Il colpo di Stato militare di El Sisi in Egitto, in seguito agli esiti catastrofici del governo guidato dalla Fratellanza Musulmana, è stato frainteso da molti analisti che lo hanno interpretato come un duro colpo subito dall’Occidente e dai regimi suoi clienti.
Nulla di più sbagliato e, cercando di produrre una corretta informazione, non posso che riportare le analisi di uno studioso come James Petras al riguardo; analisi che mi sembrano chiarificatrici:
“In Egitto, Bandar ha sviluppato, in accordo con Israele (ma per motivi diversi), una strategia per minare il relativamente indipendente e democraticamente eletto regime dei Fratelli Musulmani di Mohammed Morsi. Bandar e la dittatura saudita hanno finanziato il colpo di stato militare e la dittatura del generale Sisi. La strategia USA di accordo per la condivisione del potere tra i Fratelli Musulmani e il regime militare, che unisce la legittimità elettorale popolare e i militari filo-Israele e filo-NATO, è stata sabotata. Con un pacchetto di aiuti pari a 15 miliardi di dollari e con la promessa di aumentarli, Bandar ha fornito all’esercito egiziano un’ancora di salvataggio finanziaria e l’immunità economica da eventuali rappresaglie finanziarie internazionali. Non c’è stata ripercussione alcuna. I militari hanno schiacciato la Fratellanza, imprigionato e minacciato di perseguire i suoi leader eletti (al momento in cui scriviamo sono 683 i membri della Fratellanza arrestati e già condannati a morte), messo fuorilegge settori dell’opposizione liberale e di sinistra che avevano usato come carne da cannone per giustificare la loro presa del potere. Nel sostenere il golpe militare, Bandar ha eliminato un regime islamico rivale, democraticamente eletto, che si trovava in contrasto con il dispotismo saudita. Ha assicurato un regime dittatoriale in un paese arabo chiave, anche se i governanti militari sono più laici, filo-occidentali e israeliani e meno anti-Assad rispetto al regime della Fratellanza. Il successo di Bandar ottenuto ungendo le ruote del colpo di stato egiziano gli ha assicurato un alleato politico, costringendolo però ad affrontare un futuro incerto” ( James Petras, Arabia Saudita: una retrograda dittatura della rendita e del terrorismo globale, Marx XXI ).
Direi che gli studi di Petras, come sempre, sono fra i migliori nell’area di quella che usiamo definire come Sinistra di classe. Tutti coloro che sono impegnati nella battaglia contro l’imperialismo globale dovrebbero confrontarsi con esse.
Mi soffermo sulla frase evidenziata utilizzando una analogia storica; Petras prende in esame il conflitto fra gli Usa e l’Arabia Saudita appoggiata da Israele, sottolineando lo strapotere del principe Bandar, capo fino a pochissimi giorni fa dei servizi segreti sauditi, capace di mettere in piedi un sistema di spionaggio analogo a quello delle grandi potenze imperialistiche.
Ma come leggere il colpo di Stato di El Sisi ? Abbozziamo una tesi interpretativa.
Il controllo del Medio Oriente passa attraverso il controllo dell’Egitto; nel 1956, gli Usa fermarono gli anglo-francesi a Suez sostituendosi all’imperialismo britannico nell’area e prendendo il controllo della regione, salvo poi essere ostacolati dal nazionalismo arabo. Oggi il discorso, a mio parere, si inverte: gli Usa sono una potenza in declino ed il Super-imperialismo israeliano alza il tiro contro il vecchio alleato. L’instaurazione di una dittatura militare filo-israeliana, con l’appoggio saudita, è una garanzia per Tel Aviv contro il progetto di Obama di rimodellare il Medio Oriente appoggiandosi all’Islam moderato.
Molti analisti sottovalutano Israele, considerandolo come un semplice Stato vassallo degli Usa, ma questa tesi è a mio parere errata.
Rileggiamo Petras ( sottolineature mie ):
“Israele è sicuramente una potenza colonialista, in possesso del quarto o quinto arsenale nucleare più fornito, ed è il secondo più rilevante esportatore di armi nel mondo.
Comunque, il suo tipo di popolazione, la sua espansione territoriale e la sua economia sono sparute rispetto alle potenze imperiali e alle potenze imperiali di recente emergenti. Malgrado questi limiti oggettivi, Israele esercita un potere enorme nell’influenzare la direzione della politica estera (e di guerra) degli Stati Uniti in Medio Oriente attraverso un potente apparato politico ideologicamente Sionista, che permea lo Stato, i mezzi di informazione di massa, i settori delle elites economiche e la società civile. (3a) Attraverso l’influenza politica diretta di Israele nella produzione della politica estera degli USA, come pure attraverso la sua collaborazione militare esterna con i regimi dittatoriali vassalli dell’impero, Israele può essere considerata parte della configurazione delle potenze imperiali, malgrado i suoi limiti demografici, la quasi universalistica condizione di paria della sua diplomazia, e la sua economia sostenuta dall’esterno. ( James Petras, Analisi sull’impero: Gerarchie; Architetture; Clientele, Sottolebandieredelmarxismo )
La configurazione del potere sionista si articola su tre pilastri:
(1) Il controllo del sistema (dis)informativo occidentale.
(2) La capacità della lobby sionista di comprare il Congresso statunitense indirizzando il governo americano dalla parte di Israele contro gli stessi interessi nazionali nord-americani; Petras in ulteriori saggi ha parlato di tirannia di Israele verso gli Usa.
(3) La penetrazione dei capitali ebraici in Occidente.
Questi tre pilastri rendono oggi Israele la principale potenza imperialista al pari degli Stati Uniti. Intellettuali, sia pur illustri, come Chomsky che parlano di Israele come ‘portaerei degli Usa, esprimono una posizione a mio giudizio non corretta.
Sul controllo del sistema informativo da parte dello Stato di Israele e dei grandi capitalisti ebrei ricordo le analisi di Manuel Freytas:
“Le tre catene televisive principali degli USA (CNN, ABC, NBC e Fox), i tre giornali principali (Wall Street Journal, New York Times e Washington Post) sono controllati e guidati (attraverso il pacchetto azionario o di famiglie) da gruppi ebrei, principalmente newyorkesi.
Allo stesso modo come le tre più influenti riviste (Newsweek, Time e New Yorker) e consorzi egemonici d’Internet come la Time-Warner (unitasi con America online) o Yahoo!, sono controllati da direttori e capitale ebraico che opera a livello delle reti e conglomerati allacciati ad altre aziende.
Colossi del cinema di Hollywood e dello spettacolo come Walt Disney Company, Warner Brothers, Comlumbia Pictures, Paramouth, 20th Century Fox, tra gli altri, formano parte di questa rete interattiva del capitale sionista imperialista”. ( Manuel Freytas, Il potere occulto: da dove nasce l’impunità di Israele ?, Rete Voltaire )
L’egemonia sionista, quindi, si estende su scala planetaria ed è in grado di instaurare regimi fantoccio anche contro gli interessi statunitensi. L’Egitto è un esempio di tutto ciò !
Un secondo aspetto da trattare brevemente (anche per la sua relazione con la situazione egiziana) riguarda il movimento di Resistenza islamico palestinese Hamas.
Pongo una prima domanda : Hamas mira a costruire un emirato islamico ?
Risponde Mohamed Hassan, un importante sostenitore della Resistenza irakena ( sottolineature mie ):
“Un regime islamista è il fine ultimo di Hamas, ma è necessario comprendere che non potrà mai metterlo in atto. In effetti, sul campo, l’organizzazione è nella sostanza un movimento di tipo patriottico. Bisogna sapere che la feroce guerra condotta da Israele contro Gaza non ha mobilitato solo le forze di Hamas ma anche tutte le altre forze palestinesi, comprese quelle di Fatah. Questa aggressione ha unificato il popolo palestinese”.
Hamas potrebbe diventare un movimento più progressista alleandosi con gli altri movimenti? “Per contrastare l’aggressione israeliana, si! L’idea che Hamas possa creare una società basata su modi di produzione islamisti è un’illusione. E’ semplicemente impossibile. In più aspetti, questa organizzazione assomiglia a Hebzollah che sostiene: «Il Libano è un paese dotato di una grande diversità interna, noi non rappresentiamo che una sua parte e il nostro obiettivo è quello di costruire con tutte le altre forze progressiste libanesi un’economia nazionale indipendente». Vorrei farvi notare che nessuno solleva questo tipo di problemi per paesi come l’Arabia Saudita (Come spiegare il successo di Hamas?, Intervista a Mohamed Hassan di Grégoire Lalieu e Michel Collon )
Hamas è un movimento popolare (quindi comprende al suo interno diversi gruppi sociali: dagli operai alla borghesia nazionale ), anticolonialista ed antisionista ma non anticapitalista e di recente, nei confronti della Siria, ha assunto posizioni decisamente reazionarie.
Il suo voltafaccia nei confronti della Siria baathista non si spiega con la categoria morale di tradimento ma con una analisi precisa dei rapporti di forza all’interno del movimento.
Parto da una precisazione: la religione, al di fuori del mondo occidentale, è un fattore mobilitante contro il colonialismo. Così è stato per il cristianesimo in Sudamerica ( si pensi ai Sandinisti ), così è nel mondo arabo.
Hamas ha assorbito al suo interno diverse classi sociali, allora, la domanda da porsi di fronte ad una sua svolta a destra è la seguente: quali forze stanno prendendo il sopravvento? Di certo, le forze che hanno decretato il tradimento della Siria sono forze borghesi ed anti-popolari. Detto ciò, certamente, sarebbe folle oltre che politicamente sbagliato condannare l’intero movimento sulla base delle scelte fatte da alcuni suoi leader al soldo degli emiri. I martiri di Hamas sono da considerare a tutti gli effetti come dei martiri della causa palestinese. Chi si dichiara sostenitore Palestina e della causa del popolo palestinese non può non tenerlo nella dovuta considerazione, sarebbe un gesto irresponsabile”.
In che modo si può ricompattare l’Asse della Resistenza ? L’opinione che qui sosteniamo, in polemica con molti altri, è che all’interno delle contraddizioni di Hamas gli antimperialisti devono starci cercando di far prevalere i rappresentanti dei ceti popolari e proletari.
La lotta contro il sionismo, che è l’ideologia dell’imperialismo del XXI secolo, si fonda (1) sull’unità militare e politica di tutte le forze di sinistra e democratiche non solo palestinesi, (2) sulla vittoria delle correnti modernizzatrici all’interno dell’Islam sunnita e sciita contro il fondamentalismo islamico.
Il divide et impera è stata da sempre un’arma utilizzata dai nord-americani (e non solo da loro…). Di contro, gli antimperialisti devono spingere per una “Westfalia araba” che affronti il problema della democrazia popolare e del progresso civile e sociale, temi, che da sempre, hanno trovato ampio consenso nella Sinistra di classe. Hamas, può piaciere o meno, ma all’interno di questo dibattito deve esserci, seppur solo con la sua parte politicamente più avanzata.