L’ attacco terroristico di Ankara rivendicato
dai separatisti etnici del PKK, è avvenuto in contemporanea con la
partecipazione della Turchia al vertice Brics di Kazan. Erdogan persegue
con la “geopolitica del serpente”, da un lato vorrebbe integrare il
capitalismo islamico turco nell’Eurasia, essendo l’Occidente collettivo una
coalizione di “stati lacchè” deindustrializzati, dall’altra parte non ha
mai dismesso la cooperazione d’intelligence con USA ed Israele. Washington e
Tel Aviv, addestrando il PKK/YPG ed etero-dirigendo attentati
terroristici contro civili inermi, hanno lanciato un messaggio
all’establishment islamica-capitalista: la Turchia, secondo le teste d’uovo del
deep state, concorrente tattico dell’Asse sciita della Resistenzae
strategico dell’imperialismo israeliano, deve – come negli anni ’80 –
riconvertirsi nella piattaforma logistica della Nato mutuando il ruolo
geopolitico dello Shah Reza Pahlavi. Il separatismo curdo è una pedina della “guerra
eterna”.
PKK: dal maoismo al “colonialismo
democratico”
Le potenze imperialistiche occidentali
affermano d’aver riconosciuto il PKK come un’ “organizzazione
terroristica” negli anni ’80, quando il “Partito del lavoratori del
Kurdistan” era vicino al Fronte Popolare di Liberazione della Palestina
(FPLP) ed aveva trovato ospitalità politica nella Siria panaraba di
Hafez al-Assad. Ora il PKK, di cui l’YPG è il ramo siriano, è
riconosciuto dall’Occidente collettivo come forza legittima, al di là degli attentati
contro i civili, proprio perché combatte sotto l’egida statunitense ed
israeliana, favorendo processi di dissezione neocoloniale. Andando a ritroso, è
nella Grecia post-fascista che il PKK iniziò a cooperare con
Washington, come sostiene la testata marxista Sinistra.ch:
“Con il tempo il PKK dimostra però la sua
vera natura: anzitutto inizia a controllare il narcotraffico della regione
mediorientale, comincia un’attività di tratta di esseri umani verso l’Europa e
apre, sotto il nome di ERNK (Fronte Nazionale di Liberazione del Kurdistan), un
ufficio al 54 di Piazza Vassilis Sofia ad Atene, proprio nelle vicinanze
dell’ambasciata USA, in cui i luogotenenti di Öcalan potranno incontrarsi
regolarmente fra gli altri con l’ex-ammiraglio greco AndonisNaksakis legato al
KIP, la sigla che fino al 1986 indicava i servizi segreti ellenici. In seguito
il PKK aprirà ulteriori sedi ad Atene, come quella al 92 di Ipokratus Avenue e
gestirà vari fondi finanziari attraverso il conto bancario ETHNICI
TRAPEZA-129/350681-92. Il PKK stringe a questo punto rapporti sempre più
stretti con partiti della socialdemocrazia europea collusi con l’imperialismo,
fra cui spicca il nome del PASOK greco, attualmente al governo: sono infatti
noti gli incontri dell’allora capogruppo del PASOK PanaiotisSgurides (svoltisi
sopratutto a Cipro fra il 1994 e il 1997) e del suo collega di Creta Kostas
Baduvas con numerosi incaricati di Öcalan.” 1
Soldi sporchi, traffici illeciti, assassinii
mirati, secondo Sinistra CH: il “Partito
dei lavoratori del Kurdistan”entrò in rotta di collisione con la sinistra
filo-sovietica, la quale considerava l’unità patriottica un valore
imprescindibile della lotta di classe. Una cooperazione che, durante le
molteplici aggressioni imperialistiche USA nel “Medio oriente allargato”(menzionando
il linguaggio razzialista dell’amministrazione Bush), ha spinto il “Partito
del Lavoratori del Kurdistan” a collaborare con USA/Gran Bretagna/Sionismo assolvendosi
sotto la categoria, quanto meno bislacca, di“colonialismo democratico”.Nel
settembre 2015, con l’articolo “Il PKK verso il “colonialismo democratico?””pubblicato
su L’Interferenza, ho delineato alcune tappe della cooperazione
curda-statunitense nel Nord della Siria contro Damasco e l’Asse sciita della
Resistenza. Vale la pena riprendere quanto scritto, per ridefinire
l’evoluzione del PKK, oramai formazione paramilitare e terroristica
eterodiretta da Washington:
“Le prove che attesterebbero
la collaborazione del ramo siriano del PKK – PYD e YPG – con l’Esercito Libero
Siriano (ELS), organizzazione fondamentalista sunnita e filostatunitense,
sembrerebbero essere molte e non possono essere trascurate. Prendiamo un
articolo non proprio recente che porta una notizia – a suo tempo passata sotto
silenzio – abbastanza eloquente:
“Una settimana fa, è stato affermato che 1.300
combattenti ELS sarebbero stati mandati a Kobane per aiutare. Più tardi si è
detto che una forza dei peshmerga di Barzani sarebbe entrata a Kobane. Poi è
emerso che i 1.300 combattenti ELS sarebbero stati 400 o anche meno. Circa 150
peshmerga sono andati a Kobane. Si è detto che queste due forze avrebbero
combattuto a fianco del PYD – YPG, il quale, in precedenza, aveva assicurato
che sarebbe stato al comando. Più tardi, invece, si è saputo che ogni forza
avrebbe dato ordini ai propri uomini. Infine, questa situazione solleva delle
domande circa il carattere delle forze che vanno lì e il tipo di guerra che
perseguiranno”. 2
Questa citazione è tratta da un testo pubblicato
in italiano dal sito kanafani.it, un bollettino di informazione molto vicino
alla sinistra palestinese, ma il documento originale turco viene da
Antimperialist Front. Questo giornale online sostiene le posizioni della
guerriglia guevarista del Revolutionary People’s Liberation Party–Front
(DHKP-C). In modo scorretto il DHKP è stato affiancato al PKK e ai gruppi
comunisti enveristi come il TKP/ML ed il TIKKO. La realtà è ben diversa e –
anche ad Istanbul – di recente il DHKP-C ha allontanato attivisti del TKP/ML e
del PKK per le loro posizioni ritenute ambigue.” 2
Se andiamo a verificare la
provenienza dei mercenari occidentali catturati in Ucraina dall’esercito
multipolare russo, una parte di questi proveniva anche dall’YPG. Non si
tratta più di una “ambiguità irrisolta”; il PKK, dal almeno 15
anni, si è di fatto convertito in un braccio armato del Pentagono, con l’obiettivo
di ostacolare l’integrazione del capitalismo turco nell’Unione Euroasiatica.
Washington vuole la guerra a tutti i costi, in nome di una ideologia
anacronistica nata grondando sangue: la teocrazia puritana basata sul “Destino
manifesto”.
Gli apparati d’intelligence dei Paesi “non allineati” hanno denunciato la presenza di addestratori israeliani anche nelle basi del PKK, una presenza “oscura” finalizzata al rilancio del caos creativo e della “guerra cognitiva”. Tel Aviv sta lanciando un messaggio, con metodi mafiosi, ad Erdogan: Ankara non deve guardare ad Est, un monito delinquenziale da parte di un regime infanticida. Netanyahu, in questo modo, utilizza gli stessi metodi di Totò Riina. Intanto a Colonia (Germania), i sostenitori europei del PKK hanno mostrato le bandiere israeliane, sostenendo la politica guerrafondaia di Netanyahu. Domanda: il PKK è forse diventato un megafono della lobby sionista e degli ultimi rantoli del fascismo ebraico?