La politica estera statunitense, in Africa, è assicurata dal Comando militare africano (AFRICOM) istituito nel 2008, il quale rafforza la geopolitica anticinese del Pentagono; una visione del mondo anacronistica che divide il Globo Globale in Commando:
“AFRICOM è l’unica formazione regionale degli Stati Uniti ad assumere la responsabilità su Paesi che prima erano nell’area di operazioni di altri comandi. EUROCOM gli ha trasferito 42 Stati, tra cui il Sahara occidentale, il cui riconoscimento dell’indipendenza è stato contrastato dall’Occidente sin dall’occupazione del territorio da parte del Marocco nel 1975. Gli Stati del Corno d’Africa (Gibuti, Eritrea, Etiopia, Gibuti, Somalia e Sudan) sono stati trasferiti ad AFRICOM da CENTCOM. Anche le Forze congiunte statunitensi nel Corno d’Africa (circa 2.000 soldati e ufficiali), di stanza nella base Lemonnier di Gibuti e operanti anche in Etiopia, Kenya, Seychelles, Somalia, Sudan, Tanzania, Uganda e Yemen, sono entrate a far parte dell’AFRICOM” 1
Gli analisti dell’Istituto russo Mediorientale hanno osservato la presenza nell’AFRICOM delle nazioni del Corno d’Africa (una geo-zona da gettare nel caos, per la dottrina della ‘’guerra eterna’’), Etiopia ed Eritrea, le quali hanno recentemente aderito ai Brics; la decolonizzazione economica è un segmento della de-globalizzazione politica, nonostante ciò pochissime nazioni Brics sono in grado di respingere l’unilateralismo militare del Pentagono. Paesi come l’India o l’Etiopia, per quanto in cerca d’indipendenza economica (un fatto indubbiamente positivo), non sono – ancora – in grado di decolonizzarsi militarmente rompendo la collaborazione d’intelligence col complesso militare-industriale USA. Scrive la testata cinese Global Times:
“Gli Stati Uniti hanno trasformato la loro strategia per l’Africa in un nodo gordiano… In passato, gli Stati Uniti vedevano il continente africano come un problema che non gli piaceva e che dovevano risolvere, ma ora vedono l’Africa come una pedina in una competizione tra grandi potenze. Non hanno mai visto l’Africa come un partner cooperativo sulla base dell’uguaglianza, del mutuo beneficio e del rispetto reciproco. Questo è ben chiaro non solo ai Paesi africani, ma anche alla comunità internazionale”(Ibidem)
La politica del pendolo, ovvero la restaurazione conservatrice, riguarda anche la concorrenza inter-imperialista con la Francia: nel Gabon, Washington ha organizzato un golpe anti-francese ed anticinese, nei confronti di un governo neoliberista e corrotto, ciononostante esterno alla spirale della ‘’guerra eterna’’ proprio grazie ai legami intessuti negli ultimi dieci anni con Pechino. A differenza di Niger, Mali e Burkina Faso, i militari gabonesi non sono guidati da nessun sentimento antimperialista. Dall’altra parte, la borghesia metropolitana parigina (un ‘’modello’’ per la sinistra zombie europea) è, semplicemente, una ceto-parassitario e di ladri come ha detto di recente il giornalista marxista Michel Collon.
Gabon: un colpo di stato filo-statunitense?
Il 19 aprile 2023, Global Times pubblicava un articolo sulle relazioni Cina-Gabon, una cooperazione strategica concorrenziale a Parigi, la quale ha tenuto il Paese africano fuori dall’inferno della ‘’guerra perpetua’’:
‘’Xi ha affermato durante l’incontro con il presidente del Gabon che “Negli ultimi anni, sotto la guida del presidente Bongo, il Gabon ha esplorato un percorso di sviluppo adattato alle sue condizioni nazionali e perseguendo la stabilità nazionale e la diversificazione economica. Risultati significativi sono stati ottenuti nello sviluppo nazionale. Il Gabon ha anche promosso il processo di integrazione regionale e mediato sulle questioni relative ai punti caldi in Africa. Ha tenuto con successo il One Forest Summit e non molto tempo fa ha assunto la presidenza della Comunità economica degli Stati dell’Africa centrale.”
Xi ha osservato: “L’influenza del Gabon nella regione e oltre è cresciuta notevolmente. Come sincero amico del Gabon, la Cina augura al Paese ulteriori progressi in tutti i suoi sforzi e una rapida realizzazione del suo obiettivo strategico verso un Gabon emergente”.’’ 2
Una variante, soltanto parzialmente inedita, di neoliberismo-multipolare; il corrotto governo-Bongo ci ha dimostrato come non basti cooperare con Pechino per avere l’appoggio delle masse popolari, costruendo (cosa che non è mai avvenuta nel Gabon) uno Stato sociale-dinamico. La ‘’geopolitica del serpente’’ genera, ugualmente, corruzione e miseria.
Il canale russo Rybar ha pubblicato un approfondimento, molto interessante, secondo cui:
‘’il leader del colpo di Stato e capo della Guardia Repubblicana, Brice Oligui Nguema, ha stretti legami con gli Stati Uniti.
Le autorità statunitensi hanno sostenuto Nguema per diversi anni, preparandolo per le prossime elezioni, nelle quali avrebbe dovuto vincere e prendere il posto di Ali Bongo. Inoltre, tre anni fa, sono trapelati online i dettagli sulla proprietà di Nguema di tre case negli Stati Uniti, acquistate in contanti nello Stato del Maryland.’’ 3
L’imperialismo statunitense, ingannando una parte degli Alt Media, continua ad utilizzare il continente africano come base logistica per rilanciare la ‘’guerra eterna’’ contro Russia e Cina. Washington sta perdendo influenza sull’Africa (questo deve far gioire il campo antimperialista), ciononostante non accetterà la transizione al multipolarismo senza tentare di distruggere una porzione del pianeta attraverso l’utilizzo delle armi di nuova generazione; golpismo e ‘’guerra cognitiva’’. Il soft power, l’elemosina delle Onlus (compresa la politicizzazione-reazionaria d’una piccola parte dei migranti) ed il golpismo del Pentagono non possono invertire questo processo: socialdemocrazia-radicale o ‘’guerra senza fine’’. La strategia statunitense, per vedere la decostruzione del capitalismo-1984 programmato a Davos dall’élite ‘’americano-sionista’’, deve crollare in Africa; l’anello debole della catena.
https://www.geopolitika.ru/it/article/il-crollo-della-strategia-americana-africa
https://www.globaltimes.cn/page/202304/1289425.shtml
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-gli_usa_e_quella_stranezza_dietro_il_golpe_in_gabon/8_50659/
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