Il regime
israeliano-fascista, nelle settimane successive all’assassinio del Guevara
arabo, Hassan Nasrallah, è stato messo in seria difficoltà dalla guerriglia
antimperialista libanese sul terreno della “guerra convenzionale”;
Israele, priva d’appoggio in seno alla popolazione locale e screditata nel
mondo non globalizzato in quanto stato genocida, ha assistito al collasso
militare dell’IDF. Dall’altra parte, Tel Aviv ha bombardato a tappeto il
Libano, massacrando civili inermi e rilanciando la “guerra cognitiva”
sionista contro le Nazioni Unite. L’Onu, in questa congiuntura storica,
è un nemico strategico del governo israeliano.
Il 15
novembre 1973, Chaim Herzog, rappresentante di Israele presso le Nazioni
Unite e futuro presidente dello Stato “per soli ebrei”, ha
stracciato la dichiarazione 3379 che definiva il sionismo “una forma di
razzismo e di discriminazione razziale”. Tel Aviv, luce del neofascismo
mondiale, è un abominio dei Diritti umani. Il 23 marzo 2024, Israel Katz ha
dichiarato che l’Onu è diventata “un’organizzazione anti-semita e
anti-israeliana che ospita e incoraggia il terrorismo”; una affermazione
ingiuriosa che si ricollega alla natura teocratica del sionismo, il quale
considera i “non ebrei” come “animali parlanti”. Israele risponde
ad una logica: “tutto ciò che è disumano m’appartiene”, riadattando la
celebre citazione di Terenzio, poi ripresa da Marx.
Creata dal
proprio esercito, non essendo mai esistito un vero popolo ebraico (al massimo
potremmo parlare di “popolo israeliano” in quanto invenzione, citando lo
storico Shlomo Sand), il sionismo-revisionista sta provocando, con estrema
crudeltà, un genocidio per logoramento. Leggiamo il giornalista investigativo
Chris Hedges:
“Il documentario di Joshua Oppenheimer “The Act of Killing”, che ha richiesto otto anni di lavoro, espone l’oscura
psicologia di una società che si dedica al genocidio e venera gli assassini di
massa.
Siamo depravati come gli assassini in Indonesia
e in Israele. Mitizziamo il nostro genocidio dei nativi americani, romanzando i
nostri assassini, pistoleri, fuorilegge, milizie e unità di cavalleria. Noi,
come Israele, feticizziamo l’esercito.
Le nostre uccisioni di massa in Vietnam,
Afghanistan e Iraq – ciò che il sociologo James William Gibson chiama
“technowar” – definiscono l’assalto di Israele a Gaza e in Libano. La technowar
è incentrata sul concetto di “overkill”. L’overkill, con il suo numero
intenzionalmente elevato di vittime civili, è giustificato come una forma
efficace di deterrenza.” 2
Nemmeno l’UNIFIL è stata risparmiata dal
complesso militare-industriale di una società che “venera gli assassini”;
la logica sionista è quella d’un “muss murder” (“assassino di massa” nella
letteratura criminologica) statizzato. I crimini israeliani hanno fatto
infuriare il mondo musulmano, il Sud globale, ed accelerato la
transizione al multipolarismo dei Paesi Brics. La Federazione Russa,
qualora dovesse intervenire nella “zona tempestosa”, potrebbe diventare
un avamposto logistico dell’Asse sciita della Resistenza, infliggendo
gravi perdite a Washington e Tel Aviv. Netanyahu ha dalla sua soltanto la
ferocia, antico retaggio della psicopatologia ebraica.
Gli USA e la lobby progressista sono un
Cavallo di Troia del fascismo ebraico. Kamala Harris ha dichiarato guerra
all’Iran, considerando la Repubblica Islamica-sciita “il nostro maggior
avversario”. La fazione “dem” del deep state è una garanzia
per i fautori della guerra globale; la “via antifascista” al neoconservatorismo.
Il giornalista marxista Andre Damon, sul World Socialist Web Site (WSWS),
ha rivelato il piano statunitense per provocare un “cambio di regime” in
Iran:
“Gli
strateghi americani credono che una volta che si saranno assicurati le
forniture di petrolio dall’Iran, sarebbe in una posizione migliore per
intensificare la guerra con la Russia e, in ultima analisi, con la Cina. Sempre
più spesso i pianificatori di guerra americani si riferiscono a tutti questi
paesi nel mirino dell’imperialismo americano come a un “nuovo asse del male”,
facendo eco alla frase coniata dall’amministrazione Bush nel periodo precedente
all’invasione dell’Iraq.
Per
combattere la guerra è necessaria una nuova strategia, che non sia basata su
misure parziali o appelli alla moralità delle potenze imperialiste. Nei suoi
commenti durante il webinar del Partito Socialista per l’Uguaglianza la scorsa
settimana in occasione dell’anniversario del genocidio di Gaza, David North,
presidente del comitato editoriale del World Socialist Web Site, ha affermato:
“Come in ogni momento importante, è una questione di vita o di morte. O
l’umanità progredisce oppure va incontro alla distruzione. Se una rivoluzione
sociale è impossibile, significa che la sopravvivenza dell’umanità è
impossibile”. 2
Washington
non ha mai dismesso l’intento di ripristinare la dittatura dello Shah Reza
Pahlavi. Il ripristino dell’impero persiano, alleato strategico della “Grande
Israele”, in quanto retroterra geo-strategico nella “guerra eterna”
contro Russia e Cina. Con una “sinistra” neoliberale ed invertebrata, Donald
Trump potrebbe fare a meno d’esistere.
Ha ragione lo
storico David North, senza una Rivoluzione socialista, la quale recuperi
l’eredità di Marx e Lenin, la sopravvivenza dell’umanità è impossibile.
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