G7: l’imperialismo di Davos schiera i propri “vassalli”

Il Summit G7 appena concluso in Cornovaglia (11-13 giugno) unito al Summit Nato di Bruxelles (14 giugno) rappresentano la chiamata alle armi delle truppe USA contro la Federazione Russa e la Repubblica popolare cinese: l’imperialismo-imperiale statunitense schiera i propri vassalli occidentali.

Il giornalista Manlio Dinucci ha sottolineato in che misura le istituzioni europee ed in particolare il Parlamento italiano vengono compromesse, l’Italia ne esce ridotta al sottorango di proiezione neocoloniale ‘’americano-sionista’’:

‘’L’Italia, dal 2015, ha aumentato la sua spesa annua di 10 miliardi, portandola nel 2021 (secondo i dati Nato) a circa 30 miliardi di dollari, la quinta in ordine di grandezza fra i 30 paesi Nato, ma il livello che deve raggiungere supera i 40 miliardi di dollari annui ’’ 1

‘’Non tutti i paesi europei sono però sullo stesso piano: Gran Bretagna, Francia e Germania trattano con gli Stati uniti in base ai propri interessi, mentre l’Italia si accoda alle decisioni di Washington contro i suoi stessi interessi’’ (Ibidem)

Il sistema di spartizione del mondo decisosi a Yalta è stato rigettato dalla Dottrina Kissinger la quale sosteneva la globalizzazione della proiezione unilaterale del Pentagono: con modalità differenti, la Linea di Henry Kissinger è stata adottata da tutti i presidenti statunitensi, compreso l’’’antisistema’’ Donald Trump. L’Urss reagì con la geopolitica di potenza (egemonismo) dell’era Breznev, una risposta insufficiente contestata, per il poco antimperialismo, dai quei rivoluzionari che avevano rigettato l’imperialismo di Yalta: Ernesto ‘’Che’’ Guevara e l’Imam Khomeini. E’ inopinabile che tanto il ‘’Che’’ quanto Khomeini (a differenza di Kruscev e Mao) non scesero mai a compromessi con Washington.

Gli Alleati USA non hanno compreso la misura della sconfitta statunitense in Siria, mentre una parte dello Stato profondo – secondo il giornalista investigativo Thierry Meyssan – ripiegherebbe verso una nuova Yalta:

‘’Gli spostamenti dei vari inviati speciali di Washington inducono a supporre che l’amministrazione Biden abbia già scelto: ripristinare il duopolio della guerra fredda, unico modo per Washington di evitare una guerra contro un’alleanza russo-cinese, cui probabilmente non sopravvivrebbe.

Per Washington, questa scelta implica l’impegno a difendere contro le pretese cinesi l’integrità della Siberia russa; per Mosca, l’impegno a difendere, reciprocamente, le basi e installazioni USA che si trovano nella zona d’influenza cinese’’ 2

Una opzione che vedrebbe il riconoscimento di Pechino in quanto prima potenza economica mondiale, ma ne bloccherebbe sul nascere l’egemonismo militare: dobbiamo ricordarci che una parte importante dei neoconservatori sono ex trotskisti convertiti all’americanismo. Sostituita la tesi della rivoluzione permanente con la ‘’guerra infinita ‘’ ma soprattutto la corretta disamina di Trotsky riguardante la burocratizzazione dello Stato proletario con la Dottrina Burnham sul collettivismo burocratico (Burnham plagiò una parte dei lavori dell’anarchico Bruno Rizzi e venne, a sua volta, plagiato dal laburista George Orwell), i neocons conservano dell’esperienza trotskista una visione del mondo basata su grandi conflitti di natura inter-imperialista. Tanto Trotsky quanto Bordiga contestarono la dogmatizzazione del celebre testo di Lenin, Imperialismo fase suprema del capitalismo, rilevando abnormi margini d’espansione neocoloniale da parte di Gran Bretagna e Stati Uniti. Nonostante ciò i loro seguaci, maggiormente propensi a creare sette politiche, nel dopoguerra (con le dovute eccezioni) sistematizzarono un fenomeno politico parallelo all’MI6 britannico ed alla CIA statunitense. Secondo i neocons, la Cina è imperialista.

A differenza di quanto Trotsky insegnò a pochissimi quadri politici, il trotskismo dalla fine degli anni ’40 incominciò a considerare il capitalismo un sistema di comando (non di produzione), prediligendo il liberismo USA allo statalismo sovietico: Burnham, Horowitz, ma anche lo scrittore Max Eastam (autore di una biografia di Trotsky) ed il validissimo giornalista Christopher Hitchens (autore d’una disamina del pensiero politico di George Orwell) dal marxismo passarono all’apologia attiva dell’americanismo. James Burnham, fondatore del Socialist Workers Party, qualche anno dopo partecipò alla nascita della CIA: una catastrofe politica che inquinò una parte importante delle sinistra socialista.

Le possibilità che Washington possa separare Mosca da Pechino sono remote: Russia Unita ed il PCC non si considerano ‘’alleati’’, ma partner strategici, mentre i nazionalisti ortodossi russi influenzati dai marxisti cinesi hanno dismesso l’anticomunismo degli anni ’90, aprendosi ad una forma atipica di socialismo autoctono, sostenuta negli ultimi anni anche dal marxista (maoista) Samir Amin. Nel celebre saggio In difesa del marxismo (1938), Leon Trotsky, con la consueta efficacia, dovette ribadire la natura proletaria dell’Urss contro i suoi seguaci i quali, influenzati dalla letteratura anglofona, coniarono il termine Stato operaio reazionario. Gli antichi seguaci di Trotsky, rinnegato il fondatore dell’Armata Rossa, considerarono Washington un baluardo delle libertà occidentali contro l’’’imperialismo sovietico’’ e i nuovi ‘’discepoli’’ hanno rilanciato la ‘’guerra infinita ‘’ contro Pechino. Come diceva Marx, la storia si ripete due volte, la prima sotto forma di tragedia e la seconda di farsa.

https://www.voltairenet.org/article213404.html

https://www.voltairenet.org/article213396.html

Vertice Nato Bruxelles: 'Cina coopera militarmente con Russia'. Draghi:  Alleanza centrale | Sky TG24

Fonte foto: Sky TG24 (da Google)

 

 

 

 

 

 

1 commento per “G7: l’imperialismo di Davos schiera i propri “vassalli”

  1. Enza
    18 Giugno 2021 at 15:35

    Ottimo intervento.
    Vassalli robotici. La loro foto grottesca lo attesta.

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