La
“Dottrina Trump” non cambierà gli assetti geopolitici globali: il presidente
eletto, appoggiandosi a Tulsi Gabbard e Robert Kennedy jr. (entrambi
filo-israeliani), potrebbe anche entrare in rotta di collisione con alcune
fazioni dello “stato profondo”, ma rimarrà sempre uno strumento
dell’imperialismo e del sionismo guerrafondaio.
La
nuova amministrazione Trump accentuerà l’unipolarismo USA in una prospettiva
economica, riallacciandosi all’esperienza populista del presidente Andrew
Jackson a cui Donald Trump si richiama. La vittoria di Trump non porrà fine
alla dottrina della “guerra eterna”, ma rappresenta un “passo
indietro” tattico da parte del Pentagono. Gli scontri continueranno, ma
alla subordinazione militare seguirà una breve pausa di sudditanza economica
nel tentativo di ricostruire il “nazional-capitalismo” USA. La dicotomia
fra “dem” ed i seguaci di Andrew Jackson sta nella natura di classe dei
finanziatori; tanto Trump quanto Kamala Harris sono neoliberali e neocons
(non tutti i seguaci di Jackson sono neoconservatori), ciononostante i promoter
di Trump appartengono alla mega-borghesia “interna” (Elon Musk è un discorso a
parte), mentre la Regina del caos, Kamala Harris, ha raccolto sponsor “esterni”,
la fazione liberal-globalista guidata da George ed Alexander Soros.
Entrambe le scelte sono peggiori.
Donald
Trump, l’11 settembre del 2001, fu una delle prime personalità a mettere in
dubbio la versione ufficiale sui fatti dell’11/09; oggigiorno, Trump, preso in
custodia dalla lobby della destra israeliana, ha compattato il movimento MAGA
nel sostegno al governo israeliano-fascista di Netanyahu. Il razzismo
islamofobico degli elementi “anti-establishment”, Tulsi Gabbard e Robert
Kennedy jr. (RFK), svela il legame intercorrente fra Q_Anon ed i “cristiano-sionisti”
radicati nel cuore dell’amministrazione Trump. I massacri proseguiranno ed
Israele, calpestando le vittime della Shoah, porterà il Sud Globale
a considerarla una “entità illegittima”. Nessuno Stato ha diritto
d’esistere in quanto “Stato razzista”.
Andrew
Jackson, a cui s’ispira Trump, era – come tutti i “Padri fondatori” –
proprietario di schiavi. Jackson era uno schiavista e massacratore d’indiani,
ciononostante l’élite progressista consumò massacri ben peggiori. Consegnando
missili a lunga gittata ai “nazionalisti integralisti” ucraini, i “dem”
minacciano il rilancio della “guerra eterna” contro una porzione del
pianeta, l’Eurasia. L’élite liberal-progressista che accusa Trump di
islamofobia, ha proiettato nel ventunesimo secolo il razzismo fascistoide dell’Operazione
Barbarossa.
Il
presidente Putin risponderà alla follia guerrafondaia della famiglia Biden e
del loro fantoccio, il cocainomane Zelensky? Leggiamo l’analista strategico
Andrew Korybko:
“Se
mantiene la rotta e non intensifica l’escalation dopo che l’Ucraina ha usato
missili occidentali a lungo raggio contro obiettivi all’interno dei confini
della Russia pre-2014, allora questo potrebbe essere visto come un altro “gesto
di buona volontà”, che avrebbe lo scopo di rendere più facile per Trump mediare
un accordo di pace. Il compromesso, però, è che potrebbe essere convinto da
alcuni dei falchi intorno a lui a interpretare questo come una debolezza,
incoraggiandolo così a “intensificare per de-escalation” e portando a seri
costi di opportunità per la Russia.” 1
Il
presidente Trump ha due priorità: (1) spostare il conflitto contro
l’Eurasia sul piano economico, considerando la “guerra commerciale”
soltanto un segmento dell’imperialismo economico e cleptocratico del
ventunesimo secolo; (2) durante la sua campagna elettorale ha accettato
ingenti donazioni dall’AIPAC, la lobby sionista che configura una sorta di “Stato
nello Stato”. Dobbiamo ritenere certa l’adesione al progetto razzialista
di Vladimir Jabotinsky sulla edificazione della “Grande Israele”, la
dittatura post-moderna più pericolosa del pianeta. Fra Trump e Putin non
ci sarà mai una visione del mondo condivisa.
Andrew
Jackson approvò la Dottrina Monroe, per permettere agli USA di colonizzare, con
l’astensione delle potenze europee, l’America Latina. Trump, guadagnandosi
l’appellativo di fascista, ha minacciato i governi antimperialisti di Cuba,
Nicaragua e Venezuela, coadiuvato dal transumanista Elon Musk. Trump e
Musk, pirati imperialisti come già scrive (giustamente) il World Socialist
Web Site (WSWS).
Il
presidente Putin manterrà la rotta dello sradicamento d’una “banda di
drogati e neonazisti”, mentre nelle “zone tempestose” lascerà al
complesso militare post-sovietico il compito d’appoggiare gli alleati
regionali (es. Iran e Corea del Nord). Le Resistenze antimperialiste, per
quanto indirettamente, troveranno in Mosca e Pechino un argine geopolitico
all’imperialismo USA, anche durante la fase trumpiana caratterizzata dal soft
power. I concetti d’interventismo ed isolazionismo, come ha recentemente
scritto Thierry Meyssan 2, sono obsoleti, ciononostante l’Occidente
collettivo persegue nella costruzione di una nuova Architettura di potere,
la realtà biopolitica dell’imperialismo del ventunesimo secolo.
Trump
potrà anche entrare in rotta di collisione con lo “stato profondo”, ma esta
una pedina dell’imperialismo USA, citando Guevara “il genocida più
rispettato del pianeta”.
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