L’ipotetica disgregazione del polo imperiale europeo si colloca all’interno del processo di de-globalizzazione del mondo ampiamente previsto, proprio sull’Interferenza, da alcuni anni a questa parte. Il 20 agosto 2019 scrivevo:
‘’La caratteristica di Trump è quella d’aver ‘’nazionalizzato’’ la demagogia populista, globalizzata fin dai tempi dell’amministrazione Reagan. Se la famiglia Bush ed i Clinton hanno mondializzato l’arroganza USA, Trump l’ha riportata entro i confini nazionali trasformando in neofascismo evangelico un piano di conquista pan-planetario ’’ 1
Ne deduciamo che:
- Il passaggio dalla fase ‘’cosmopolita’’ a quella nazionalista del capitalismo non ferma l’imperialismo, ma impone al mondo del lavoro una nuova dialettica conflittuale.
- Al di là della possibile ed auspicabile disgregazione dell’Ue, gli USA rimangono la potenza imperialista più forte. Non ci troviamo davanti ad uno scontro fra visioni del mondo, ma ad un conflitto inter-imperialista per la gestione del potere.
Nell’articolo Il mondo dopo la pandemia, il giornalista francese Thierry Meyssan mette in risalto i sorprendenti punti deboli delle ‘’democrazie’’ occidentali auspicandosi un progressivo abbandono del neoliberismo:
‘’Sul piano economico, dopo che avremo chiuso ogni genere di attività, dai ristoranti agli stadi di calcio, non sarà più possibile ispirarsi alla teoria di Adam Smith del «lasciar fare, lasciar andare». Saremo costretti a riconoscere la necessità d’imporre limiti alla sacrosanta libertà d’impresa.
La lotta contro la pandemia ci ha rammentato che l’Interesse Generale può giustificare la messa in discussione di qualsiasi attività umana’’ 2
Il passaggio da una concezione ‘’proprietaria’’ del capitalismo ad una visione dirigista è con tutta probabilità un piano – ma non il Piano B – dell’elite, ciononostante un ‘’regime’’ misto pubblico-privato molto simile a quello della Prima Repubblica, non rappresenta la sola strada percorribile post-shock. Dopo l’11 settembre 2001, il governo Bush approvò lo stato d’eccezione permanente mandando alle stelle i profitti del complesso militar-industriale; la crisi sociale venne letteralmente subappaltata alle grandi multinazionali le quali, nel giro di poche settimane, misero al bando lo stato di diritto. La Dottrina Trump basata sul ritorno agli stati nazionali ‘’vassalli’’ e sulla guerra commerciale è una nuova calamità per i lavoratori e per le economie produttive, inoltre non abolisce tramite decreto le manovre dello stato profondo ed il perseguimento della ‘’guerra infinita ’’.
L’analista marxista Michele G. Basso, nel settembre 2016 commentò la nuova tattica politica di Brzezinski contenuta nel testo “Toward a Global Realignment” (Verso un nuovo allineamento). L’analisi è riproponibile:
‘’Si può consentire sulla pericolosità della posizione della Clinton, espressione, neppure tanto politicamente mediata, del complesso industriale militare; porta avanti il vecchio progetto imperiale non aggiornato, e, se la classe dirigente non le porrà le briglie, creerà una situazione pericolosissima, per l’America e per il mondo. Ma non esiste alcuna conversione a U di Brzezinski. Si tratta di un cambiamento tattico e non strategico, di un raggiustamento del vecchio progetto di dominio, adattato a una situazione in cui la potenza USA non è più incontrastata, e tendente a soggiogare, nell’immediato, il Medio Oriente e i paesi in via di sviluppo, a mantenere sotto controllo l’Europa vassalla, a dividere Russia e Cina facendo riemergere vecchie rivalità, cercando così di contenere il relativo declino americano’’ 3
‘’Se Brzezinski avesse avuto un reale progetto di cambiamento, avrebbe dovuto cominciare dalla NATO, questo gigantesco organismo, sempre più parassitario, che inghiotte sempre nuove risorse e costringe tanti stati a presidiare zone lontane migliaia di chilometri, non per propri interessi politici o economici, ma per quelli di Washington’’
‘’L’insurrezione di Trump’’ (Thierry Meyssan) ed il relativo abbandono dell’imperialismo ‘’cosmopolita’’ non ha compromesso le scorribande del Deep State; negli stessi termini la subordinazione dell’Italia alla Nato non verrà rimessa in discussione né da Conte né, tantomeno, da un burocrate necrotizzato come Mario Draghi. Proviamo a rileggere (con una modifica rilevante) il pezzo di Basso:
‘’Ma non esiste alcuna conversione a U di Draghi. Si tratta di un cambiamento tattico e non strategico, di un raggiustamento del vecchio progetto di dominio, adattato a una situazione in cui la potenza USA non è più incontrastata, e tendente a soggiogare, nell’immediato, il Medio Oriente e i paesi in via di sviluppo, a mantenere sotto controllo l’Europa vassalla, a dividere Russia e Cina facendo riemergere vecchie rivalità, cercando così di contenere il relativo declino americano’’
‘’Se Draghi avesse avuto un reale progetto di cambiamento, avrebbe dovuto cominciare dalla NATO, questo gigantesco organismo, sempre più parassitario, che inghiotte sempre nuove risorse e costringe tanti stati a presidiare zone lontane migliaia di chilometri, non per propri interessi politici o economici, ma per quelli di Washington’’.
Quali sono le (ipotetiche) linee strategiche dello stato profondo italiano?
- Non tutti i neoliberisti sono ‘’cosmopoliti’’, quindi la linea Conte-Draghi nella nuova fase del conflitto inter-imperialista potrebbe ripescare la Dottrina Thatcher degli anni ‘80: imperialismo nazionale, stato d’eccezione anti-operaio, euro-scetticismo e sfruttamento delle conflittualità geopolitiche. La dipendenza militare delle deboli borghesie invertebrate nazionali nei confronti della borghesia metropolitana anglo-statunitense, difficilmente sarà oggetto di revisione strategica.
- L’establishment italiano vivacchierà in mezzo al processo costitutivo del mondo tri-polare (USA, Russia e Cina), mentre l’Ue ha già optato per il suicidio. Quando il picco dell’epidemia Covid-19 sarà passato, l’Europa assisterà impotente al consolidarsi di nuove relazioni, ma soprattutto differenti conflittualità geopolitiche.
La de-globalizzazione del mondo contrasta l’imperialismo ‘’cosmopolita’’ euro-atlantico, ma non ne decreta la fine. Dall’altra parte, l’imperialismo economico di Trump per almeno ¾ dei lavoratori salariati su scala mondiale rimane una minaccia incombente.
1.
https://www.linterferenza.info/esteri/la-de-globalizzazione-del-mondo-confligge-limperialismo-cosmopolita-usa/
2.
https://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o49221:e1
3.
https://www.voltairenet.org/article209485.html
Fonte foto: Il Fatto Quotidiano (da Google)