Le elezioni statunitensi di metà mandato hanno confermato il conflitto esistente fra l’Alt Right, rappresentante del neo-nazionalismo imperialista, e i liberali, sostenitori del cosmopolitismo (che nulla ha a che vedere con l’internazionalismo). A dispetto di quello che pensano i ‘’giornalisti di regime’’ entrambe le fazioni sono caratterizzate dall’adesione all’ ideologia neoconservatrice elaborata da Leo Strauss e sistematizzata – a destra – da David Horowitz e – a “sinistra” – da Francis Fukuyama. I temi elettorali sono quelli di sempre: immigrazione, multiculturalismo ed adesione al neoliberismo interno. Nessuno dei due schieramenti ha osato mettere in discussione la politica estera USA, ma soprattutto la geopolitica del caos basata sulla globalizzazione della Dottrina Monroe. In poche parole, il complesso militar-industriale non è di certo stato smantellato dal presidente Trump (perchè avrebbe dovuto…). Al contrario, attraverso la lobby sionista, continua a caratterizzare la politica internazionale dell’Impero ‘’yankee’’. Il presidente in carica è venuto meno alla promessa del 2016 – restituire l’America agli americani – allineandosi con i puritani ed accettando l’agenda di Steve Bannon, lustrascarpe del figlio del defunto Scià persiano.
Secondo il giornalista Thierry Meyssan è in corso una regressione della lobby evangelica rispetto ai cattolici ed ai luterani. Leggiamo: ‘’Nella campagna per le presidenziali 2016, un ex democratico, Donald Trump, è sceso in lizza per la candidatura del Partito Repubblicano. Rappresentava una corrente assente dal panorama politico USA sin dalle dimissioni di Richard Nixon: i jacksoniani. Trump non aveva, in astratto, alcuna possibilità di ottenere l’investitura repubblicana. Eppure, eliminò uno a uno i 17 concorrenti, fu il candidato dei Repubblicani e vinse le elezioni contro la candidata favorita nei sondaggi, Hillary Clinton’’ 1. La vittoria di Trump è un ritorno del “capitalismo produttivo”, nazionalista e colonialista, rispetto al capitalismo finanziario pan-imperialista. Questo non implica una svolta antimilitarista di Washington come crede il bravo giornalista francese; l’uomo dell’Alt Right ha abbracciato l’evangelismo neocolonialista di Bannon sostenendo in America Latina il movimento neofascista di Bolsonaro. Dall’altra parte Bannon, fedele al figlio del defunto Scià, Reza Ciro Pahlevi, ha legato il suo destino politico in Medio Oriente alla dittatura saudita ed all’estrema destra israeliana. Il conflitto prosegue con altre modalità.
Se i falchi liberali hanno optato per un’alleanza strategica con la Fratellanza Musulmana ed il wahabismo, Trump appoggia la guerra all’Islam politico del dittatore Mohamed Bin Salman; entrambe le scelte sono peggiori. L’Islam politico fu responsabile del massacro anti-armeno del moribondo Impero ottomano; negli anni ’90 contribuì a disintegrare la Jugoslavia ‘’semi-socialista’’ ed oggi insanguina la Siria governata dal nazionalista Partito Ba’th. Non si tratta di scontro di civiltà, ma di conflitto fra stati e anche sistemi sociali diversi. La storia contemporanea ha contrapposto i collaborazionisti dell’imperialismo (evangelici, Islam politico e sionismo religioso) ai resistenti (comunismo storico novecentesco, democratici e movimenti anticolonialisti). In questi anni recenti, il ruolo geopolitico che fu dell’Urss nell’arrea mediorientale è stato di fatto ricoperto dall’Iran; le guerriglie marxiste-leniniste filo-cinesi o filo-sovietiche sono state a loro volta sostituite dalle milizie sciite degli Hezbollah.
L’analista politico Moreno Pasquinelli ritiene che lo scontro inter-capitalistico diventerà sempre più violento: ‘’E’ un paradosso che rispetto alla guerra civile si assista ad un’inversione delle parti. Allora quella progressista unionista guidata da Abraham Lincoln, per nome e per conto della borghesia industriale in ascesa, era rigidamente protezionistica, mentre quella dei federati sudisti, in rappresentanza di una borghesia cotoniera tutta votata all’esportazione, era fermamente liberoscambista. Oggi come allora: protezionismo contro liberoscambismo. Oggi come ieri si rifan la guerra due frazioni della grande borghesia americana, ed esse, pur essendo entrambi wasp, hanno bisogno di una narrazione, di un alibi ideologico per giustificare e camuffare la posta in gioco del conflitto, cioè quale cosca capitalistica debba avere il predominio. I liberoscambisti, per intruppare i cittadini nella loro armata, usano la maschera del multiculturalismo e del progressismo, i protezionisti, al contrario, debbono esaltare le radici bianche e puritano-calviniste’’ 2. In questo modo coglie un aspetto importante taciuto dai ‘’giornalisti mainstream’’ asserviti alla fazione liberale dell’imperialismo liberale (di cui la famiglia Clinton è autorevole rappresentante): lo scontro di potere negli USA. L’Alt Right è una realtà in crescita, certamente pericolosa che tiene insieme fazioni differenti della reazione oligarchica: neofascisti, evangelici, ‘’capitalisti anarchici’’ e sionisti religiosi. Il collante ideologico con i neoconservatori sta nel negare l’indipendenza (e quindi anche una patria) ai popoli. In base a questa concezione ideologica gli stessi europei sono ‘’colpevoli’’ per aver esportato gli ideali della Rivoluzione francese, antimonarchica e repubblicana, e del movimento operaio. Nell’Impero nord-americano il tema della giustizia sociale rimane un tabù.
Queste fazioni (borghesia neo-nazionalista ed oligarchia capitalista cosmopolita) daranno vita ad una nuova guerra civile? La politica estera mette d’accordo falchi liberali ed Alt Right circa l’essenziale: sostegno ad Israele, appoggio alla destra sudamericana, genocidio nello Yemen. Molto probabilmente ci sarà un conflitto giudiziario mentre nelle zone periferiche il lavoro sporco – ovvero l’eliminazione dei dissidenti – verrà delegato ai fantocci riempiti di dollari. L’imperialismo USA vive questo conflitto inter-borghese senza particolari intoppi: la guerra economica alla Cina è sostenuta da molti democratici, mentre il sionismo dichiarato di Trump è una garanzia del peggio. Il presidente in carica è ben lontano dal fare – come ipotizzarono alcuni analisti – la fine di Kennedy.
Con lo storico Diego Siragusa avevamo previsto una congiuntura analoga: ‘’Trump e Flynn non si metteranno contro il Sistema Militare Industriale che ha il vero potere negli Stati Uniti. Farebbero la fine di Kennedy. Alterneranno isolazionismo e imperialismo classico. Sono troppi i soggetti da accontentare e gli interessi che attendono di essere soddisfatti. La riapertura del “Dossier Iran” sarà il segno della pressione della lobby ebraica. Perché? Perché il teorema folle e aberrante di Israele è questo: io ho la bomba atomica e a nessuno, in Medioriente, deve essere consentito di averla’’ 3. La nostra analisi si è rivelata giusta: l’Alt Right non ha mutato, su scala internazionale, i rapporti di forza dell’imperialismo USA di sempre, ha soltanto cambiato tattica. La struttura economica e sociale dell’Impero anti-repubblicano non muterà di certo.
http://www.voltairenet.org/article203864.html
http://www.antimperialista.it/index.php?option=com_content&view=article&id=4458:prove-di-guerra-civile&catid=106:usa
https://www.linterferenza.info/esteri/donald-trump-fra-white-power-ed-isolazionismo/
Fonte foto: Huffington Post (da Google)