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Si è svolto ieri a Roma un seminario dal titolo “A fianco della Siria e del suo popolo oltre il muro della disinformazione” promosso dal “Comitato con la Palestina nel cuore” e dal “Comitato per non dimenticare…” cha ha avuto per oggetto la cosiddetta “crisi siriana”. Numerosi gli interventi ma senza dubbio il più importante è stato quello del segretario del Partito Comunista Siriano, Ammar Baghdash di cui riportiamo un’ampia sintesi.
“A Partire dagli anni ’80 – ha spiegato Baghdash – è in corso un progetto di destabilizzazione di tutto il Medio oriente da parte degli USA di cui Brzezinski fu il principale ideologo. Questa “teoria” si fonda sull’idea che esiste una area, che va dall’Asia centrale fino alla Somalia che è di interesse strategico per gli USA. Nello stesso tempo però questa vasta area deve essere tenuta in uno stato di costante tensione. Tale progetto prevede la distruzione e la frammentazione degli stati nazionali in tante entità e “staterelli” su base etnica e confessionale. E’ così che sono state create “tre Somalie”, la stessa sorte è toccata all’Irak, la Jugoslavia è stata distrutta, l’Afghanistan è stato occupato e anche la Libia è stata aggredita e poi smembrata.
Il secondo passaggio di questa “teoria” imperialista, che ha trovato in Condoleezza Rice una delle maggiori artefici anche se il vero ideologo fu Shimon Peres che concepì questa strategia ancor prima di diventare presidente di Israele, comporta la costruzione di una entità imperialista forte che deve fondarsi su quattro elementi fondamentali: un massiccio investimento di denaro, il controllo dell’acqua, la creazione di una grande massa di manodopera a basso e bassissimo costo e naturalmente il consolidamento dell’amministrazione israeliana sotto egida USA.
La Siria ha rappresentato e rappresenta l’ostacolo di questo progetto imperialista, e questo per alcune ragioni fondamentali: il sostegno al popolo palestinese, al di là delle differenze ideologiche e politiche che pure esistono con le diverse organizzazioni politiche palestinesi, l’appoggio alla Resistenza libanese e in particolare al movimento di Hezbollah che proprio grazie all’appoggio siriano, anche militare, è riuscito a infliggere duri colpi all’imperialismo israeliano in particolare nel 2004 e nel 2006, e quello al popolo irakeno dove gli USA si sono impantanati per anni e di fatto hanno subito il loro primo rovescio militare dopo la guerra del Vietnam, tant’è che nessuno, neanche i russi e i cinesi, parlavano di “multipolarismo” prima del ritiro delle truppe americane dall’Irak.
E poi, naturalmente, c’è un discorso economico. In Siria sono stati scoperti diversi giacimenti di gas che fanno gola a molti; inoltre il paese occupa una posizione strategica dal punto di vista geografico per la costruzione di gasdotti diretti verso l’Europa. Gli attacchi sono cominciati già dalla metà del secolo scorso. La Siria infatti è il primo paese arabo ad essersi liberato dal giogo colonialista, l’URSS stessa fece ricorso al suo diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell’ONU per impedire la presenza di stranieri in Siria. Da sempre la Siria, il primo paese arabo ad usufruire dell’appoggio, anche militare, dell’Unione Sovietica, si è opposta a ogni progetto coloniale e neocoloniale nella regione mediorientale. Inoltre, nel nostro paese sono state realizzate molte importanti riforme che hanno fortemente indebolito il potere dei latifondisti e sostenuto i lavoratori. Per capire questo, pensate che oggi i lavoratori italiani stanno lottando per conquistare ciò che noi stiamo difendendo in Siria, dal momento che prima una gran parte dell’economia era pubblica. Purtroppo non è più così da tempo. Prima dell’aggressione militare, infatti, c’è stata una forte offensiva economica esterna che ha indotto il governo ad adottare misure economiche neoliberiste. Questo è stato un grave errore perché queste politiche hanno impoverito i ceti sociali popolari e i lavoratori e hanno anche colpito duramente, riducendoli sensibilmente anche di numero, i ceti medi. Questa politica ha creato grande disagio nella popolazione favorendo la penetrazione dei capitali stranieri nel paese. Noi comunisti ci siamo sempre battuti contro questa politica che ha creato le condizioni per il processo di destabilizzazione tuttora in corso. Naturalmente questo processo ha avuto varie fasi. In un primo momento si è tentata la strada delle cosiddette “rivoluzioni colorate” sul modello della Georgia, dell’Ucraina ecc., ma il tentativo è fallito, non è riuscito a far breccia, specie nelle maggiori città. Poi è stata la volta del terrorismo, con stragi in luoghi pubblici oppure assassinii di vari esponenti del mondo politico, intellettuale, tecnico. Ma anche questo tentativo non ha sortito gli effetti sperati. Allora si è giunti alla terza fase, all’aggressione militare sostenuta dalla Turchia e dalla monarchie del Golfo (con alle spalle gli USA). Il paese ha però resistito all’urto e così si è arrivati ai cosiddetti accordi di “Ginevra 1” dove si pretendeva di decidere le sorti della Siria senza i diretti interessati, esattamente come avveniva nei congressi internazionali del XIX secolo dove le grandi potenze si spartivano il mondo a loro piacimento. Poi è iniziata l’offensiva mediatica sul presunto utilizzo di armi chimiche da parte dell’esercito siriano (utilizzate invece dai “ribelli” antigovernativi). Ma dopo anni di resistenza si è capito che si era in una situazione di stallo. Si è quindi giunti agli accordi con i russi e gli americani hanno rassicurato gli stessi russi dicendo che non volevano disturbare i loro interessi in Siria. Del resto gli USA erano e sono contemporaneamente impegnati nel “conflitto” con la Cina e con il processo di “normalizzazione” in America latina. Per cui hanno in parte fatto un passo indietro, lasciando la situazione nel caos più totale. In realtà c’era anche un piano britannico che prevedeva un attacco diretto alla Siria da parte di Turchia e Qatar ed è anche per questo che i russi sono intervenuti militarmente. Quando hanno capito, dopo anni, che il tentativo di rovesciare con l’attacco frontale lo stato siriano non stava raccogliendo i risultati sperati, gli USA hanno cambiato tattica e hanno optato per dividere la Siria in diverse zone di influenza. E’ così che si è arrivati agli incontri di “Vienna 1” e Vienna 2” . Ma ora si pretenderebbe che sia l’Arabia Saudita a gestire il processo di pace, cioè proprio il paese che più di altri rappresenta un fattore di destabilizzazione nella regione oltre che il capofila dell’aggressione alla Siria. Non possiamo che opporci risolutamente a tutto ciò. Noi comunisti abbiamo anche un altro compito fondamentale, e cioè oltre quello di difendere l’unità e la sovranità del nostro paese, dobbiamo difendere gli interessi dei lavoratori. La Siria deve continuare ad essere la roccaforte della lotta di tutti i popoli della area contro l’imperialismo e il neocolonialismo americano, israeliano e dei loro alleati, cioè le petromonarchie saudita e qatariota”.
Significativo l’intervento di Padre Hadad Mtanious, Rettore della Basilica di Santa Maria in Cosmedin, che ha spiegato come “tutto il Medio Oriente è da considerarsi Terra Santa, perché in tutti i paesi mediorientali ci sono martiri”. “Siamo tutti vittime di una campagna di disinformazione – ha sottolineato Padre Mtanious – in Siria c’erano, ci sono e continueranno ad esserci 26 famiglie religiose, cristiani, armeni, assiri, musulmani, ebrei e tutti hanno sempre convissuto pacificamente. Un esempio di civile convivenza per tutti i popoli del mondo. Ma i principi del petrolio, a cominciare dal Qatar e dall’Arabia Saudita, non vogliono questo perché il loro intento è quello di disgregare gli stati laici nazionali come la Siria per costruire stati su base etnica e confessionale; questo era un vecchio progetto di Kissinger ripreso dalla Clinton. Tale progetto è funzionale anche per giustificare l’esistenza di uno stato etnico come Israele per il quale tale principio costituisce l’alibi per poter confinare e cacciare i palestinesi. Le ingerenze esterne alla Siria si contano in tutte le direzioni. Da una parte i paesi del Golfo e dall’altra gli USA e l’UE che hanno intensificato il commercio delle armi. Hanno parlato di una guerra interreligiosa, c’è chi sostiene che gli arabi si uccidano fra loro perché avrebbero venduto l’anima al diavolo, ma questa sono favole, menzogne raccontate ad arte, perché la verità è che ci sono interessi economici e politici precisi che hanno portato all’attuale situazione”.
Tesi confermata anche dagli altri interventi e in particolare di quello di Mostafà El Ayoubi, caporedattore della rivista “Confronti”. “L’Arabia Saudita è il principale attore del processo di destabilizzazione in Siria, ha spiegato El Ayoubi. “Soprattutto dopo la crisi egiziana questo paese è diventato egemone all’interno della Lega Araba. La sua strategia di penetrazione prevede la diffusione del salafismo e del wahabismo, correnti deviate dell’Islam. I mezzi utilizzati sono la diplomazia, cioè il controllo della Lega Araba e la penetrazione subdola negli affari interni degli altri paesi, il terrorismo non solo nell’area ma in tutto il mondo. Infatti l’Arabia Saudita fu attiva anche nella ex Jugoslavia e ha contribuito a distruggere scientemente tutti gli stati laici nazionali arabi. Molto importante anche la funzione della propaganda mediatica. Al Arabiya ha svolto un ruolo fondamentale sotto il profilo della scientifica deformazione della realtà”. Stesso discorso vale per la Turchia. Entrambi agiscono per conto della NATO.
Marinella Correggia, giornalista e attivista della “Rete Nowar Roma” ha puntato i riflettori sulle sanzioni che dal 2011 colpiscono la Siria. “Nel 2013 – ha spiegato – è stata approvata la deroga parziale all’embargo sul petrolio siriano, il gas e i loro prodotti sotto il controllo dell’opposizione armata. L’embargo sullo stato siriano vieta invece l’esportazione o l’importazione del petrolio. Bloccati circuiti di pagamento e le transazioni finanziarie; gli stessi siriani stabilitisi all’estero prima della guerra non possono spedire denaro ai loro parenti rimasti in patria. Aziende, centrali elettriche, acquedotti, reparti ospedalieri soffrono per l’impossibilità di procurarsi pezzi di ricambio. Le sanzioni hanno un impatto devastante sulla popolazione civile, già stremata da 5 anni di una guerra ormai dichiaratamente eterodiretta , e sono esse stesse una flagrante violazione dei diritti umani”.
Hassane Assi, dell’Associazione “Amici del Libano in Italia” ha ricordato anch’egli come la Siria fosse un paese laico dove convivevano in pace tutte le confessioni e tutte le varie etnie, curdi, arabi, caldei, cristiani, musulmani. “Per poter controllare il mondo – ha detto – le grandi potenze imperialiste tirano fuori dal cilindro sempre nuovi strumenti. Oggi uno dei principali è il sionismo, protetto dagli USA con la complicità dell’UE. Del resto, senza il lasciapassare sionista nessuno può governare in Occidente. Purtroppo i paesi arabi, ad eccezione della Siria, hanno vergognosamente tradito la resistenza libanese e palestinese e dal 1982 è rimasta solo la Siria a sostenerle. Fortunatamente dopo il crollo dell’URSS che ha comportato una fase di grande difficoltà per la Siria, è sceso in campo a fianco delle resistenze l’Iran”.
Ci sono stati altri interessanti interventi, come quello di Sergio Cararo, direttore di “Contropiano”, di Bassam Saleh della Comunità palestinese in italia, di Marco Benevento dell’USB Internazionale, di Maurizio Musolino del “Comitato per non dimenticare…” e di Maurizio Falessi del “Centro Cultura Ricerca ed Informazione internazionale” che hanno sviluppato analisi sui contesti politici e storici locali e internazionali che hanno generato tale situazione e che non riportiamo solo per ragioni di spazio.
In conclusione, una iniziativa importante che ha avuto il merito di puntualizzare con chiarezza le vere ragioni che stanno alle spalle della cosiddetta “crisi siriana”, opportunamente nascoste o camuffate dai media mainstream.