Il sionismo è un movimento politico ed ideologico pan-imperialistico che presenta – su scala mondiale – due correnti importanti: (1) gli sciovinisti o se vogliamo i nazionalisti israeliani; (2) gli internazionalisti. Cerchiamo, sia pur sinteticamente, di capire cosa sostengono queste due componenti e in cosa si differenziano:
(a) Gli sciovinisti ritengono che tutti gli sforzi della lobby ebraica nord-americana debbano essere finalizzati alla realizzazione del Grande Israele, progetto neocolonialista che mira alla sottomissione completa del mondo arabo.
Gli sciovinisti non sono disposti a riconoscere nemmeno uno “Stato” colonizzato palestinese, avversano l’Islam politico in tutte le sue forme ( compresa la Fratellanza Musulmana ) e spingono per una aggressione imperialista nord-americana all’Iran. E’ necessario inoltre sapere che Israele è l’unico paese al mondo la cui classe dirigente è formata nella sua quasi totalità da ex alti ufficiali dell’esercito.
(b) Secondo gli internazionalisti è necessario sacrificare gli interessi geopolitici israeliani in nome della formazione di una nuova classe capitalistica transazionale composta prevalentemente da membri della grande borghesia israelita europea e statunitense.
Fa parte di questa componente lo speculatore George Soros il quale – a detta di molti esponenti politici europei – è da considerarsi come una singola entità statuale. Capiamo allora che per Soros – o Brezinski – è più importante controllare l’eurozona rispetto ad una eventuale guerra all’Iran, “rivoluzioni colorate” a parte.
Gli internazionalisti fanno leva sull’Islam Politico sunnita come strumento per sterilizzare il nazionalismo progressista arabo ed il socialismo islamico; per questo hanno appoggiato il governo dei Fratelli Mussulmani in Egitto con generosi finanziamenti.
Arriviamo al dunque: qual è l’atteggiamento degli internazionalisti sionisti verso la Repubblica Islamica dell’Iran ?
Per esporre la mia posizione su questo tema parto da una citazione ( recente ) del marxista africano Mohamed Hassan:
“Come ho spiegato in Jihad made in USA, gli accordi tra Teheran e Washington sono praticamente un copia-incolla di un libro di un ex agente Cia, Kenneth Pollack, specialista dell’Iran. Pollack dice che gli Stati Uniti non possono combattere l’Iran e che devono decidersi a riconoscerla come potenza regionale. Ha ricordato che la gioventù urbana iraniana è la sola filo-americana nella regione e forse una delle più filo-americane al mondo! Questi giovani sono fortemente influenzati da Internet, Hollywood, ecc. I loro genitori vivevano all’occidentale ai tempi dello shah. Ma sono nati sotto la Repubblica islamica e non hanno ottenuto dai loro dirigenti la prospettiva di una nuova società. L’Iran è in definitiva nient’altro che un paese capitalista con una maschera islamica. Gli Stati Uniti possono dunque beneficiare di questa situazione. Soprattutto perché hanno bisogno dell’Iran in Afghanistan, in Iraq e in Asia centrale.
L’Iran si è trovato di fatto sulla linea antimperialista perché gli interessi nazionali della sua borghesia erano in conflitto con quelli degli Stati Uniti. Ma non vi è alcuna base rivoluzionaria per questa linea antimperialista. La situazione potrebbe cambiare. Tuttavia, Washington non permetterà che l’élite iraniana realizzi il suo sogno di restaurare l’influenza del grande Impero persiano. A questo livello, l’Arabia Saudita resta un prezioso alleato, essendo i Saud impegnati in una sorta di guerra fredda con l’Iran intorno alla contraddizione tra sunniti e sciiti”. 1
Questa interessante analisi ci sarà presto utile, però prima di commentarla voglio fare una rapida premessa. La Rivoluzione antimperialistica islamica del 1979 fu una delle rivoluzioni più genuine di sempre: popolare, proletaria ed ostile al neocolonialismo. Il popolo iraniano ha sofferto molto sotto la dittatura di Reza Pahlevi quindi – di contro – il nuovo governo islamico ha nazionalizzato le risorse proclamando il governo cosiddetto degli “uomini virtuosi”. Khomeini commise però un grande errore: l’alleanza con la borghesia del Banzar. L’Imam Khomeini credeva che il potere dovesse essere ben saldo nelle mani dei popoli e dei lavoratori: mutuando lo slogan marxista “proletari tutto il mondo unitivi”, la guida religiosa sciita chiamò i i popoli oppressi dalla dominazione occidentale e dei suoi alleati a sollevarsi contro il “Grande Satana” nord-americano.
Il Banzar si contrappose a questo progetto progressista: infatti secondo la borghesia nazionale iraniana era ed è importante ripristinare il ruolo dell’Iran come potenza regionale al fine di realizzare – con le aperture ai capitali esteri – un capitalismo in versione islamica. Due visioni contrapposte e inconciliabili.
Torniamo al punto di partenza ( la citazione di Hassan ) rilevando una certa aderenza fra gli obiettivi, nel breve periodo, della borghesia iraniana ed il progetto “di fase” degli strateghi statunitensi come Kenneth Pollack. Nella Repubblica Islamica c’è un conflitto ( di classe ) fra gli antimperialisti ed il Bazar ? Perfetto, gli Usa intervengono e danno una mano al Bazar sbilanciando i rapporti di forza interni.
Il chiarimento introduttivo sulla divisione ideologica e politica nel campo sionista è stato necessario alla luce delle recenti rivelazioni. Thierry Meyssan ci spiega bene come Israele ed Arabia Saudita mirino:
(a) Cambiare il sistema politico in Iran (e non più fare la guerra all’Iran)
(b) Assicurarsi che l’Iran rinunci a esportare la sua rivoluzione 2
Tutto questo implica (1) la sconfitta degli antimperialisti all’interno della Repubblica Islamica, (2) la rinuncia del popolo palestinese all’inalienabile e sacrosanto diritto al ritorno.
Meyssan scrive che “Il riconoscimento dello Stato palestinese metterà fine al diritto al ritorno dei palestinesi cacciati dalle loro terre, ma aprirà per loro un nuovo status. Gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita investiranno massicciamente per sviluppare l’economia del nuovo Stato’.
Che indipendenza potrà mai avere uno Stato palestinese – sicuramente disarmato – invaso dai capitali privati statunitensi e sauditi ? L’imbroglio è evidente e dalla Palestina – la cui liberazione fu uno dei cavalli di battaglia di Khomeini – passiamo agli Accordi Iran – Usa sul nucleare. Troppe cose dai mass media ( anche alternativi ) sono state occultate.
(a) Il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione ha censurato la candidatura di Esfandiar Rahim Mashai, consuocero di Ahmadinejad, alla corsa per la presidenza.
(b) La negoziatrice statunitense, la filoisraeliana Wendy Sherman, ha preteso la rinuncia dell’Iran a sviluppare missili balistici.
Tutto ciò dimostra che la preoccupazione degli Usa è quella di indebolire, in modo progressivo, la Repubblica Islamica, se non più sul un piano economico, certamente su quello militare.
(c) La Repubblica Islamica dell’Iran ha fermato il suo programma nucleare militare nel 1988 dopo una fatwa dell’Imam Khomeini. Questa fatwa ha assunto, per volere di Khamenei, valore di legge nel 2005. Gli obiettivi occidentali sono altri, lo stesso Obama lo ha candidamente riconosciuto in un discorso il 2 aprile scorso. Nessuno in Italia ne ha parlato ?
L’imperialismo nord-americano in nome dell’ “internazionalismo sionista” ( Soros, Brzezinski, Kissinger, ecc … ) ha istituito una NATO regionale capeggiata dall’Arabia Saudita ma, nei fatti, comandata da Israele. Si tratta della stessa alleanza colonialistica che, in questi mesi, ha dissanguato lo Yemen del movimento antimperialista Ansarola. L’analisi di classe diventa indispensabile: davanti ai massacri nello Yemen, l’antimperialista iraniano Ahmadinejad e il leader degli Hezbollah, Nasrallah, hanno immediatamente alzato la bandiera della Rivoluzione degli oppressi contro il “Grande Satana”, a differenza di Rohani; per lui la ragion di Stato viene prima di tutto.
Subito dopo il raggiungimento della prima intesa – in aprile – Usa e Gran Bretagna hanno dato carta bianca a Casa Saud contro la Rivoluzione yemenita. Lo Yemen non sarà – come dice Meyssan – soltanto la sola zona di conflitto della regione da qui ai prossimi 10 anni, ma, anche, l’ago della bilancia nel determinare i rapporti di forza fra la corrente antimperialista ed il Banzar in Iran. Il conflitto di classe fra chi ha voluto la Rivoluzione sciita del 1979 e chi si accodò a Pahlevi si ripropone in questi termini: trattare con gli Usa o esportare la Rivoluzione khomeinista ?
Questo il nodo che le forze progressiste devono risolvere: unità di classe o mero fronte geopolitico? La resistenza resistenza del popolo yemenita ci offre già la risposta giusta.
http://www.resistenze.org/sito/os/dg/osdgfd28-016236.htm
http://www.voltairenet.org/article187939.html
http://www.voltairenet.org/article187255.html