Quando lo Stato cade nelle
mani del terrorismo e viene meno la capacità di dare un contributo
significativo, qualsiasi incarico diventa privo di scopo e viene meno la
ragione di occuparlo. Questo non diminuisce in alcun modo il mio profondo senso
di appartenenza alla Siria e al suo popolo – un legame che non viene scosso da
nessuna posizione o circostanza. È un’appartenenza piena della speranza che la
Siria torni a essere libera e indipendente.” (Bashar al- Assad)
La “rivoluzione colorata”, pianificata
dall’Occidente collettivo – USA, Israele e Gran Bretagna – contro la Siria
baathista, ha trovato nella Turchia islamista il braccio armato della Nato,
conferendo ad Erdogan un riposizionamento geopolitico simile a quello dello Shah
di Persia, Reza Pahlavi: il “cane pazzo” della CIA, con alcune
spinte (dettate anche da megalomania) sub-imperialiste autonome.
Come ha scritto il sociologo marxista James
Petras, Erdogan ha una lunga ed ignobile storia di tradimento verso i propri
collaboratori politici, partner commerciali ed alleati militari, diventando un
autentico Cavallo di Troia dell’unipolarismo USA all’interno dell’alleanza Brics:
“Il presidente
turco Recep Tayyip Erdogan ha una lunga e ignobile storia di tradimento dei
collaboratori politici, dei partners commerciali e degli
alleati militari; di offrire amicizia, per poi bombardare i suoi ‘amici’ e
uccidere i cittadini; di negoziare ‘in buona fede’ e poi uccidere i rivali; di
giocare a fare il democratico e poi comportarsi come un comune dittatore
demagogico.” 1
Questo Califfo del
ventunesimo secolo scatenerà, magari foraggiato da USA ed Israele, la prima
guerra inter-Brics? All’interno della dottrina della “guerra eterna”,
Washington muove due attori geopolitici: (1) il pan-islamismo di
Ankara, un sistema di potere retrogrado legato alla Confraternita assassina dei
Fratelli Musulmani ed (2) Israele, che sta cercando di rifondare
l’impero assiro, la prima potenza militare dell’antichità a contemplare il
genocidio. I Fratelli Musulmani ed i sionisti-revisionisti sono,
entrambi, avversari strategici dell’Asse sciita della Resistenza: i
primi due contemplano la distruzione, gli sciiti, al contrario, hanno trovato
ampia rappresentanza nei ceti popolari.
Bashar al-Assad riprende la
parola
Il presidente Assad, pochi
giorni addietro (16/12/2024), rilasciò una dettagliata spiegazione di ciò che è
avvenuto nelle ultime ore della Siria baathista:
“Innanzitutto la mia
partenza dalla Siria non è stata pianificata e non è avvenuta durante le ultime
ore dei combattimenti, come taluni hanno sostenuto. Al contrario, sono rimasto
a Damasco, esercitando il mio incarico, fino alle prime ore di domenica 8 dicembre
2024. Mentre le forze terroriste si infiltravano a Damasco, mi sono recato a
Latakia per supervisionare le operazioni di combattimento in coordinamento con
gli alleati russi. Quando quella mattina sono arrivato alla base aerea di
Hmeimim, è apparso chiaro che le nostre forze si erano completamente ritirate
da tutte le linee di battaglia e che le ultime posizioni dell’esercito erano
cadute. Mentre nella regione la situazione sul campo continuava a deteriorarsi,
la stessa base militare russa è stata sottoposta a un intenso attacco di droni.
Non essendoci alcun modo per lasciare la base, Mosca ha chiesto al comando di
organizzare un’evacuazione immediata verso la Russia la sera di domenica 8
dicembre. Tutto questo è avvenuto il giorno successivo alla caduta di Damasco,
ossia dopo il crollo delle ultime posizioni militari e la paralisi di tutte le
istituzioni statali superstiti.” 2
Non tradendo la linea
politica del Partito Baath, una dottrina modernizzatrice che coniuga Socialismo
(in realtà una variante panaraba della socialdemocrazia) e Patriottismo, Assad
non fuggì, ma si recò sulla costa, a Latakia, per riorganizzare l’esercito
partendo dalle zone a maggioranza alawita. Questa opzione militare è stata, fin
da subito, scoraggiata dalla Federazione Russa, la quale non potrebbe –
oggettivamente – aprire un nuovo fronte di guerra contro la Turchia. L’analista
strategico Thierry Meyssan, presidente della Rete Voltaire, ci comunica
che:
“L’inviato speciale
dell’ayatollah Ali Khamenei, Ali Larijani, si è recato a Damasco per dare
spiegazioni del ritiro da Aleppo dei Guardiani della Rivoluzione e per porre le
condizioni di un aiuto militare della Repubblica Islamica d’Iran: condizioni
culturali inaccettabili per uno Stato laico.” 3
Il presidente Assad non solo
non ha mai tradito la Patria, ma, oltre a difenderla dall’imperialismo, ha
cercato di preservarla dall’Islam politico, urtando l’alleato iraniano. La
Siria plurale non è caduta in due settimane, come blaterano i giornalisti lubrificati,
ma in 13 anni di aggressione imperialista. Il Caesar Act, promulgato
dall’amministrazione Trump il 15 ottobre 2017, configura una nuova strategia
neocoloniale: lo strangolamento economico combinato alla dottrina del caos
creativo. Qual è la priorità dei “sicari economici”dell’HTS? Privatizzare
la Siria e dividerla in tre/quattro mini-stati:
“Come ha riferito la Reuters
il 12 dicembre, l’HTS sta già “imprimendo la sua autorità sullo Stato
siriano con la stessa velocità con cui si è impadronito del Paese, schierando
la polizia, installando un governo provvisorio e incontrando gli inviati
stranieri”. Nel frattempo, i suoi burocrati – “che fino alla settimana scorsa
gestivano un’amministrazione islamista in un angolo remoto del nord-ovest della
Siria” – si sono trasferiti in massa “nella sede del governo a Damasco”.
Mohammed Bashir, capo del “governo regionale” dell’HTS a Idlib, occupata dagli
estremisti, è stato nominato “primo ministro ad interim” del Paese.” 4.
Trasformare uno Stato
sociale-dinamico in uno “stato lacchè fallito”, perseguendo la
dottrina della “guerra senza fine”, un piano che persegue la distruzione
dell’idea stessa di Civiltà.
La Resistenza alawita contro
la dottrina della “guerra eterna”
Gli islamisti entrati a
Damasco hanno distrutto opere pubbliche, palazzi e statue (a partire dalla
tomba di Hafez al-Assad, vandalizzata) rappresentanti il potere popolare
baathista; un contropotere antimperialista (pur non privo di contraddizioni) che
trasformò Damasco negli anni ’70 nel ponte dell’Urss con le Resistenze
antisioniste. La dottrina della “guerra eterna” è la politicizzazione
del banditismo.
Se Turchia, Arabia Saudita,
Israele e Stati Uniti hanno foraggiato la sovversione wahabita ed il
separatismo etnico curdo (principalmente USA ed Israele), è probabile che i Guardiani
della Rivoluzione iraniani ricuciranno l’Asse della Resistenza dando
supporto logistico alle Forze Tigre (Qawat Al-Nimr), riorganizzando
su basi alawite la Resistenza al regime neo-ottomano di Erdogan (spalleggiato
da Netanyahu). Le forze speciali dell’esercito regolare siriano possono contare
su un largo appoggio popolare, cosa di cui non dispongono i wahabiti; un
esercito di mercenari, la storia insegna, non è in grado di controllare il
territorio.
Le Forze Tigre vogliono
continuare a combattere5
La battaglia per la
riconquista della Siria baathista è, se così fosse, appena iniziata.