioni forti fra le due comunità sin dall’inizio del Novecento. Dalle pagine del «Kärntner Heimatdienst», quotidiano del Fpö carinziano, dal dopoguerra il partito populista, che all’inizio non nascondeva le sue simpatie nei confronti del nazionalsocialismo, ha sempre lanciato petizioni per ghettizzare la minoranza slava, cercando di abrogare il bilinguismo nella toponomastica e nelle scuole. Con parole che ricordano molto quelle della Lega, simili al nostrano “Padroni a casa nostra”, volgarizzazione del concetto etnopluralista elaborato dalla Neue Rechte, il Fpö in Carinzia è visto come veniva visto a suo tempo il Movimento sociale italiano di Giorgio Almirante in Trentino Alto Adige, cioè l’Heimatpartei, il ‘Partito della Patria’ inteso come patria etnica del popolo tedesco.

 

Nella prossima puntata vedremo meglio come Haider, al momento di accedere al potere, ha applicato le teorie di Andreas Mölzer al contesto nazionale, i suoi contatti con la Lega Nord e col regionalismo etnico europeo in regioni chiave come la Baviera, dove l’ideologia della Nouvelle droite non ha condizionato un partito populista di estrema destra, ma la Csu di Edmund Stoiber, democristiano di destra favorevole all’autonomismo della regione bavarese, membro del “moderatissimo” Partito popolare europeo e partner della Merkel, la donna paradossalmente odiata da ogni populista anti-Ue che si rispetti.

 (1- Continua)

Fonte http://www.rivistapaginauno.it/nuova-destra-austrotedesca.php


[1] Cfr. M. L. Andriola, Le ‘nuove destre’ culturali europee. Comunità, identità, regionalismo e neopaganesimo, in «Paginauno», n. 30/2012 e P.-A. Taguieff, Sur la Nouvelle Droite, Paris, Descartes & Cie, 1994, ed. it., Sulla Nuova Destra. Itinerario di un intellettuale atipico, Firenze, Vallecchi, 2004 e F. Germinario, La destra degli dei. Alain de Benoist e la cultura politica della Nouvelle droite, Bollati Boringhieri, Torino 2002.
[2] Cfr. J.-Y. Le Gallou, La préférence nationale: réponse à l’immigration, Paris, A. Michel, 1985. Il Club de l’Horloge, oltre che col Front national, ha diversi contatti con la corrente filolepenista dell’Ump, la “Droite populaire”, composta da personalità euroscettiche e protezioniste favorevoli a intese con Marine Le Pen (come Thierry Mariani e Lionel Luca), e l’area etno-identitaria: la Nuovelle droite populaire, il Mouvement national républicaine, il Parti de la France e il Bloc Identitaire. A Parigi, sabato 6 e domenica 7 dicembre 2008, alla XXIV Università annuale del CdH, alla presenza di ospiti come Johannes Hübner (Fpö), Francis Van den Eynde del Vlaams Belang (Belgio) e Mario Borghezio (Lega Nord), Henry de Lesquen, presidente del think tank, sostenne che «è soprattutto il “modello italiano che occorre seguire”, ricordando che, dei tre partiti, la Lega Nord è la sola a partecipare ad un governo. Fedele alla linea del suo circolo intellettuale, che lavora per una “unione della destra” che vada fino al Front nazional (FN), de Lesquen ha difeso l’idea secondo la quale, in Francia, “i populisti devono partecipare a coalizioni di governo per ridurre il fossato che li separa dal popolo” […] Nella sala che contava un’ottantina di persone, per lo più anziane, c’erano membri del Club, vecchi quadri del Fn, come Bernard Antony, vecchio capofila dei cattolici tradizionalisti in seno al Fn, e Jean-Yves Le Gallou, che aveva seguito Bruno Mégret all’epoca della scissione del partito nel 1998. Ma anche un nuovo arrivato, Fabrice Robert, presidente del Bloc Identitaire, un gruppo di estrema destra radicale. Affermando di essere stato “invitato a titolo amichevole da Henry de Lesquen”, Robert, che non figurava sulla lista dei relatori, ha partecipato al dibattito di chiusura del sabato, al fianco di Le Gallou e de Lesquen. Sul palco, Robert ha vantato le azioni del Bloc Identitaire come “le ronde dei militanti nelle zone del racket” e la “distribuzione di zuppa di maiale” ai senzatetto – misure, queste, molto applaudite dalla sala. Ma Fabrice Robert ha anche svelato parte della strategia del suo gruppo politico: “Vogliamo conquistare gli spiriti e intervenire sul terreno sociale. Seguiamo una logica di “entrismo” in sindacati come l’FO (Forza operaia, ndt) o la CFTC (Confederazione francese dei lavoratori cristiani). D’altronde già alcuni delegati dell’FO appartengono al Bloc Identitaire”». A. Mestre, La Ligue du Nord italienne seduit le populistes européenne, in «Le Monde», 8 dicembre 2008.
[3] Cfr. M. Feit, Die ‘Neue Rechte’ in der Bundesrepublik, Campus Verlag, 1987.
[4] Cfr. L. Picciafuochi, Chi sono i nazisti ‘di sinistra’, in Praxis, luglio-agosto 1998. Sulla repressione di questi cfr. G. Mayda, Gestapo, il braccio violento del nazismo, in «Storia Illustrata», n. 207, febbraio 1975.
[5] Cfr. P. Moreau, Les hérities du III Reich. L’extrême droite allemande de 1945 à nos jours, Paris, Seuil, 1994, pp. 396-397.
[7] G. Gaddi, Neofascismo in Europa, Milano, La Pietra, 1974, p. 199.
[8] La cosiddetta «metapolitica», secondo l’esponente del Grece Jean-Claude Valla, viene definito come «il campo dei valori che non rientrano nella politica, nel senso tradizionale del termine, ma che hanno un incidenza diretta sulla costanza o l’assenza del contesto sociale regolato dalla politica. Di fatto, porre la questione della metapolitica è porre quella del posto e del ruolo dell’ideologia. Nel senso “duméziliano” [da Georges Dumézil, studioso e antropologo molto apprezzato dalla nouvelle droite e nella destra radicale. Ndr] di questa parola, l’ideologia non è nient’altro che il sistema mentale risultante del modo in cui i differenti popoli della terra vivono o percepiscono il mondo, ed agiscono su di esso». J.- C. Valla, Une communauté de travail et de pensée, in P. Vial (a cura di), Pour une renaissance culturelle. Le GRECE prende la parole, Paris, Grece, 1979, p. 36. La corrente riprende Gramsci, un Gramsci ovviamente «demarxistizzato» e “ridotto” a mero teorico dell’egemonia culturale. Nel 1977 Alain de Benoist scrive che «Il Grece ha impostato un’azione metapolitica sulla società. Un’azione consistente nel rispondere al “potere culturale” [della sinistra. Ndr] sul suo terreno: con un contropotere culturale» R. De Herte [A. de Benoist], La révolution conservatrice, in «Éléments», n. 20, febbraio-aprile 1977, p. 3. Secondo lo storico Francesco Germinario «Il ricorso a Gramsci intendeva aggirare l’impasse politicista: additando alla destra il disastroso fallimento della via «leninista», ossia della militanza politica, de Benoist prospettava la più lunga, ma più appagante via «gramsciana», ossia la militanza intellettuale e culturale. Il richiamo ai Quaderni del carcere surrogava il fallimento del Che fare? La Nouvelle droite debenoistiana, mentre spostava il campo d’intervento dalla politica alla cultura – con l’obiettivo di porre le fondamenta di una salda egemonia culturale da tradurre poi in consenso politico –, registrava anche il fallimento della destra tradizionale nell’individuare soggetti da opporre alle modifiche morfologiche della società europea del secondo dopoguerra. La sublimazione della metapolitica nasceva certo dal riconoscimento della necessità di disegnare una destra che non si riducesse al nostalgico attivismo; ma denunciava anche la difficoltà della destra di aggredire i processi storico-politici in atto (omologazione, mondializzazione ecc.). Di conseguenza, nella lotta per la diffusione di una nuova cultura di destra, si guardava all’evoliana apolitìa, «la distanza interiore irrevocabile da questa società  e dai suoi “valori”», la rinuncia alla politica in nome dell’autoeducazione individuale» (F. Germinario, La destra degli dei. Alain de Benoist e la cultura politica della Nouvelle droite, Torino, Bollati Boringhieri, 2002, p. 30. L’autore cita J. Evola, Cavalcare la tigre, Milano, Il Falco, 1981, p. 175.
[9] Cfr. F. Grass – H.G. Jaschke – K. Schönekäs, Neue Rechte und Rechtsextremus in Europa, Opladen, Wesrdeurscber Verlag, 1990, p. 295
[10] Non è un caso che la rivista neodestra di Eichberg si intitoli «Wir Selbst», cioè “Noi stessi”. In gaelico, lingua celtica parlata in Irlanda, ‘Noi stessi’ si traduce infatti Sinn fein, il nome del movimento politico indipendentista rivoluzionario collegato all’Ira. È segno di una forte sensibilità, in chiave identitaria ed etnocentrica ovviamente, nei confronti del cosiddetto ‘nazionalismo di liberazione’ da parte dell’estrema destra nazionalrivoluzionaria europea. È anche una tecnica di appropriazione di temi nati a sinistra per unirli con idee reazionarie
[11] Cfr. C. Blamires, World Fascism: A Historical Encyclopedia, ABC-CLIO, 2006, pp. 665–666 e F.P. Heller – A. Maegerle, Thule: vom völkischen Okkultismus bis zur Neuen Rechten, Schmetterling Verlag, 1998, p. 135
[12] Cfr. www.junge-freiheit.de e l’archivio online della rivista, al sito www.jf-archiv.de
[13] Cfr. J.Y. Camus (éd), Exstrémismes en Europe, Paris, CERA, 1997, p. 51-52
[14] Cfr. «Junge Freiheit», n. 39, 1996
[15] Cfr. «Junge Freiheit», n. 38, 1996, p. 8. Sull’idea geopolitica della Lega Nord, in totale sintonia con quella della nouvelle droite, cfr. L. Ceccarini – F. Turato, Atlante geopolitico delle Leghe, in «LiMes», n. 3/1996
[16] Cfr. A. de Benoist, L’empire intérieur, Motpellier, Fata Morgana, 1995; ed. it. L’Impero interiore. Mito, autorità, potere nell’Europa moderna e contemporanea, Firenze, Ponte delle Grazie, 1996 e Id., L’idea di Impero, in Trasgressioni, n. 13, gennaio-aprile 1991. Cfr. J. Evola, Il federalismo imperiale. Scritti sull’idea di Impero 1926-1963, a cura di G. Perez, Fondazione Julius Evola, «Quaderni di testi evoliani», n. 39, Napoli, Controcorrente, 2012. 
[17] A. Mölzer, Österreich – ein deutscher Sonderfall, Berg am See, Türmer, 1988, p. 28; cit. in B. Luverà, Il Dottor H. Haider e la nuova destra europea, Torino, Einaudi, 2000, p. 130
[18] Sulle pagine del settimanale tedesco «Junge Freiheit», l’ideologo neodestrista Mölzer difese strenuamente l’idea pangermanica della cosiddetta Kulturnation, che identifica nell’identità etnico-culturale la base per determinare la cittadinanza. Cfr. «Junge Freiheit», 17 ottobre 1997
[19] Cfr. B. Luverà, Il Dottor H. Haider e la nuova destra europea, cit., p. 136

1 commento per “La nuova destra austrotedesca

  1. Alessandro
    22 Ottobre 2014 at 14:54

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