Il ritiro degli USA dalla Siria rappresenta una vittoria per il popolo siriano ed un riassestamento geopolitico verso un mondo multipolare. Il presidente Trump ha preso atto della sconfitta del complesso militar-industriale quindi, scaricando la sinistra imperiale rappresentata, in questo caso, dai separatisti curdi dell’YPG, ha delegato il lavoro sporco alla Turchia ed Israele. Fatica sprecata, le relazioni russo-israeliane non sono mai state peggiori e lo Stato ‘’per soli ebrei’’ non può reggere un confronto militare con l’Asse sciita appoggiato dalla Federazione russa. L’imperialismo abdica? Certamente no, guarda soltanto ad altre sfere d’influenza.
L’analista Valentin Vasilescu ci ha spiegato che: ‘’Le basi militari USA in Siria sono formate soprattutto da truppe destinate a operazioni speciali, ossia da una fanteria leggera, senza blindati né sostegno d’artiglieria. Non potrebbero perciò resistere a un attacco terrestre dell’esercito siriano appoggiato dall’aviazione. Avendo acquisito la consapevolezza che l’aviazione USA non potrà superare la barriera antiaerea siriana senza perdite inaccettabili, ogni azione militare diventa inopportuna. Questa è la ragione che ha indotto gli Stati Uniti a dare l’annuncio del ritiro graduale dei suoi 2.000 soldati dalla Siria’’ 1. Il realismo politico di Trump ha evitato una catastrofe geopolitica. Il guerrafondaio Mattis si è dovuto dimettere fra le proteste di Netanyahu e dei sionisti legati alla famiglia Clinton. Lo stesso Bannon ha ricevuto un colpo basso: l’Alt Right considera la Fratellanza Musulmana turca un nemico strategico, ma il presidente eletto non è dello stesso avviso. Quindi Trump e Bannon stanno giocando partite differenti, le loro mosse collimano in Europa ed America Latina; il Medio Oriente – contrariamente a quanto si pensava – potrebbe essere contesa dalle lobby sionista (Bannon) e nazionalista ‘’yankee’’ (Trump). Il mondo unipolare sembrerebbe essere agli sgoccioli.
Il presidente turco Erdogan si prende gioco dell’opinione pubblica: ‘’la Turchia si occuperà di Daesh’’ 2. Peccato che il Califfo neo-ottomano sia stato uno dei finanziatori del terrorismo wahabita, come dimostrò la giornalista libanese (purtroppo martirizzata) Serena Shim nei servizi per il canale iraniano PressTV; reportage occultati dalla stampa asservita. Che cosa cerca Erdogan? Utilizzando come pretesto la lotta ai separatisti curdi, il dittatore turco sta facendo il possibile per invadere via terra la Siria baathista. Una operazione militare prossima alla disfatta; l’esercito siriano è di gran lunga meglio addestrato e – grazie alla Federazione russa – equipaggiato.
L’amministrazione Trump rappresenta gli interessi della borghesia nazionalista USA, bianca e razzista. L’Alt Right è legata al sionismo religioso, mentre i falchi liberal (Clinton) alla lobby evangelica. Il potere USA ha una tripartizione interna con altrettante mire geopolitiche. Il presidente in carica ha preso atto della sconfitta epocale per mano del governo di Damasco: un esercito di mercenari (paramilitari ‘’yankee’’, israeliani e wahabiti) non può battere un popolo intero in armi. I siriani sono il primo popolo, esterno al mondo globalizzato, che è riuscito a resistere ad una aggressione continua per oltre sette anni, da parte dell’imperialismo statunitense.
La linea Trump è quella dell’ultimo Kissinger: un Impero ‘’corto’’ implica il rafforzamento degli apparati burocratico repressivi concentrati verso il centro o metropoli. Gli strateghi del Pentagono, attenti studiosi della genesi storica dell’Impero romano, vogliono posticipare l’inevitabile collasso. Per questa ragione l’amministrazione di ultra-destra ha approvato il Plan Bannon 3, o Plan Atlanta, contro i popoli latino-americani. Si tratta d’una questione geografica.
Adesso Cuba tema di essere il prossimo obiettivo di Washington. Il popolo cubano gli resiste coraggiosamente da oltre cinquant’anni, Trump o l’Alt Right non hanno possibilità di portare le multinazionali a stelle e strisce all’Avana. Il piano dei neoconservatori, chiamato caos creativo o scontro di civiltà (Samuel Hungtinton), ha uno sbocco organico: la guerra permanente (David Horowitz). L’unico detonatore è il mondo multipolare auspicato dalla Repubblica popolare cinese, che permetterebbe alla classe operaia di tutto il mondo di riorganizzare le fila e la lotta.
1.
http://www.voltairenet.org/article204434.html
2.
https://www.hispantv.com/noticias/turquia/396766/trump-retirada-fuerzas-siria-erdogan?fbclid=IwAR2kRuRpNlcE0SboRW2gL_aC8n0aANBrAAhgJ0pPH7WPWGoszqnSUxoDgvc
3.
https://www.linterferenza.info/esteri/plan-bannon-guerra-fra-latinoamericani/?fbclid=IwAR3Nj7Jx-RafNJA6OOPACZ1hUEdUlb7L3kWIFeBRGPTqloJUxRxvkutpWk0
La giornalista Stella Calloni ha rivelato il piano di destabilizzazione del Venezuela; altre infiltrazioni sono in corso contro Cuba e Nicaragua. Il presidente Donald Trump ha raccolto il progetto dei neoconservatori: ‘’La prima parte del piano è consistita nello smembramento del Medio Oriente Allargato; la seconda fase prevedeva di fare altrettanto nel Bacino dei Caraibi. Si trattava di distruggere una ventina di Stati costieri e insulari, con l’eccezione di Colombia, Messico e, per quanto possibile, dei territori britannici, statunitensi, francesi e olandesi’’ 1. Contrariamente a quello che pensa Meyssan, il kapò americano ha fatto suo ed ampliato il Piano Cebrowski. La novità è questa: sconfitto in Medio Oriente, Trump non può far altro che ridimensionare le mire geopolitiche scontrandosi con Mattis, ma (sottobanco) anche con Steve Bannon. L’America Latina sarà la Stalingrado delle forze progressiste, Damasco ha vinto.
Fonte foto: L’Indro (da Google)