Secondo molti analisti e studiosi militari internazionali, ma anche in molti quotidiani arabi, in questi ultimi mesi, sta prendendo corpo un obiettivo da molto tempo perseguito dagli USA, e cioè la costruzione di una NATO Araba sotto la guida dell’Arabia Saudita.
Molte riunioni avvenute in quest’anno, risapute, ma i cui contenuti non sono stati resi pubblici, hanno visto la partecipazione di funzionari d’alto livello di Stati Uniti, degli Stati del Golfo e della Giordania, queste riunioni fanno capire che si sta preparando il decollo della cosiddetta “Alleanza strategica per il Medio Oriente” (MESA). Si tratta di una nuova entità militare progettata per l’ egemonia e il dominio occidentale nella regione, il cui scopo sarebbe quello di osteggiare e contrastare il crescente ruolo dell’Iran nella regione stessa. C’è poi un aspetto meno appariscente, più nascosto: questo organismo, tacitamente rafforzerebbe la “sicurezza” di Israele.
Questa idea di una coalizione “NATO araba”, che sarebbe composta da sei stati del Golfo (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrain, Oman e Qatar più la Giordania), fu uno dei risultati del vertice arabo-islamico ospitato da Riyad nel Maggio 2017, a cui presenziarono annunciandone la proposta, gli USA; anche se, nel gioco delle parti il Regno saudita si definisce promotore.
Il piano consiste nell’unire i Regni del Golfo con la Giordania, in questa nuova alleanza militare, fondata su basi sunnite e quindi discriminante e frammentante nei confronti degli altri paesi mediorientali. Vorrebbero coinvolgere in quest’alleanza anche l’Egitto, ma in questo paese la situazione è molto complessa e di conseguenza la coalizione ritiene di soprassedere.
Già lo scorso anno è stato rilevato che Israele ha avuto un ruolo di supporto essenziale in questa Alleanza in costruzione, attraverso la fornitura di intelligence e altre forme indirette di assistenza militare; ma oggi, dopo il riconoscimento unilaterale di Trump dell’intera Gerusalemme come sua capitale e la recente approvazione della legislazione israeliana che dichiara Israele uno “stato-nazione ebraico“, è ovvio che non può essere messa in prima fila, ma il suo ruolo resta rilevante pur se dietro le quinte. Le sue relazioni con i Regni del Golfo, sono in gran parte migliorate, in primo luogo stante l’interesse, condiviso con gli USA, nell’opporsi al progetto nucleare iraniano. Tuttavia, per i Regni del Golfo, il conflitto con i palestinesi è un ostacolo arduo da superare, pena la perdita completa della facciata politica verso la popolazione palestinese. Comunque il tema dell’instaurazione di legami diplomatici con Israele non è un tema sconosciuto, seppure in sordina e senza troppo clamore.
Negli ambienti della Casa Bianca e del Dipartimento di Stato USA, trapela che l’obiettivo, su spinta di Trump, è quello di ufficializzare questo cosiddetto “accordo del secolo” entro la fine dell’anno.
Ma il processo di strutturazione di MESA ha subìto un grosso ostacolo dopo lo scontro tra il Qatar e gli altri Paesi del Golfo, anche se altre fonti occidentali ritengono che potrebbe non rappresentare un problema insormontabile.
Quest’Alleanza è già coinvolta in varie forme e interessi nei conflitti siriani e yemeniti, oltre alla necessità di garantirsi la sicurezza del trasporto marittimo nel Mar Rosso, in particolare nello Stretto di Hormuz, vitale geostrategicamente per essi e fonte di conflittualità che tenderà ad incrementarsi.
Il primo passo dovrebbe essere quello di costruire per i suoi membri, uno scudo di difesa antimissile appoggiato dagli USA principalmente contro l’Iran, proprio come la NATO sta facendo contro la Russia, utilizzando sia i paesi dell’Europa centrale sia i paesi baltici.
E’ evidente che questa scelta è vissuta come una provocazione dall’Iran, che vede in questo un atto ostile alla sua esistenza e indipendenza, oltre che una sfida al suo ruolo politico nell’area.
L’Arabia Saudita il 18 aprile aveva ospitato un incontro con la partecipazione di esponenti di alto livello di Arabia Saudita, Stati Uniti, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Kuwait, Oman, Qatar e Giordania. Secondo l’agenzia di stampa saudita WAS, l’incontro avrebbe segnato “un passaggio importante per il lancio dell’Alleanza, che mira a rafforzare la sicurezza e la stabilità della regione e del mondo“.
Sulaiman al-Oqaily, importante analista politico saudita, ha poi dichiarato che: “si deve costruire una strategia tra le nazioni arabe che formano l’Alleanza, oltre a un chiaro obiettivo strategico affinché tale sforzo abbia successo”. In primo luogo, al-Oqaily ha sottolineato, “che ci deve essere un blocco arabo omogeneo e ha convenuto che la “NATO araba” avrebbe protetto il mondo arabo da ogni tipo di minaccia e sfida alla sicurezza. I motivi e gli obiettivi dei suoi membri devono essere gli stessi“, aggiungendo che: “ il settarismo con cui l’Iran affronta il Medio Oriente è più pericoloso di Israele…L’Iran sta sfruttando la sua cultura e i suoi legami religiosi con il mondo arabo per espandersi nella regione e distruggerlo“.
E’ dal 2017 che gli USA lavorano alla creazione di una nuova organizzazione militare con i paesi sunniti del Medio Oriente, per contrastare il ruolo regionale dell’Iran.
Secondo gli intenti statunitensi, gli Stati membri della MESA devono, oltre a una cooperazione più stretta sulle difese antimissili, aumentare l’addestramento militare e le strategie d’intervento nelle crisi regionali, rafforzando, nel contempo, i legami politici ed economici; naturalmente sotto guida USA.
All’interno della campagna mediatica e di pressione condotta dagli USA, sulla necessità di una MESA araba, il comandante del comando centrale delle forze aeree statunitensi, il tenente generale J. Guastella, ha specificatamente indicato l’Iran come una minaccia alla stabilità nella regione del Golfo, durante il 2° simposio sull’aeronautica di Manama lo scorso anno
- Guastella ha poi affermato che“…L’Iran continua a causare rischi ad altre nazioni e ad agire come agente destabilizzante in questa regione. Ha lo scopo di interrompere l’equilibrio di potere esistente nell’area e mettere a rischio il benessere dei cittadini locali… “, inoltre ha ribadito che:
“le esercitazioni militari iraniane mirano al blocco dello stretto di Hormuz, il potenziale di errori di calcolo delle intenzioni militari ha conseguenze strategiche. Le loro azioni sono dirette a minacciare tutte le nostre economie… Osservare in profondità simili scenari, può rivelarsi utile per sostenere la necessità di una NATO araba…”, ha aggiunto.
A sua volta, il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, ha affermato, riferendosi all’auspicata nuova alleanza MESA: “L’Alleanza sarebbe un baluardo contro le aggressioni dell’estremismo iraniano e porterebbe stabilità.
Più perplesso sulla fattibilità concreta del progetto statunitense si dichiara invece Qassem Qaseer, noto analista politico libanese, pur confermando che gli USA stanno lavorando da tempo con alcuni stati arabi per formare un tale organismo, ritiene però che: ” ci sono problemi legati alle differenti agende politiche e approcci diversi dei vari paesi implicati. L’obiettivo è quello di fare una pressione minacciosa sull’Iran con tale iniziativa, ma ciò può essere attuato solamente quando la NATO araba sia divenuta una realtà “, ha affermato Qaseer.
Secondo l’agenzia Media Line nell’ultimo anno, alti funzionari americani, tra cui il consigliere del presidente Trump, J. Kushner e il negoziatore internazionale J. Greenblatt, hanno condotto un fitto lavoro di diplomazia tra le capitali del Medio Oriente. Diversi analisti che hanno parlato con Media Line hanno confermato che le visite avevano lo scopo di gettare le basi per MESA.
Il Magg. Generale Hamad bin Abdullah al-Khalifah, comandante della Royal Bahraini Air Force ha dichiarato che “è un’idea americana, che è stata approvata dai paesi del Golfo Arabo, ma non ha ancora preso una forma definita. Mi aspetto che una tale NATO araba abbia successo, ma siamo ancora all’inizio“, ha spiegato l’alto ufficiale del Bahrein.
Anche il Ministro degli Esteri del Bahrein aveva dichiarato all’IISS Manama Dialogue che l’idea di una NATO araba sarebbe diventata realtà entro il 2019.
Nell’attuale situazione ci sono, però, molti aspetti militari, e non solo, da risolvere per una NATO araba del genere. Il più complicato è legato ai problemi d’interoperabilità; i sette paesi gestiscono diversi tipi di piattaforme militari. Ad esempio, l’Arabia Saudita gestisce l’F-15SA americano e l’Eurofighter Typhoon europeo mentre gli Emirati Arabi Uniti gestiscono gli F-16 e il Mirage francese, e così via per gli altri. Ma esistono anche problematiche legate agli accordi tra paesi, Rick Groesch, vicepresidente della Lockheed Martin per il Medio Oriente, rispondendo a una domanda sulla condivisione dei dati tra varie piattaforme militari, ha dichiarato: “Quando un paese acquista apparecchiature statunitensi, ci sono alcune cose firmate nel l’accordo. In altre parole, un paese non può mettere un’arma non statunitense su un sistema di armi statunitense senza l’approvazione del governo USA “. Basti pensare allo scompiglio scatenato con USA e comando NATO, dalla decisione della Turchia, membro NATO, di acquistare dalla Russia gli S–400 del sistema missilistico della difesa aerea mobile.
La condivisione dei dati non è l’unico ostacolo per una NATO araba. Le relazioni tra il Qatar e altri paesi del Golfo, a seguito del blocco contro di esso, rimane attualmente irrisolta. L’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein hanno interrotto tutte le relazioni con il Qatar a giugno 2017, con una forma di blocco terrestre, marittimo e aereo.
Il già citato tenente generale J. Guastella, comandante del Comando centrale delle Forze Aeree statunitensi, ha serenamente affermato quanto segue: “…È utile guardare a ciò che la NATO
è stata in grado di fare e ai successi di questa Alleanza in Europa e nel mondo, che ha garantito stabilità per decenni…Alcuni di questi insegnamenti potrebbero essere applicati qui? Potrebbe una simile alleanza di nazioni affini del Golfo, unirsi in un sistema che offre la stessa stabilità che è stata garantita in Europa e nel mondo? Penso che la risposta sia sì, e penso che il passo per raggiungerlo dovrebbe essere considerato seriamente e concretamente da tutte le nazioni coinvolte qui… “.
Provare per credere verrebbe da dire, magari chiedendo ai popoli afgano, palestinese, somalo, iracheno, grenadino, jugoslavo, libico, siriano, del Donbass, yemenita…cosa ne pensano della “stabilità e benessere“ portatogli da USA e NATO…
Nel frattempo, a conferma di cui sopra
Gli Stati Uniti chiedono alla NATO di pagare di più per proteggere l’Arabia Saudita dall’Iran
Il segretario alla Difesa USA Mark Esper parla con i giornalisti da una base aerea in Arabia Saudita, il 22 ottobre 2019.
Il segretario alla Difesa USA Mark Esper ha affermato che solleciterà gli alleati della NATO a dare un contributo maggiore alla difesa dell’Arabia Saudita e della regione del Golfo, perché sia così possibile contrastare in modo efficace le minacce provenienti dall’IRAN.
Il piano fa parte di un più ampio sforzo degli Stati Uniti per convincere gli alleati della NATO ad assumersi maggiori responsabilità per la sicurezza del Golfo. Ciò include le richieste degli Stati Uniti ai vari paesi NATO di inviare navi, aerei e sistemi di difesa aerea nella regione.
Gli Stati Uniti hanno già deciso di inviare tre batterie di missili Patriot, dozzine di aerei da combattimento e altri aerei in Arabia Saudita. Ha dichiarato che i sauditi “ contribuiranno a coprire” alcuni dei costi statunitensi per l’aiuto aggiuntivo, che comprende già circa 3.000 militari statunitensi.
Mark Esper ha detto ai giornalisti che viaggiavano con lui, di aver già avuto alcune conversazioni con le controparti di Francia, Gran Bretagna e Germania.
Gli Stati Uniti hanno inviato loro truppe con circa 14.000 soldati nella regione da maggio ad oggi, moltiplicando gli sforzi per difendere il regno saudita, dopo gli attacchi dei ribelli yemeniti con i droni alle strutture petrolifere in settembre, affermando, senza fornire alcuna prova, che fossero di provenienza iraniana. Tutto questo in contraddizione con l’obiettivo dichiarato dal presidente Trump di levare truppe statunitensi dal Medio Oriente e fermare la partecipazione americana a “guerre senza fine“.
L’attacco del 14 settembre alle strutture petrolifere saudite, così come quelli precedenti su oleodotti nel regno e su navi nel Golfo, sono state probabilmente una conseguenza della decisione di Trump, di ritirare unilateralmente gli USA dall’accordo nucleare firmato a suo tempo con l’Iran, ed imporre sanzioni pesanti contro il greggio dell’Iran e per la vendita e le esportazioni del petrolio.
Finora gli alleati europei sono rimasti cauti nel rispondere a queste richieste di partecipazione a uno sforzo di sicurezza marittima maggiore.
I leader sauditi hanno ospitato una riunione dei capi della difesa dei Paesi del Golfo e richiesto esplicitamente all’Europa in queste settimane di utilizzare una risoluzione lì esplicitata per richiedere appoggio.
Gli Stati Uniti invece hanno intensificato l’invio non solo di truppe, ma anche aerei da combattimento, missili per la difesa aerea, in una base aerea saudita che fu un centro militare fondamentale della presenza aerea statunitense in Medio Oriente negli anni ’90, ma fu poi abbandonata dopo aver rovesciato L’Iraq di Saddam Hussein nel 2003.
Anche il generale K. McKenzie, il massimo comandante militare degli Stati Uniti per il Medio Oriente, era presente alle riunioni di Esper con il Principe Sultan.