Leggendo molti commenti ed articoli, sia in rete che altrove, riguardanti la nuova apertura degli Usa verso Cuba, l’impressione che ho ricevuto non è sicuramente positiva. Cerco di sintetizzarla: molti analisti non hanno capito che il problema principale non è il ristabilimento delle relazioni fra i due paesi di opposto orientamento politico, sociale ed ideologico – relazioni che con il PCC ( Partito comunista cubano ) al governo difficilmente si normalizzeranno – ma le modalità effettive di avvicinamento fra un paese imperialistico ( Usa ) e uno post-rivoluzionario ( Cuba ). Come e in che termini, dunque, è avvenuto il disgelo, se di disgelo si può parlare?
Chiariamo un punto importante: l’imperialismo sa che quando non si scontra contro un altro esercito regolare ma contro un popolo motivato ideologicamente ed inquadrato in determinate strutture di movimento, deve fare alcune concessioni ed arretrare; una guerra prolungata di tipo asimmetrico logora, del resto, i gradi Stati capitalistici. La storia ci offre esempi eloquenti in tal senso. Ne cito due: De Gaulle in Algeria nel 1962; Rabin nella Palestina occupata nel 1993. Utilizzerò tali circostanze storiche, sia pure con le dovute differenze – Algeria ’62; Palestina occupata ’93 – come parametri per valutare la situazione di Cuba di oggi.
Parto subito da una ulteriore domanda: Obama ha compreso la lezione di De Gaulle e Rabin ? Forse, ma se così fosse si tratterebbe, comunque, di una ‘pax imperialista’ e quindi inizierebbe una forma di penetrazione imperialistica morbida. L’imperialismo fa il suo mestiere e non possiamo certo chiedergli di cambiare natura, sarebbe ingenuo. Dunque, in conclusione, cosa deduciamo? Gli Usa, il grande gendarme imperialista mondiale, cercherebbero di occupare Cuba non con l’esercito ma “invadendo” l’isola con merci a basso costo.
Non sempre però le cose vanno come i dominanti vogliono che vadano e se ragioniamo sugli esempi storici sopra riportati il tutto diventa più chiaro. Procedo in estrema sintesi
Voglio dire subito, a costo di far arrabbiare molti, che Ben Bella nel ’62 dimostrò molta più moralità rivoluzionaria rispetto all’Arafat del ’93, l’Arafat del compromesso con l’occupante israeliano. In circostanze come le due citate – Algeria ’62; Accordi di Oslo del ’93 – emerge la linea di confine, imprescindibile, fra il nazionalismo ( o patriottismo ) di sinistra e l’antimperialismo radicale. L’antimperialista Ben Bella era consapevole di godere dell’appoggio di tutto il suo popolo, quindi sfruttò la tregua per dare inizio all’edificazione di una forma inedita di socialismo basato sulle comunità autogestite. Arafat, al contrario, cercò il dialogo con il ‘sionismo moderato’ lasciando cadere (c’è chi parla di tradimento…) quelle che erano le istanze della Rivoluzione palestinese, cosa che gli costò la rottura con Georges Habash e la sinistra anticapitalista.
Cosa mi preoccupa realmente ? Mi preoccupa l’atteggiamento di Raul Castro, molto più vicino a quello di Arafat che di Ben Bella.
Raul Castro ha trattato con eccessivo rispetto il Presidente Obama ( provocazione: lo stesso della destabilizzazione della Siria baathista ? ), un signore che ha intensificato, quasi nello stesso istante, le sanzioni verso il Venezuela bolivariano, paese che da quasi un anno respinge l’eversione fascista pilotata da Bogota e da Washington. Nello stesso modo Arafat ha tessuto oltre vent’anni fa le lodi di un uomo come Rabin, un militare che nell ’87, durante la prima intifada, dichiarò di voler “spezzare le braccia” dei ragazzi e dei bambini palestinesi colpevoli di difendersi lanciando le pietre . Tutta la sinistra mondiale appoggiò l’Intifada eppure il leader dell’Olp strinse la mano al generale che si impegnò nella repressione di tale nobile esperienza. Questo, da democratici ed anticolonialisti, non possiamo dimenticarlo.
Raul Castro non ha replicato alla richiesta di Obama riguardante l’apertura di una ambasciata Usa a Cuba, eppure dovrebbe sapere che le ambasciate statunitensi non hanno mai ricoperto nessun ruolo diplomatico ma sono solo dei “covi di spie”. Nello stesso modo Arafat elogiò gli Accordi truffa di Oslo che attribuivano allo Stato imperialista israeliano gran parte dei territori rubati dopo l’aggressione del ’67.
Ben Bella, al contrario, non si fece illusioni per l’atteggiamento dialogante di De Gaulle. Si avvicinò, non a caso, all’Egitto del patriota arabo Nasser ma, da vero antimperialista di sinistra, guardò al progetto di Guevara e Ho Chi Minh: la Tricontinentale. Il grande rivoluzionario algerino trasformò il nuovo Stato indipendente in un’ avanguardia anticolonialista aprendo campi di addestramento per guerriglieri, non solo nord-africani, ma anche sudamericani, come confermò poco prima di venir meno alla giornalista Silvia Cattori.
Il leader cubano ha esaltato Francesco I meglio conosciuto come Papa Bergoglio, ma non sa Raul che il Vaticano è una potenza imperialista vera e propria ? La Chiesa non risponde solo al numero dei credenti presenti in un determinato luogo, ma, principalmente, ai suoi interessi economici come tutti gli Stati capitalisti ( un marxista dovrebbe saperlo,o no ? ). La domanda che dobbiamo porci non è “quanti cristiani ci sono a Cuba” ( e nulla avrei nei confronti ad esempio di chi segue la parola del socialista cristiano Ernesto Cardenal ) ma “quali interessi ha l’Opus Dei nel delocalizzare capitali nell’isola ?”. C’è la possibilità – ancora – di una penetrazione imperialista canadese o spagnola, essendo la Chiesa molto influente in quei paesi ? Abbiamo documenti, inchieste ed indagini che provano tutto questo ?
Arafat, nel ’93, non si pose il problema di una penetrazione economica dell’imperialismo israeliano, quindi della costruzione farsa di uno Stato palestinese fantoccio secondo quella che Edward Said chiamò la ‘seconda Nakba’. Ben Bella, invece, ruppe con la Francia dando un forte impulso alla socializzazione dell’economia; l’oppressione neocoloniale, del resto, è strettamente legata al modello economico liberista e penso che su questo punto possiamo concordare più o meno tutti.
Il PCC si è dimostrato disponibile a concedere alla Russia delle postazioni militari nell’isola agganciandosi al polo egemonico alternativo dei BRICS. Cosa ha comportato realmente tutto ciò? In estrema sintesi: mentre le FARC – solo per fare un esempio – incalzavano lo Stato neo-fascista colombiano, Cuba si è dimostrata più interessata a migliorare i rapporti con i governi social-populisti della Roussef in Brasile e dei Kirchner in Argentina.
E’ giusto utilizzare le contraddizioni interne al capitalismo ma la missione rivoluzionaria di Cuba ( ora raccolta dal Venezuela chavista ) non deve essere accantonata. Il sociologo marxista James Petras – sostenitore della guerriglia delle FARC – non a caso ha da poco tempo definito il governo del PT brasiliano come un governo “nemico dei lavoratori”.
Mai opportunismo di tal genere sfiorò Ben Bella: l’amico fraterno di Guevara non solo rifiutò la teoria sovietica della ‘coesistenza pacifica’ ma comprese la necessità di estendere il “foco guerrigliero” nelle “zone di tempesta” dei paesi coloniali e post-coloniali. Tale posizione non poteva che trovare il supporto di Ernesto Guevara il quale sottolineò come nel mondo arabo il conflitto principale fosse fra il sionismo bellicoso da una parte e il nazionalismo progressista più le nascenti Resistenze armate dall’altra.
La domanda finale che pongo è la seguente: Raul Castro seguirà la strada di Ben Bella o quella di Arafat ? La domanda non è per nulla da poco e la posta in gioco è altissima.
I popoli sudamericani ( a partire da quello del Venezuela ) hanno fiducia nella dirigenza del PCC, spetta ai suoi leader il compito di mantenere la barra della indipendenza nazionale, di classe e socialista, cosa che noi per primi auspichiamo.