La nascita di Israele coincide con la Nakba

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Il settantesimo anniversario della nascita di Israele coincide con la Nakba, cioè la Catastrofe, per il popolo palestinese – composto da musulmani, cristiani ed ebrei non sionisti – che è stato cacciato dalle proprie terre per permettere ai coloni israeliti di fondare uno Stato colono destinato a diventare una potente nazione (e stato) imperialista. Ma Israele è realmente una nazione? Le posizioni di Cuba ed Iran che, da prospettive differenti, considerano lo Stato ebraico una entità (non riconoscendolo), vengono sostenute anche dallo storico socialista israeliano Ilan Pappe. Israele, a differenza delle nazioni europee, non ha portato a termine nessuna rivoluzione democratica, non è mai esistito un giacobinismo ebraico; lo stato israeliano si è piuttosto connotato come un colonialismo di insediamento. Questa è la peculiarità storica del sionismo che non viene portata allo scoperto, neanche dai “marxisti dogmatici”. Leggiamo l’interessante analisi di Pappe: ‘’Il secondo materiale è la natura del progetto coloniale sionista: un colonialismo di insediamento del tutto simile a quello perpetrato in Nord America, Australia e Sudafrica. La presenza di popoli indigeni che non corrispondevano alla popolazione desiderata dai coloni europei si è tradotta in genocidio nei primi due casi, in apartheid in Sudafrica e in pulizia etnica in Palestina. L’idea che gli indigeni siano gli invasori sta alla base di questo tipo di colonialismo ed è riprodotta dall’accademia che narra la storia della Palestina in questi termini. E quella israeliana si spinge oltre quando discute di questione demografica, legittimando le politiche di riduzione del numero di palestinesi sul territorio. In atto c’è lo stesso processo di disumanizzazione che il neoliberismo applica ai lavoratori’’ 1. Le analogie migliori – maggiormente fondate dal punto di vista storico – sono l’occupazione inglese dell’Irlanda e lo sterminio dei pellirossa nord-americani. I colonialisti sudafricani facevano riferimento all’Inghilterra, quindi il Sudafrica era uno Stato colonialista. Israele diversamente è uno Stato colono; qual è la madrepatria dei coloni israeliti? Non esiste e questa anomalia storica rende il sionismo maggiormente insidioso rispetto ad altre forme di dominio coloniale. La mia analisi verte su tre questioni: (1) il sionismo raccoglie l’eredità storica dei fascismi europei, compreso il mito della ‘’rivoluzione di destra’’ anti-modernista; (2) l’analogia fra l’estrema destra israeliana ed il nazismo tedesco; (3) l’enorme peso della lobby sionista. Le seguenti riflessioni sono di tipo prettamente metodico e analitico e non ideologico, come pensano i ‘’difensori del regime sionista’’.

Prosegue Pappe: ‘’Israele è assunto come modello securitario, sia nel sistema di controllo che nella logica della separazione tra un «noi» e un «loro», che nella fortezza-Europa si traduce nella chiusura ai rifugiati’’. Uno Stato – Israele – che nelle illusioni della sinistra europea doveva simboleggiare l’antifascismo rappresenta oggi il ‘’modello securitario’’ per l’estrema destra europea, comprese diverse organizzazioni neofasciste. Anche per questo lo “stato per soli ebrei” si connota come uno stato nemico del fronte progressista, e deve essere considerato come il simbolo dell’imperialismo del ventunesimo secolo. Perché? L’estrema destra israeliana sostiene la tesi dello stato etnicamente omogeneo (i sionisti laburisti intellettualmente onesti sono allibiti dalla ferocia dell’odierno Stato ebraico) che ha praticato e continua a praticare la deportazione del popolo palestinese cacciato illegalmente dai territori che gli spettano di diritto. Il regime di segregazione razziale che i sionisti hanno imposto con la violenza è diventato, di anno in anno, sempre più rigido. Il giornalista Davide Rossi, referente della Stampa Estera di Milano,  ha denunciato la megalomania del Likud con un coraggioso atto d’accusa: ‘’La sua aggressione permanente al popolo palestinese e ai suoi diritti ha convinto i giovani palestinesi che gli israeliani non vogliano la convivenza, ma la cacciata e il soffocamento del popolo palestinese’’ 2. Gli studi di Ilan Pappe ci spingono a definire Israele come uno stato capitalistico con una sovrastruttura politica semi-democratica (una democrazia relativa per gli ebrei russi e sefarditi, discriminazioni etniche per gli ebrei africani; segregazione razziale nei confronti degli arabi) dove l’elemento religioso domina su quello politico. L’imperialismo israeliano, al pari di quello nazista, è una sorta di militarismo etnico basato sulla perversa idea talmudica della sottomissione dei non ebrei. Da laico (almeno fino alla metà degli anni ’60), questo stato tanto ambigua è piombato nell’oscurantismo religioso. Una (neanche tanto) graduale degenerazione che sta portando la società israeliana in un vicolo cieco.

Che cosa rende Israele – tralasciando le contraddizioni interne – in parte simile al nazionalsocialismo tedesco? Lo stato ebraico è una ideocrazia intenta nella realizzazione di una sorta di uomo nuovo, devoto alla fanatica estrema destra giudaica. Il mondo progressista ebraico, un tempo influente, è stato marginalizzato. Il regime di Tel Aviv risponde all’autoritarismo oscurantista dei sionisti religiosi.  Il rapporto di questa destra xenofoba con i popoli arabi è molto simile a quello che aveva la Germania nazista con le nazioni confinanti, cioè i popoli considerati inferiori e da sottomettere. Non è casuale l’ammirazione di cui gode Netanyahu nei circoli reazionari europei, ivi compresi alcuni gruppi neonazisti e neofascisti.

Affrontare il tema del sionismo implica uno sforzo analitico non indifferente. Il filosofo Costanzo Preve – dal quale in alcune occasioni ho preso le distanze per dei gravi errori politici da lui commessi negli ultimissimi anni della sua vita – ha scritto con grande puntualità: ‘’L’odierno filosemitismo (schizofrenico) è dunque il semplice rovesciamento dialettico del precedente antisemitismo (paranoico). La stessa cultura disgraziata ed imbecille che mise le premesse del massacro del nazionalsocialismo tedesco, punto culminante della lunga storia dell’antisemitismo paranoico occidentale, è oggi vittima di un comprensibile complesso di colpa, lo scarica sul mondo arabo (non solo islamico, ma anche cristiano) che è del tutto innocente di questa ossessione, e crede di espiare con un altrettanto grottesco filosemitismo, dietro cui ci stanno le ossessioni messianiche da fine della storia del protestantesimo fondamentalista americano, drogato di superstizione veterotestamentaria e perciò continuamente ricattabile da bande di zeloti armati’’ 3. All’interno di questa prassi perversa dobbiamo inquadrare la conversione ‘’giudeo centrica’’ del mondo conservatore. L’antisemitismo colonialista europeo si è rovesciato nel suo contrario: l’arabofobia dei neoconservatori statunitensi che si traduce in una sorta di progetto parimenti ideocratico basato sul ‘’caos creativo’’. Il filosofo torinese cercò di spiegarci il segreto della impunità israeliana scandalizzando la sinistra ‘’politicamente corretta’’; una sinistra invertebrata (citando Perry Anderson) che non ha perso l’occasione di diffamarlo, accusandolo di essere – a loro dire – un “rossobruno”. L’appoggio di una parte della ‘’sinistra’’ allo stato israeliano conferma la funzionalità di questa alla strategia geopolitica dell’imperialismo USA; a rigor di logica questa “sinistra” dovrebbe smettere (le ragioni sono evidenti) di definirsi tale.

Non dobbiamo tralasciare le tesi, tanto provocatorie quanto argute, di Gilad Atzmon, musicista prestato alla filosofia. Cito testualmente: Il sionismo non si identifica neppure col colonialismo. Per quanto molti attivisti intorno a noi insistano nel presentarci il sionismo come un progetto colonialista, occorre dire la verità: il colonialismo è definito dall’esistenza di una chiara relazione materiale tra una “madrepatria” e un ”insediamento coloniale”. Nel caso del sionismo, tuttavia, è impossibile determinare quale sia o sia stata la “madrepatria ebraica”. In effetti, non esiste nessuna madrepatria ebraica, né mai ne è esistita una. Il sionismo non è un progetto colonialista, né mai lo è stato. Vero è che lo Stato Ebraico manifesta alcuni caratteri del colonialismo. Ma anche un paziente ammalato di cancro al cervello manifesta alcuni sintomi dell’emicrania. Una diagnosi appropriata deve mirare a scoprire le vere cause che stanno alla base dei sintomi. Fare una diagnosi significa rintracciare la vera malattia piuttosto che fornire una spiegazione superficiale esaminando un po’ di sintomi sparsi’’ 4. Personalmente non me la sento di approvare e nemmeno di respingere la stimolante (forse un po’ azzardata) teoria di Atzmon; mi colloco a metà strada fra le sue posizioni e quelle di altri intellettuali ebrei come Ilan Pappe, Norman Finkelstein, Noam Chomsky ed Israel Shahak senza tralasciare gli enormi contributi di studiosi del calibro di Said, Garaudy, James Petras ed Israel Shamir. Certamente Atzmon procede con metodo, non inventa nulla: l’estrema destra israeliana vorrebbe cancellare il popolo palestinese. Il colonialismo si limitava a controllare il territorio, militarizzandolo – mettendo in pratica uno sterminio che spesso aveva radici nella religione. La letteratura post-sionista (si pensi a Tom Segev), da questo punto di vista è totalmente inservibile; lo stesso ‘’sionismo socialista’’ si è sporcato la coscienza con crimini vergognosi. L’ebreo illuminato Israel Shahak ed il marxista musulmano Roger Garaudy hanno ragione; il ‘’sionismo laburista’’ ha rafforzato il fanatismo della destra, quindi l’unica soluzione possibile è la de-Sionizzazione radicale.

L’articolo di Rossi, pubblicato dal giornale Sinistra.ch, giunge ad una conclusione condivisibile: “La politica sionista di Netanyahu aggredisce i palestinesi e qualsiasi avversario interno bollandolo come antisemita, l’accusa di antisemitismo è poi diventata planetaria e cade addosso a chiunque contesti la politica del governo israeliano. In tutta Europa si muovono sostenitori del sionismo tanto scalmanati e irriflessivi da mostrarsi imbarazzanti”. E ancora: “Il dato più incredibile e preoccupante della politica sionista è il voler legare forzatamente e artificialmente la storia, la cultura e la religione ebraica, prima ancora che allo stato di Israele, alla politica sionista dell’attuale governo. In questo contesto le flebili voci – ebraiche e non solo – che raccomandano di distinguere appunto tra religione e cultura ebraica da un lato e stato e governo d’Israele dall’altro sono del tutto inascoltate e addirittura condannate. Poco serve ricordare a questi esagitati che gli stati non sono eterni, il regno dei Longobardi e l’impero degli Aztechi, tanto per far due esempi tra centinaia, non esistono più, mentre le religioni e le culture restano, quindi legare una religione e una cultura al destino di una singola nazione non solo è sbagliato, ma anche antistorico e pericoloso”. La lobby ebraica italiana venne definita correttamente dallo studioso Diego Siragusa ‘’la sezione italiana dell’estrema destra israeliana’’. I sostenitori di Israele – di destra, di centro e della velenosissima ‘’sinistra’’ – pongono seri problemi di tenuta democratica, dimostrando di essere in contraddizione anche con i principi della  Costituzione democratica e repubblicana italiana.

Sintetizzo:
(1) Il sionismo è una ideologia neocolonialista che ha diverse articolazioni. Ci sono i guerrafondai russofobi, ma anche i nazionalisti territoriali israeliani.
(2) Israele, nel corso dei suoi sciagurati settant’anni di vita, ha sostenuto dittature capitaliste al libro paga dell’imperialismo USA. E’ alleata di Washington, ma all’occorrenza è in grado di muoversi autonomamente.
(3) Il popolo palestinese è stato inghiottito da uno stato capitalistico e imperialistico su basi etniche. Per questo l’analogia con l’imperialismo nazista tedesco, sotto questo punto di vista, è pertinente.
Il popolo palestinese ha il diritto di resistere ma, per adempiere al compito che, obtorto collo, la storia gli ha assegnato, non può prescindere dal sostegno delle nazioni alleate, cioè Siria, Iran, Cuba e Venezuela. I sostenitori del mondo multipolare debbono dare un contenuto di classe alla loro proposta. E’ necessario e doveroso ammetterlo: c’è un grande assente, il proletariato israeliano, egemonizzato ideologicamente dal sionismo. Un grande problema e una contraddizione in seno al popolo, come avrebbe detto qualcuno.

https://ilmanifesto.it/ilan-pappe-parlare-di-palestina-e-decolonizzazione/
http://www.sinistra.ch/?p=7366
http://www.kelebekler.com/occ/prevenazione05.htm
https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=39164

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