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“Il Regno Unito è un male per l’Unione europea”, ha detto, “ma anche l’UE è un male per il Regno Unito perché consente una mancanza di responsabilità democratica in questo paese, permettendo ai governi che si succedono di dire semplicemente ‘Oh, siamo costretti a fare le cose a causa della legislazione UE ‘, quando sono proprio questi governi che sono dietro la legislazione UE, in primo luogo. ” (Julian Assange)
Gli analisti che hanno commentato il Brexit britannico hanno dimostrato d’aver perso qualsiasi consapevolezza della storia e politica internazionale. Lo stesso si può dire per gran parte della ‘’sinistra radicale e/o antagonista” divisa (a) fra i sostenitori della tesi ‘’l’UE è pessima ma va riformata dall’interno’’, e (b) gli apologeti della fuoriuscita del colosso britannico dal processo – imperialistico – d’integrazione europeo. Entrambe le tesi – dopo una attenta analisi – si rivelano, a mio avviso, errate.
L’UE non solo è ‘’irriformabile’’ ma risponde agli interessi del capitale anglosassone a discapito della fin troppo sopravvalutata Germania. Ernest Mandel, economista marxista, correttamente disse che “L’UE è Reagan in Europa’’. Dall’altro lato è impensabile poter collocare la Gran Bretagna sullo stesso piano della martoriata Grecia così come il Brexit al vergognosamente tradito Grexit. Lo studioso Michele Nobile, dopo una attenta disamina delle percentuali di voto divise tra fasce di età e provenienza di classe, ci comunica che: ‘’Innanzitutto, è stata la xenofobia a determinare il successo del leave, del voto per lasciare l’Unione europea, per un margine non grande. La linea anti-migrazione, diretta non soltanto contro gli extracomunitari ma anche verso i cittadini europei, è stata condita, è vero, dalla demagogia antiplutocratica di destra e liberista nei confronti dei burocrati di Bruxelles e delle «banche». Non a caso si tratta di un successo elettorale che fa esultare la destra-destra e l’estrema destra europea, dal Front National alla Lega Nord ad Alba Dorata. Insomma, sul piano concreto e dei grandi numeri, la mobilitazione (elettorale) contro l’Ue si esprime con una forte connotazione nazionalista xenofoba, spesso ultraneoliberista’’ 1. Fra i sostenitori del Brexit aggiungerei l’estrema destra israeliana 2, alcuni settori della lobby sionista statunitense, il magnate delle telecomunicazioni Murdoch ed il super-capitalista Donald Trump. Uno dei pochi giornalisti che ha preferito l’analisi alla propaganda, Thierry Meyssan, ha denunciato la mobilitazione ‘’nazionalista’’ della corona britannica. Leggiamo: ‘’La campagna per il Brexit è stata ampiamente sostenuta dalla Gentry e da Buckingham Palace che hanno mobilitato la stampa popolare per fare appello a ritornare all’indipendenza’’ 3.
Quindi – a conti fatti – ci troviamo davanti ad una frattura interna alle elite dominanti. Gli sciovinisti nazionalisti premono per un ritorno agli antichi ‘’imperi coloniali’’ mentre i “cosmopolitisti” rispondono con una campagna di delegittimazione alquanto schizofrenica. La Rete Voltaire ci delinea uno scenario, senza mezzi termini, preoccupante: ‘’Il Consiglio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti ha messo a punto un piano per tenere ancorato il Regno Unito alle strutture atlantiche. Si è perciò deciso di impedire a ogni costo la nomina a Downing Street del leader conservatore della Brexit, Boris Johnson, e di favorire una personalità che sappia creare “consenso”, atta quindi a “riconciliare” i britannici. Questa personalità negozierebbe le modalità di uscita dall’Unione. L’UE proporrebbe, dal canto suo, di sostituire gli accordi attuali con norme pressoché identiche. Al termine del processo, il Regno Unito non siederebbe più nel Consiglio europeo ma continuerebbe a far parte, di fatto, del Mercato comune’’ 4. Un affare davvero sconveniente: da un lato aprono il fuoco i caporioni neoliberisti della Nato; dall’altra cerca di contrattaccare un autentico zerbino del kapò likudista Netanyahu come Boris Johnson. Domanda: ma dentro la campagna ‘’pro Brexit’’ gli interessi dei lavoratori che fine hanno fatto?
Contro il Brexit si è mobilitata l’oligarchia finanziaria internazionale silenziando – come ha notato James Petras – l’antidemocraticità dell’UE. Ciò non toglie che la GB (a) ha di fatto imposto il neoliberismo in casa e fuori, fregandosene “sovranamente” della catastrofe sociale scatenata, (b) facendo valere il suo peso di grande potenza imperialista all’interno dell’Alleanza Atlantica, vero centro decisionale politico e militare. Domanda: come mai al ‘’referendum’’ per il Brexit non segue un mobilitazione popolare per l’uscita dalla Nato? Secondo Meyssan: ‘’Tutti credono a torto che il Brexit apra una breccia in cui gli euroscettici andranno a introdursi. Ora, il Brexit è solo una risposta al declino degli Stati Uniti’’. La Nato è in crisi – e di conseguenza anche l’imperialismo americano che invece di arretrare sta ulteriormente rafforzando le politiche militariste nei confronti del blocco (capitalista) emergente russo-cinese. Domanda: il processo di una possibile ‘’disgregazione’’ europea sarà preceduto da una fase transitoria di conflitti inter-capitalistici volti ad imporre una nuova concezione del diritto internazionale?
Gli Usa non intendono fermarsi, UE o non UE: l’Anakonda 16, iniziata da qualche giorno, è «la più grande esercitazione alleata di quest’anno»: vi partecipano oltre 25 mila uomini di 19 paesi Nato (Usa, Germania, Gran Bretagna, Turchia e altri) e di 6 partner: Georgia, Ucraina e Kosovo (riconosciuto come stato), di fatto già nella Nato sotto comando Usa; Macedonia, che non è ancora nella Nato solo per l’opposizione della Grecia sulla questione del nome (lo stesso di una sua provincia, che la Macedonia potrebbe rivendicare); Svezia e Finlandia, che si stanno avvicinando sempre più alla Nato (hanno partecipato in maggio alla riunione dei ministri degli esteri dell’Alleanza) ( Fonte: http://www.voltairenet.org/article192180.html ). Come al solito Washington minaccia la Russia, calpestando il diritto internazionale. Cosa farà la GB? Brexit o non Brexit , non solo parteciperà a tutti i livelli a questa politica di aggressione ma si ritaglierà un ruolo da protagonista. E questo è ciò che realmente conta.
Ci sono però due elementi positivi – ovviamente in direzione di una concreta prospettiva di classe – nel referendum britannico:
(1) Le relazioni internazionali vengono regolate dall’ultra-capitalistico diritto britannico il quale da una parte impone il “massacro” sociale e dall’altra un regime sempre più anti-democratico. Julian Assange ha descritto in questo modo la situazione e la sua testimonianza è, come sempre, più che autorevole: “Pensiamo che qui nel Regno Unito le persone abbiano diritto a un processo equo, che comprende prove, giudici, ma nel mio caso non c’è stato nulla di tutto ciò, e non solo nel mio caso, Molte persone nel Regno Unito hanno vissuto questa situazione’’ 5. Una cosa è certa: il ‘’mandato d’arresto europeo’’ è l’antitesi della democrazia ma Londra, senza crearsi problemi, ha attivato i suoi servizi di intelligence in Europa. Qualsiasi cosa tenga gli agenti della City lontani dall’Europa dobbiamo, necessariamente, ritenerla positiva.
(2) Il Brexit in ogni caso è un duro colpo per l’oligarchia europea, in special modo quella tedesca, comunque anch’essa legata agli Usa. Inghilterra, Usa e Germania hanno enormi responsabilità nell’imposizione del modello neoliberistico e la presa di distanza dell’imperialismo britannico da quello dell’UE potrebbe forse portare per diverse ragioni nuova linfa al conflitto di classe. Il problema centrale resta quello sopra citato: la rottura col polo imperialistico europeo deve essere complementare alla lotta contro la Nato. Certo, le spinte nazionaliste e il “rossobrunismo” in crescita costituiscono un problema oggettivo che può condizionare un risultato “relativamente propizio” (comunque spendibile in chiave tattica), come confermano molti studiosi marxisti: da James Petras ad Atilio Boron. Domanda: quale sarà l’orientamento sociale che dal basso (per tutto ciò che riguarda l’alto abbiamo visto cosa spera una parte, certamente reazionaria, delle elite) si darà al Brexit ? I mercati e le borse – compresi squali come Soros – hanno risentito del brutto colpo ma, per porre fine alla macelleria sociale imposta dalla troika, debbono farsi avanti i lavoratori. I lavoratori britannici, sull’onda del Brexit, chiederanno al mondo del lavoro francese e tedesco di unirsi a loro contro l’oligarchica UE oppure seguiranno le sirene patriottarde della sanguinaria corona britannica? Tutta la questione si riassume in questa, purtroppo dolorosa, domanda.
http://utopiarossa.blogspot.it/2016/06/la-vittoria-della-destra-nel-referendum.html?utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook&m=1
http://andreacarancini.blogspot.it/2016/06/gilad-atzmon-israele-e-felice-per-il.html
http://www.voltairenet.org/article192535.html
http://www.voltairenet.org/article192524.html
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=16191