Da quando Nixon ha sganciato il dollaro dall’oro e di fatto lo ha reso la valuta di riserva (senza necessità appunto di riscontri con l’oro) non solo ha potuto egemonizzare le relazioni commerciali internazionali ma ha anche potuto depotenziare i limiti del debito pubblico americano, espandendolo a suo piacimento molto al di là della sua già grande potenza economica e finanziaria.
Mediante il codice SWIFT assegnato dalla “Società per le telecomunicazioni finanziarie e interbancarie universali”, SPA nata nel 1973 due anni dopo il colpo di mano di Nixon, naturalmente sotto controllo yankee, avvengono i passaggi di denaro da uno stato all’altro, passaggi di fatto obbligatori e che possono, per via governativa americana, essere bloccati.
Non a caso Cina, Russia e altri Paesi sono allo studio di un sistema alternativo che fuoriesca dalla tagliola SWIFT e sono impegnati a fare dell’oro la misura di riferimento e di riserva internazionale.
Il dollaro è dunque “pompato” artificialmente. Le manovre valutarie sono una costante della politica yankee. La strategia del debito ha favorito il controllo economico e politico dei Paesi latino-americani che hanno dovuto sottostare ad ogni sorta di ricatti e cedere sovranità politica ed economica.
La strategia del debito ben applicata dall’imperialismo europeo negli stati africani, subito dopo la conquista dell'”indipendenza”, denunciata da rivoluzionari come Thomas Sankara, assassinati perché chiedevano l’annullamento del debito causato in modo fraudolento.
L’oligarchia europea che si fa chiamare Unione europea ha saputo applicare tale strategia al proprio interno per favorire la crescita dell’euro-marco e il default dei Paesi rimasti senza una banca propria come l’Italia, prossimo anello sacrificale, dopo la macellazione della Grecia.
Che la Cina abbia abbassato dell’8% la propria moneta rientra, da quando esiste il capitale uno strumento per fare breccia, tra l’altro, contro il protezionismo. Alla ennesima provocazione di Trump di aumentare i dazi del 10% per altri trecento miliardi di prodotti cinesi, la manovra valutaria cinese non ha niente di scorretto, come va dicendo il Biondone. E’ una dovuta reazione per restare nel mercato americano.
La risposta cinese non si è accontentata di una svalutazione monetaria. Ha chiuso la Cina ai prodotti dell’agricoltura americana. E’ un colpo durissimo da venti miliardi di dollari che creerà disagio per le grandi aziende e forse il fallimento per le piccole aziende.
Ma c’è dell’altro. La dirigenza cinese ne ha le tasche piene di Trump. Chiudere all’agricoltura significa minare le basi sociali del trionfo di Trump alle prossime Presidenziali. Il suo successo si era basato infatti sulle promesse all’agricoltura che ora vede improvvisamente degli spazi chiusi. Se a ciò si aggiunge la svalutazione dello yuan che favorirà, nonostante i dazi, la penetrazione dei prodotti cinesi, si capisce come mosse e contromosse non siano proprio a favore del Biondone.
Sottolineo infine che la battaglia su Huawei non procede secondo i desiderata del trio Trump/Pompeo/Bolton. Il 5G cinese è stato accettato già da più di trenta Paesi (irresponsabilmente senza fare analisi preventive sui possibili effetti negativi sugli esseri viventi), mentre risulta che l’azienda cinese può fare a meno di Android perché si sta dotando di un proprio sistema operativo….
Risulta evidente che un eventuale scollamento tra le due massime potenze economiche potrebbe suscitare effetti devastanti in tutto il pianeta, con abbassamento del PIL globale, e presumibilmente sulle regole internazionali di scambi commerciali che saranno sempre più oggetto di scontro tra una rigida conservazione e una proposta di convenzioni in chiave multipolare…